| (Testo CEI2008) 10 AUTODIFESA DI PAOLO
L'accusa di debolezza
1 Ora io stesso, Paolo, vi esorto per la dolcezza e la mansuetudine di Cristo, io che, di presenza, sarei con voi debole ma che, da lontano, sono audace verso di voi:
2vi supplico di non costringermi, quando sarò tra voi, ad agire con quell'energia che ritengo di dover adoperare contro alcuni, i quali pensano che noi ci comportiamo secondo criteri umani.
3In realtà, noi viviamo nella carne, ma non combattiamo secondo criteri umani. Infatti le armi della nostra battaglia non sono carnali,
4ma hanno da Dio la potenza di abbattere le fortezze,
5distruggendo i ragionamenti e ogni arroganza che si leva contro la conoscenza di Dio, e sottomettendo ogni intelligenza all'obbedienza di Cristo.
6Perciò siamo pronti a punire qualsiasi disobbedienza, non appena la vostra obbedienza sarà perfetta.
7Guardate bene le cose in faccia: se qualcuno ha in se stesso la persuasione di appartenere a Cristo, si ricordi che, se lui è di Cristo, lo siamo anche noi.
8In realtà, anche se mi vantassi di più a causa della nostra autorità, che il Signore ci ha dato per vostra edificazione e non per vostra rovina, non avrò da vergognarmene.
9Non sembri che io voglia spaventarvi con le lettere!
10Perché «le lettere - si dice - sono dure e forti, ma la sua presenza fisica è debole e la parola dimessa».
11Questo tale rifletta però che quali noi siamo a parole, per lettera, assenti, tali saremo anche con i fatti, di presenza.
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