Omelia (14-12-2025)
padre Gian Franco Scarpitta
Le sollecitazioni del Gaudete

Il tempo di Avvento si fa sempre più spedito e oggi abbiamo raggiunto la Domenica definita del Gaudete, contrassegnata dal colore rosa. Man mano che una meta si fa sempre più vicina o un traguardo ci si dischiude sempre più, alligna nell'animo la contentezza e la gioia e si affretta il passo verso l'obiettivo. Come quando una nave giunge al largo della costa dopo settimane di navigazione nell'oceano: la vista della riva e i moli del porto che vanno sempre più ingrandendosi accelerano i motori e suscitano premura commista a gioia nella prospettiva dell'arrivo.
Il Gaudete accelera il nostro passo verso il Signore che viene e ci infonde gioia e sollievo interiore: il Signore è vicino, andiamogli incontro.
La gioia è descritta ancora una volta da Isaia con immagini metaforiche allusive quali la fioritura del deserto e della steppa, la vista ai ciechi, l'udito ai sordi e altri eventi che in natura sono di per se impossibili, ma non per il Signore che è sempre più vicino a noi come il nostro Salvatore e liberatore. A Dio nulla è impossibile, neppure che nel deserto si spiani una strada e che questa sia una "via dritta" percorribile; neppure che si realizzino fiumi nella steppa (Is 43, 19). In luoghi aridi e difficili, Dio interviene per rinnovare, infondere fiducia e speranza, per dare vita e sostegno. Isaia si riferisce nell'immediato alla liberazione del popolo d'Israele, ma il suo messaggio è anche messianico e sottende anche alla liberazione che Dio apporta alle intemperie del nostro animo: bonificherà il nostro spirito rendendolo terreno fertile per la coltura che egli stesso verrà ad operare in noi, per la novità di vita che verrà ad apportare.
Tutto questo non può che accrescere in noi la gioia, l'esultanza, alla quale anche Paolo invita con termini perentori e persuasivi: "Rallegratevi del Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi. La vostra affabilità si nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti..."(Ef 4, 4 - 6). L'apostolo ci invita quindi alla gioia dell'appartenenza al Cristo, peraltro anche vittorioso sulla morte di croce e questa gioia deve trasparire nella condotta spirituale di fiducia e di apertura al Signore nella prova e nell'afflizione, affinché non vi siano in noi apprensioni immotivate, ma perché si accresca in noi la serenità e la bellezza che la vita cristiana realmente comporta, specialmente con l'arrivo della nascita nella carne del Signore Gesù. Come Davide danzava allegro ed esultante davanti all'Arca dell'Alleanza (2Sam 6), così il contrassegno della vita cristiana, rinnovata dall'alleanza apportata per noi da Gesù, dovrebbe essere il vero contrassegno della nostra vita. La gioia non può che essere accresciuta dalla preghiera (come lo stesso apostolo indica) e dalla riconoscenza verso Colui che ci farà il dono più grande della sua incarnazione nella storia. Essa si estende anche nella carità, che è il vincolo della perfezione (Col 3, 14), rafforza tutte le altre virtù, rende attiva la nostra fede e accresce la gioia predetta perché infonde gioia e soddisfazione in ciascuna delle opere di bene che si compiono. Come anche an he Pietro dice la carità è garanzia che la nostra vita sia davvero esemplare ed irreprensibile (1Pt 2, 11 - 12). La gioia del dare è molto più certa e consistente che non quella del ricevere e anche per questo è caratterizzante l'Avvento del Signore affinché questi non soltanto venga in noi ma alberghi anche nei nostri cuori.
Anche la risposta di Gesù a Giovanni, mediata dai discepoli nel passo di vangelo odierno, ci rassicura della gioia apportata dal Cristo a partire dai fenomeni di bene che essa comporta: i ciechi vedono, i sordi odono, gli zoppi camminano... ai poveri è annunciata la buona novella. E' l'avvento del Regno di Dio con i suoi elementi di fede, di speranza e di carità, che riguardano la novità a cui l'uomo è chiamato ad aderire con gioia e senza riserve o reticenze.
Si diceva che l'Avvento in questo senso assume connotati di speditezza e di premura perché l'Incontro si realizzi con il Veniente Gesù, tuttavia l'attesa non dev'essere spasmodica o troppo frenetica al punto da far giungere il Natale assai rapidamente e farcelo poi dimenticare. Il lavorio non sia talmente febbrile da perdere ogni consistenza di qualità. Il sollecito che ci proviene dalla gioia deve caratterizzare esso stesso che ogni giorno che ci separa dal Bambino sia illuminante, profondo e caratterizzante l'esaltazione dello spirito; la sollecitazione è quindi a che la preghiera e la carità siano realizzate con rinnovata gioia ed esultanza, che l'orazione sia sempre più motivata dallo zelo di entusiasmo e che la speranza sia sempre la costante della vita di ogni giorno e che venga sempre più avvalorata e coltivata. Affrettiamoci quindi procedendo sempre con calma.