Omelia (27-05-2007) |
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Lo Spirito Santo: il grande comunicatore L'IMPORTANTE È... COMUNICARE Forse vi ricordate che parecchi anni fa, quando apparvero in Italia i primi telefonini, la reazione iniziale della gente a questo nuovo strumento tecnologico fu generalmente negativa. Nel nostro Paese si fecero ironie sui "borghesi" che esibivano per strada questo costoso marchingegno (all'inizio, infatti, era davvero costoso!), nacquero barzellette sull'esagerazione di coloro che sono "telefono-dipendenti", si parlò di fine della privacy, di inutile e ridicola esagerazione, ecc. Se sfogliate i giornali e periodici dell'epoca, potete farvi una idea del clima di allora. A parere degli esperti di marketing, l'Italia perse un'occasione unica per realizzare un investimento economico straordinario. All'estero, dove si analizzò il fenomeno senza preconcetti classisti, si capì subito che il telefonino non era roba né da ricchi, né da borghesi: era semplicemente il futuro. La Nokia, come le grandi industrie del Sud Est asiatico, investirono grandi risorse nella ricerca e produzione, certe che dopo la reazione iniziale, ci sarebbe stato un sicuro boom mondiale. Avevano ragione loro. In quale famiglia non c'è oggi un cellulare? C'è forse qualcuno che considera "borghese" il telefonino, oggi? Parrebbe di no, se si considera che in molte nazioni del mondo (anche povere) ci sono più telefonini che abitanti. La gente, quindi, ha bisogno di comunicare: chi investe nella comunicazione di solito vince e guadagna. In vent'anni la comunicazione è diventata il vero centro della nostra civiltà. Sono sorte facoltà di Scienze della Comunicazione, Ingegneria delle Telecomunicazioni, si discute soprattutto di questo e si lavora molto per realizzare guadagni nel settore delle comunicazioni. Chi controlla la comunicazione ha in mano il futuro, si dice. Ed è vero. Recentemente c'è stato qualche pensatore che ha abbozzato perfino un cambiamento globale di prospettiva, in questa fase della nostra civiltà: per pensare la persona umana stessa, si potrebbe passare dal cartesiano "Penso, dunque sono" al più moderno "Sono accessibile (dal punto di vista delle telecomunicazioni), dunque sono". In pratica, la comunicazione è diventata il criterio ermeneutico per definire la persona umana. Almeno secondo alcuni. LA CRISI DELLA COMUNICAZIONE VERA Roba da matti, direbbe mia nonna, che a stento usava il telefono normale. Specialmente se si considera che, mai come ora, la nostra società è afflitta da un problema di mancanza radicale di comunicazione. Se leggete le statistiche relative al numero di matrimoni falliti, o analizzate gli studi sul rapporto genitori-figli, o la vita stessa delle comunità religiose (frati e suore) e della Chiesa, o gli studi sull'immigrazione e sulla società multiculturale e globalizzata, vi accorgerete presto che il cuore del problema del nostro tempo è proprio questo: abbiamo tanti mezzi tecnologici per comunicare, ma abbiamo perso la capacità umana di entrare in relazione profonda con l'altro. Che ci dice la Parola di Dio, su questo tema? Nella Bibbia, la mancanza di comunicazione è il primo effetto del peccato dell'uomo. All'inizio della Genesi, Adamo e Yahwè passeggiano assieme, sereni, nel giardino dell'Eden: sono veri amici, partners in dialogo. Dopo il peccato originale, Adamo si nasconde: ha paura e non riesce più a comunicare con il suo amico Dio. Qualcosa si è rotto in modo serio. A Babele, dopo il peccato di orgoglio commesso, gli uomini non riescono più a capirsi l'un l'altro: finisce la comunicazione, diventa difficile la comprensione reciproca. Nascono i conflitti e la dispersione. Questa situazione sarà senza rimedio, da questo momento in poi. Nella Bibbia, sempre, il peccato comporta come conseguenza il fraintendimento, la chiusura, la non-comunicazione. PENTECOSTE: TRE NUOVE FORME DI COMUNICAZIONE La solennità di Pentecoste, analizzata attraverso questa lente, che è il bisogno autentico di comunicare dell'uomo, ci dice qualcosa di veramente importante per la nostra vita. Nella prima lettura abbiamo udito di come lo Spirito Santo diede agli Apostoli la possibilità di comunicare con tutti gli uomini, in modo da essere capiti chiaramente da tutti. Nella seconda lettura abbiamo imparato come lo Spirito Santo ci dona la grazia di comunicare con Dio in modo nuovo e autentico, chiamandolo addirittura "Abbà, Padre!". Nel Vangelo abbiamo sentito la promessa di Gesù: Lo Spirito Santo realizzerà un nuovo, meraviglioso canale di comunicazione dentro di noi, con la nostra memoria, la coscienza: "Egli vi aiuterà a ricordare tutto ciò che io vi ho detto". Questi sono in tre nuovi canali di comunicazione che lo Spirito ha inaugurato per noi a Pentecoste: una nuova comunicazione con gli uomini, una nuova comunicazione con Dio, una nuova comunicazione... con noi stessi (con la nostra coscienza, la nostra memoria, le nostre facoltà). In poche parole, quella capacità che nessun telefonino, nessuna connessione ADSL, nessuno strumento High Tech potrebbe darci, cioè la possibilità di comunicare davvero in modo personale e profondo, ci viene donata dallo Spirito Santo a Pentecoste. 1) Nuova comunicazione con gli uomini Lo Spirito Santo abilita la Chiesa a parlare agli uomini in modo nuovo e comprensibile. È detto chiaramente, negli Atti degli Apostoli, che era lo Spirito a trasmettere loro questo "potere di esprimersi". È il potere più importante, il potere da cui dipende l'evangelizzazione e l'annuncio della salvezza. È il potere di superare gli ostacoli, scampare ai fraintendimenti, entrare in relazione affettiva e cordiale, simpatetica e fraterna. È il potere di fare breccia nei cuori. Le conseguenze di questo potere sono essenzialmente due. Primo: la capacità comunicativa degli apostoli è talmente prodigiosa e soprannaturale che la folla "rimase sbigottita", erano "stupefatti", letteralmente "fuori di sé per lo stupore". La gente, in pratica, riconosce subito che questo genere di comunicazione non è semplicemente umano: c'è di mezzo Dio. La qualità della comunicazione diventa, di per se stessa, testimonianza della presenza di Dio nella storia. Secondo: la gente si stupisce della inidoneità degli strumenti (gli Apostoli). Di Gesù dicevano: "Non è costui il figlio del carpentiere?". Di Pietro e Giovanni pensavano "che erano senza istruzione e popolani" (At 4, 13), degli Apostoli affermano che "sono tutti Galilei" e non possono avere questa capacità in modo puramente umano. Ma nonostante la mediocrità degli strumenti, li sentono annunziare nelle loro lingue "le grandi opere di Dio". Oggi si discute molto sulle nuove vie in cui la Chiesa deve comunicare con il mondo, sugli strumenti da usare, l'atteggiamento da assumere, il linguaggio da utilizzare, i contenuti da veicolare. C'è chi prospetta la necessità di una Chiesa più umana, e probabilmente è anche vero. Ma la Parola di Dio ci indica con chiarezza la radice vera del problema, la via unica e fondamentale per parlare al mondo: solamente una Chiesa veramente Spirituale (abitata dallo Spirito e penetrata dalla sua azione potente) saprà comunicare con tutti gli uomini e le culture. Colse nel segno il cardinale Ratzinger quando disse: "Non è di una Chiesa più umana che abbiamo bisogno, bensì di una Chiesa più divina; solo allora essa sarà anche veramente umana". Sul piano personale, invece, possiamo ricordare il mistero della Visitazione: riflettendo sul dialogo intenso tra Maria ed Elisabetta, sulla sintonia di vedute, sull'unanimità nel sentire, sulla perfezione della comunicazione tra le due sante donne, vediamo con chiarezza che la chiave per relazioni umane personali e riconciliate sta tutta in quel "Elisabetta fu piena di Spirito Santo" e "Lo Spirito Santo scenderà su di te". Lo Spirito santo è comunicazione in Dio (tra il Padre e il Figlio), e comunione tra gli uomini. Pentecoste è una nuova strada, aperta verso tutti gli uomini. 2) Nuova comunicazione con Dio Nel rapporto con Dio, ci sono volte in cui non sappiamo cosa sia bene chiedere e come pregare. Ebbene, la Parola di Dio ci dice che lo Spirito intercede per noi e ci insegna cosa dire. Lo Spirito, abbiamo udito nella seconda lettura, ci conduce ad un nuovo rapporto con Dio: "Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio". Per mezzo dello Spirito, che abbiamo ricevuto nel Battesimo, possiamo gridare "Abbà, Padre". Questa, potremmo dire, è la comunicazione migliore che si possa pensare: possiamo parlare con Dio, allo stesso modo in cui un figlio parla col papà. "Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio". Se analizziamo le differenti forme di culto presenti nel mondo dall'antichità ad oggi, vediamo un dinamismo mirabile. All'inizio, nella tradizione dei popoli antichi, il rapporto col divino era segnato da una dimensione magica, dominato dall'idea di dover offrire sacrifici, per placare la divinità e mettersi al riparo dal suo sdegno. Ha fatto scalpore, recentemente, il film "Apocalypto", per la sua crudezza nell'illustrare questo tipo di religione: ma è ciò che realmente accadeva. La comunicazione è segnata dalla paura. La paura lascia poi il posto all'utilitarismo: la preghiera viene utilizzata come strumento per ottenere grazie, per ottenere il favore e la fortuna. Pensiamo agli antichi Romani: il rapporto col divino è segnato dal criterio rigido del do ut des. Santa Caterina da Siena direbbe che nel primo caso ci troviamo di fronte ad una comunicazione da servi, nel secondo da clienti. Solo lo Spirito può farci fare il salto di qualità e introdurci nella comunicazione da figli. Dove c'è lo Spirito, non c'è più posto per la paura, né per l'opportunismo. La preghiera diventa soprattutto amore, fiducia, abbandono. Perfino le situazioni difficili e problematiche acquisiscono un nuovo valore: diventano partecipazione alle sofferenze di Cristo. Lo Spirito diventa il Consolatore e la speranza, "se veramente partecipiamo alle sofferenze di Cristo per partecipare anche alla sua gloria". Lo Spirito Santo diventa la nostra preghiera. Pentecoste è una strada aperta, verso Dio, divenuto Padre. 3) Nuova "comunicazione" con se stessi Il giorno di Pentecoste inizia una fase nuova della storia: "Io pregherò il Padre, ed egli vi darà un consolatore perché rimanga con voi per sempre". Lo Spirito Santo prende stabile dimora in noi stessi. Nell'Antico Testamento lo Spirito di Dio scendeva sulle persone e le abilitava, per un certo periodo di tempo, a compiere la loro missione. Pensiamo ai Giudici: ricevevano doni e forza particolari, a seconda della necessità di Israele. Si trattava di una investitura temporanea, che cessava, quando la loro missione era terminata. Lo Spirito entrava nelle persone, ma poteva anche ritirarsi da loro, per vari motivi. Pensiamo al re Saul: a causa della sua disobbedienza "Lo Spirito del Signore si era ritirato da lui" (cfr 1Sam 16,14). Ma da Pentecoste in poi succede una cosa nuova: Egli rimane con noi per sempre: non si ritirerà più da noi. Quando pecchiamo, lo rattristiamo (Ef 4,30), ma Lui non se ne va. Questa presenza "per sempre" comporta delle conseguenze personali per i cristiani: "Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo. Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri, dicendo: Riconoscete il Signore, perché tutti mi conosceranno" (Ger 31,33-34). Si inaugura, per coloro che vivono secondo lo Spirito e si sforzano di osservare la sua legge, una nuova comunicazione, tutta interiore e personale. Le cose vengono riconosciute buone o cattive non perché qualcuno ci istruisce, ma perché il nostro cuore ce le comunica in una certa maniera. La coscienza ci guida, attraverso il rimorso o la pace. "Lo Spirito vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto" promette oggi Gesù nel Vangelo. Si tratta di un tipo di comunicazione "dall'interno", di un processo maieutico che parte da dentro e va verso l'esterno. È una comunicazione che parte dalla coscienza, dalla memoria, dal cuore, dalla volontà e si trasforma in azione, decisione, sequela. Anche di questa comunicazione abbiamo bisogno, non soltanto di quella con gli uomini o di quella con Dio. Abbiamo bisogno di quella sintonia profonda, di quella unificazione interiore, di quella coerenza tra coscienza e azione, che solo lo Spirito può donarci. Dopo Pentecoste, la predicazione degli Apostoli suscita sempre questa comunicazione interiore nelle persone: "All'udire il discorso di Pietro, si sentirono trafiggere il cuore" (At 2,37). La coscienza comincia a parlare, il rimorso emerge, il desiderio di cambiare si comunica rapidamente a tutti, e la folla chiede subito: "Che cosa dobbiamo fare, fratelli?". Lo Spirito Santo diventa il nostro Maestro Interiore. Pentecoste è una strada aperta, verso il nostro cuore. I PRODIGI DELLA PENTECOSTE, OGGI Per concludere, vogliamo tornare all'inizio della Messa. È abbastanza coraggiosa la preghiera iniziale (orazione colletta) della celebrazione odierna. "Padre [...] diffondi sino ai confini della terra i doni dello Spirito Santo, e continua oggi, nella comunità dei credenti, i prodigi che hai operato agli inizi della predicazione del Vangelo". Si chiede a Dio che effonda il Suo Spirito su tutti gli uomini e che realizzi una nuova Pentecoste, segnata dagli stessi prodigi dell'era apostolica: la predicazione agli uomini era efficace e accompagnata da miracoli, la preghiera era carismatica e potente, le conversioni dei cuori erano numerose (fino a tremila persone per volta: At 2,41) e straordinarie. La Chiesa ci invita, oggi, a chiedere questo a Dio. Sembra una richiesta eccessiva o fuori misura. Ma è di questo che abbiamo davvero bisogno. Solo lo Spirito può guidare la Chiesa, oggi, verso le sue origini, garantendole così un futuro pieno di frutti. Preghiamo perché lo Spirito Santo ci trovi docili alle sue ispirazioni e disponibili ad accogliere la sua azione benefica in noi stessi, con i nostri fratelli e nel nostro rapporto con Dio. Commento a cura di padre Alvise Bellinato |