| (Testo CEI2008) 17 Le tenebre come castigo degli Egiziani
I tuoi giudizi sono grandi e difficili da spiegare; per questo le anime senza istruzione si sono ingannate.
Infatti gli ingiusti, avendo preteso di dominare il popolo santo, prigionieri delle tenebre e incatenati a una lunga notte, chiusi sotto i loro tetti, giacevano esclusi dalla provvidenza eterna.
Credendo di restare nascosti con i loro peccati segreti, sotto il velo oscuro dell'oblio, furono dispersi, terribilmente spaventati e sconvolti da visioni.
Neppure il nascondiglio in cui si trovavano li preservò dal timore, ma suoni spaventosi rimbombavano intorno a loro e apparivano lugubri spettri dai volti tristi.
Nessun fuoco, per quanto intenso, riusciva a far luce, neppure le luci più splendenti degli astri riuscivano a rischiarare dall'alto quella notte cupa.
Appariva loro solo una massa di fuoco, improvvisa, tremenda; atterriti da quella fugace visione, credevano ancora peggiori le cose che vedevano.
Fallivano i ritrovati della magia, e il vanto della loro saggezza era svergognato.
Infatti quelli che promettevano di cacciare timori e inquietudini dall'anima malata, languivano essi stessi in un ridicolo timore.
Anche se nulla di spaventoso li atterriva, messi in agitazione al passare delle bestie e ai sibili dei rettili, morivano di tremore, rifiutando persino di guardare l'aria che in nessun modo si può evitare.
La malvagità condannata dalla propria testimonianza è qualcosa di vile e, oppressa dalla coscienza, aumenta sempre le difficoltà.
La paura infatti altro non è che l'abbandono degli aiuti della ragione;
quanto meno ci si affida nell'intimo a tali aiuti, tanto più grave è l'ignoranza della causa che provoca il tormento.
Ma essi, durante tale notte davvero impotente, uscita dagli antri del regno dei morti anch'esso impotente, mentre dormivano il medesimo sonno,
ora erano tormentati da fantasmi mostruosi, ora erano paralizzati, traditi dal coraggio, perché una paura improvvisa e inaspettata si era riversata su di loro.
Così chiunque, come caduto là dove si trovava, era custodito chiuso in un carcere senza sbarre:
agricoltore o pastore o lavoratore che fatica nel deserto, sorpreso, subiva l'ineluttabile destino, perché tutti erano legati dalla stessa catena di tenebre.
Il vento che sibila o canto melodioso di uccelli tra folti rami o suono cadenzato dell'acqua che scorre con forza o cupo fragore di rocce che precipitano
o corsa invisibile di animali imbizzarriti o urla di crudelissime belve ruggenti o eco rimbalzante dalle cavità dei monti, tutto li paralizzava riempiendoli di terrore.
Il mondo intero splendeva di luce smagliante e attendeva alle sue opere senza impedimento.
Soltanto su di loro si stendeva una notte profonda, immagine della tenebra che li avrebbe avvolti; ma essi erano a se stessi più gravosi delle tenebre.
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