Omelia (14-12-2025)
don Giacomo Falco Brini
La nona beatitudine

Giovanni era in carcere, da solo. Gettato in quel lugubre posto da Erode, perché gli rimproverava un adulterio inaccettabile. Da solo, forse sentendo imminente il momento della sua morte, Giovanni ha bisogno di esprimere un dubbio dopo aver nuovamente sentito parlare delle opere del Cristo. La sensazione di aver sbagliato tutto o di aver indicato la persona sbagliata. È terribile, quando si è vicini alla morte, pensare che forse hai sbagliato il fine della tua missione, forse tutto quello che hai detto o fatto non era proprio tutto vero o corrispondente alla realtà. Anche S. Francesco sul finire della sua vita fu colpito da un atroce dubbio di questo tipo. Allora Giovanni decide di mandare alcuni dei suoi da Gesù per esternare il suo dubbio con una domanda diretta. Chi ha dubbi/domande nel proprio cammino sicuramente farà crescere e consolidare la sua fede. Chi non ne ha, deve interrogarsi seriamente sulla fede che sta professando. I discepoli giungono dal Signore Gesù e gli recapitano la domanda. Il senso è questo: Gesù, ma sei proprio tu quello (il Messia) per cui ho speso tutta la mia vita? Oppure la mia e l'attesa di tutti gli altri deve allungarsi, perché il Messia è un altro che deve ancora arrivare? Ci sono domande e dubbi gravidi di dolore. Solo chi li ha attraversati può capire. Come Giuseppe, che ha vissuto un dilemma dalla sofferenza simile, se non più grande. Lo sentiremo nell'ultima domenica di Avvento.

Gesù non risponde direttamente alla domanda di Giovanni. Nessuna espressione dottrinale, né un "sono proprio io il Messia che tu hai annunciato". Gesù rimanda ancora alle opere che i discepoli stessi possono udire e vedere. Sono le opere messianiche profetizzate da Isaia che si realizzano con Lui. Giovanni può capire e continuare a credere: ha fatto bene il suo lavoro, non deve temere. I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. Si tratta di notizie che riempiono di speranza e di gioia, come è nella natura della stessa parola "vangelo". Si tratta dell'inaugurazione di un mondo nuovo, in cui i poveri, gli emarginati e gli oppressi dalle varie forme di male, hanno un posto speciale. Questo mondo nuovo è il regno di Dio annunziato dai profeti e dall'ultimo dei profeti che è proprio il Battista. Allora Giovanni può restare sicuro: la sua vita, il suo ministero e il battesimo amministrato non sono stati un abbaglio, le parole della sua predicazione non si sono diffuse invano. E infatti Gesù accredita subito dopo Giovanni tessendogli un elogio che non ha eguali: in verità io vi dico, fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista.

E tuttavia c'è una affermazione centrale di Gesù nel testo di oggi che illumina ancor di più il mistero del disorientamento di Giovanni in carcere. Le beatitudini del racconto evangelico sono otto, ma questa è "la nona beatitudine", riassuntiva di tutte. Perché se da una parte la risposta che gli manda può assicurarlo circa la sua vocazione/missione, cioè il compimento di una profezia messianica, da un'altra chiede a Giovanni di uscire da quella generale attesa che caratterizzava tutto il popolo di Israele, ovvero aspettarsi un Messia poderoso e glorioso che viene sulla terra per liberare politicamente dal dominatore di turno (Roma) e per ristabilire una giustizia che mette a posto tutto e tutti. Pertanto, beato è colui che non trova in me motivo di scandalo! Perché alla fine molti rimasero, molti rimangono e molti rimarranno scandalizzati da Gesù per come Egli è. A cominciare dai concittadini nazareni, passando ai primi discepoli che non ci capivano niente di tante cose che Gesù diceva e che poi inciamperanno sulla fine ingloriosa del Maestro in Croce. Fino ai tanti sedicenti cristiani di oggi, che non riescono proprio ad accettare l'assoluta diversità e imprevedibilità del Signore eppure già immortalate nel vangelo. Come ieri sera, dopo aver visto con milioni di telespettatori la presentazione dell'apostolo Pietro nel monologo del Benigni nazionale. Una pioggia di risonanze positive, ma anche subito una pioggia di contestazioni, per la tale espressione fuori luogo o per la imprecisione delle informazioni evangeliche e teologiche, come se fossero solo questi i criteri di autenticità della fede. Tutto un borbottare di preti che non hanno gradito. Pensavo alla sua carriera, a chi era tanti anni fa questo attore comico, oggi un uomo che Dio ha portato a parlare del vangelo. Certo, ieri sera c'era da chiedersi: e noi preti, vescovi e altri addetti ai lavori, raggiungeremmo così tanta gente per parlare di Gesù e del suo vangelo? Come mai oggi un comico attore e regista, riconosciuto anche nel mondo, annuncia il vangelo meglio di tanto clero? E se non si gioisce di quello che abbiamo ascoltato ieri in tv, non è forse perché ancora oggi Gesù è scandalo, ma non la gioia di tanti cristiani e non cristiani?