Omelia (09-09-2001) |
padre Tino Treccani |
Requisiti per essere cristiani. Continuando il cammino per Gerusalemme, Gesù suscita la decisione delle persone: o con lui, diventando suoi discepoli, o contro di lui, preparandogli la morte. Il testo di oggi vuole risaltare che per seguire Gesù è necessario uscire dall'anonimato e impegnarsi in prima persona. Forse le persone delle comunità della seconda generazione cristiana si erano affievolite, pensando che era sufficiente appartenere al gruppo dei cristiani per identificarsi col progetto di Gesù, senza la necessità di una pratica corrispondente. 1. Per seguire Gesù cosa è fondamentale? (vv. 25-27) Grandi folle seguono Gesù (v. 25). Con quale disposizione? Non sappiamo; Luca dice che possono seguire Gesù solo coloro che assumono il suo progetto. Il momento è solenne: Gesù "si gira" verso la moltitudine. In Luca questo verbo è associato a dichiarazioni decisive di Gesù (Cfr. 7,9.44; 22,61; 23,28; 9,55; 10,22-23). Quali sono dunque le condizioni per seguire Gesù? In primo luogo, il "distacco affettivo", completo e immediato: padre, madre, moglie, figli, fratelli e sorelle passano in secondo piano. Solo Gesù è prioritario (v. 26). Non solo, ma addirittura la propria vita passa in secondo piano. Ciò presuppone il rischio (cfr. Ap. 12,11 "Di fronte alla morte, disprezzarono la loro vita"). Il v. 27 chiede al discepolo la "disponibilità alla croce", ossia, facendo proprie le disposizioni del Maestro, che lo precede nel cammino. Gesù non temette essere considerato un fuori legge dalla società stabilita del suo tempo. E i suoi seguaci: che cosa temono di più? Finalmente la sequela di Cristo presuppone la "rinuncia a tutto" (v. 33). Da notare che il testo parla di rinuncia di "tutti" i beni materiali, come condizione unica per essere discepolo. Luca ritorna alle relazioni di fraternità e condivisione che vigevano nei villaggi (cfr. 5,1-3: le donne che seguono Gesù e mettono i loro beni a disposizione di lui e dei suoi discepoli). 2. Affrontare i rischi (vv. 28-33) Con due brevi parabole, Luca illustra l'importanza del momento. Seguire il Maestro è frutto di decisione ponderata, maturata e coerente fino alla fine.. Il testo riflette la crisi di fede di tanti che aderirono a Gesù, ma si scoraggiarono nel cammino (Gesù è in cammino...). La prima parabola attinge ai progetti di ingegneria: la costruzione di una torre; la seconda si ispira nelle strategie militari. Chi vuole seguire Gesù deve essere realista come l'architetto e prudente come il re: da un lato, per evitare le illusioni facili, pensando che la sola buona volontà sia sufficiente per essere cristiani; dall'altro, essere sufficientemente savio e creativo, al punto di scommettere tutto e affrontare i rischi che tale impegno comporta. Di fronte a tali esigenze, questo testo, anziché incoraggiare i deboli e gli incostanti, sembra sconsigliare. Così pure i numerosi "no" che si incontrano nel testo. Non è qui che Luca risponde a tali obiezioni. Piuttosto insiste nell'affermare che essere cristiano comporta decisioni e rischi che determinano tutta la vita di chi fa questa scelta. Per riflettere Come vivere e tradurre la fede e il progetto di Dio nelle comunità in cui viviamo? Quali le esigenze per essere cristiani oggi? Si può celebrare la Cena del Signore mantenendo o mascherando la disuguaglianza e le discriminazioni tra le persone? Gesù ci dice di rinunciare agli affetti più intimi, ai beni, a tutto, alla vita? Certamente essere cristiano non è fare le scamorze, o giuggerellarsi con pie giaculatorie. Mettersi in cammino, può anche dare delle grosse cadute, se non altro una stanchezza cronica, quella di vedere, di assistere impotenti (o nolenti) al disamore mascherato dei beni che ci incolliamo pure sugli epitaffi. Un distacco radicale, tremendo, ma necessario per imparare a non possedere nessuno, a non fare nessuna persona nostro oggetto, per qualsiasi motivo o religione. Un calcolo schietto e onesto con noi stessi, prima di apparire esperti o santi davanti agli altri. Mi chiedo fino a che punto tanti nostri apparati (anche ecclesiastici) stimolino le persone in cerca di più Vita, o se, purtroppo, a caccia di allodole. Il rischio di essere cristiano, difficilmente entra nei nostri calcoli. Preferiamo l'etichetta, anche sgualcita, se non raggiungiamo il certificato "doc". Quel ritornello "chi non.... non può essere mio discepolo" è martellante. É un incubo notturno, o la nostra coscienza che stride con la coerenza (o incoerenza) delle nostre azioni. Non apparteniamo alla prima, né alla seconda generazione cristiana; ma lo scotto delle illusioni accompagna i nostri anni. Ne vale proprio la pena seguire Gesù? Ad ognuno la propria sincerità. Il rischio di rinunciare a tutto può immergerci nella più profonda delle illusioni: io e Dio, il resto non mi interessa! Penso che oggi dobbiamo seriamente interrogarci non tanto sulla rinuncia a questo o quell'altro, ma sull'uso che facciamo dei beni, compreso l'uso di questa terra, di questo mondo e delle persone che ci vivono. Il calcolo non va per il profitto o il proprio tornaconto; ma per la "fesseria" di credere che la croce, nonostante tutto è ancora il cammino più normale e naturale per incontrarci col Maestro. Basta non mettere le nostre in groppa agli altri e magari, dare una mano a chi non ce la fa a caricare la sua. E oggi, 9 settembre, ricorre il 23º anniversario della mia ordinazione sacedotale. Non mi pento e chiedo al Signore la forza di continuare a camminare in mezzo a queste folle umili, dai volti rivelatori e denuncianti. La mia Gerusalemme è qui, su queste strade, camminando con questi figli e figlie di Dio. |