Omelia (10-12-2025)
padre Ezio Lorenzo Bono
“PRAUS”: LA FORZA DI GESÙ

I. Nel mondo antico la parola "praus" veniva usata anche per indicare il cavallo selvaggio che, dopo un lungo lavoro, aveva imparato a lasciarsi guidare dal cavaliere. Non diventava debole: rimaneva forte, vigoroso, capace di correre e di trainare pesi.
La sua potenza non veniva spenta, ma orientata. Il "praus" era la forza disciplinata, la forza che non distrugge ma serve. Riferito agli uomini, "praus" indicava una "forza controllata", una "potenza sotto disciplina divina": non debolezza, ma un cuore capace di esercitare la sua forza senza aggressività, dominando se stesso.
II. Quando Gesù, nel Vangelo di oggi, parla di sé come "mite e umile di cuore", usa proprio questa parola: "praus". Dunque non dice: "Sono debole", ma: "Sono forte in modo nuovo: una forza che custodisce, non che schiaccia". Subito dopo parla del giogo, lo strumento che unisce due animali per tirare insieme. Da qui nasce anche la parola coniuge: cum-iugum, due che portano lo stesso giogo. Gesù è così: un "praus" che si accosta al nostro fianco per portare con noi il peso.
III. E tu? Il tuo giogo, le tue fatiche, le tue preoccupazioni... le stai portando da solo? Lascia che Gesù si affianchi, perché lo ha promesso: «Troverete ristoro per le vostre anime». Quando condividi con Lui il peso, il peso non sparisce, ma diventa possibile. Con Gesù vicino il peso si alleggerisce, il cuore respira... e - come ha promesso - erediti la terra: cioè scopri che la tua vita può davvero diventare un luogo buono dove vivere.