Omelia (08-12-2025)
don Alberto Brignoli
“Dove sei?” “Eccomi!”

"Dove sei?": con due semplici parole, il Creatore chiama la sua creatura, che si era nascosta all'interno del giardino dell'Eden dopo aver mangiato dell'albero di cui gli era stato comandato di non mangiare. Gli chiede "Dove sei?" non perché non sapesse dove si trovava, o perché sentisse il bisogno di saperla viva e vegeta: il Creatore non può certo avere bisogno della propria creatura... semmai il contrario.
"Dove sei?": non può certo essere l'espressione angosciata di un padre che ha smarrito il proprio figlio, perché questo padre sa bene dove si trovi suo figlio. Se c'è qualcuno di angosciato e preoccupato, di fronte a quel "Dove sei?" è proprio la creatura, che si era nascosta dalla vista del suo Creatore "perché - dice - ho udito la tua voce nel giardino, ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto".
Che giustificazioni becere! Tutte quelle cose, fino ad allora, non erano certo state un problema: aveva forse l'uomo avuto paura di Dio, fino ad allora? Udire la sua voce gli aveva forse procurato terrore? Era forse un problema, il fatto di presentarsi nudo davanti al suo Creatore? Perché questo atteggiamento? Di una cosa, forse, Dio aveva bisogno: voleva una spiegazione a questo comportamento, e per questo va in cerca dell'uomo. Non perché non sapesse già cosa fosse capitato: aveva però bisogno di sentirselo dire dal diretto interessato. Per cui, in quel "Dove sei?" c'è un qualcosa che suona di richiamo alle proprie responsabilità: "Vieni un po' qua e dimmi cosa è successo...".
E come spesso capita nelle umane vicende... non è colpa sua. È sempre colpa delle circostanze, dei condizionamenti, delle situazioni, o di persone a lui estranee che lo portano ad assumere comportamenti scorretti, a causa dei quali è meglio non guardare in faccia Dio. E comunque, anche quando ci si rende conto che di fronte a Dio non ci si può nascondere, la risposta dell'uomo è immediata: la colpa è di Dio. "La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell'albero e io ne ho mangiato". Sei tu, Dio, che hai messo al mio fianco questa persona: pensavo di potermi fidare di una tua creatura, in tutto simile a me, e invece mi sono sbagliato. Abbiamo sbagliato entrambi: tu l'hai messa al mio fianco, e io mi sono fidato!
E Dio accetta la provocazione, per cui va a interrogare direttamente colei che egli aveva affiancato all'uomo perché fosse per lui un aiuto, e invece si è rivelata un intralcio. Ma lo scaricabarile continua: non può essere colpa della donna, per forza di cose ci devono essere state altre circostanze, condizionamenti, situazioni o persone che devono averla portata a questo. Questa volta, però, non ci si scappa: erano in due, per cui o uno o l'altro. Oppure entrambi, insieme: entrambi ingannati e ingannatori, a causa di quel subdolo e intrigante dono di Dio all'umanità che è la libertà. Un dono meraviglioso, di quelli che più belli non ce ne sono: sempre e quando, però, la creatura si fida del suo Creatore, e non di se stessa.
Perché quando l'uomo inizia a fidarsi esclusivamente di se stesso, della propria coscienza, della propria libertà, delle proprie capacità e per questo pensa di poter essere come Dio e quindi di poter fare a meno di lui, allora succede tutto questo: succede che inizia ad avere paura di guardare in faccia alla realtà, inizia a nascondersi dalle proprie responsabilità, inizia ad avere vergogna di farsi vedere nudo e limitato, inizia a indossare delle maschere, inizia a rimpallare le responsabilità agli altri, e giunge addirittura al punto di dare a Dio la colpa di tutto quanto. Quel Dio che prima era stato così bravo a mettere al nostro fianco persone fondamentali per la nostra vita, ora diviene colpevole di aver rovinato tutto proprio per via di quelle persone: e mai una volta che ci si assuma le responsabilità dei nostri errori!
Questa è la cosa peggiore che facciamo quando cadiamo nell'errore e nel peccato: quella di mettere delle maschere, di nasconderci, di non ammettere che è colpa nostra, e di incolpare tutto il resto. Se invece imparassimo a riconoscere i nostri limiti, ad accettarli, addirittura ad amarli, e a capire che nonostante tutto abbiamo sempre la possibilità di ricominciare, ci accorgeremmo che la vita va avanti lo stesso nonostante noi; che l'umanità non ha ancora smesso di esistere, né dopo il peccato originale, né dopo il primo omicidio e neppure dopo il diluvio, forse perché non smette di essere una ricchezza per lo stesso Dio; ci accorgeremmo che, nonostante il male continuerà a insidiare la nostra coscienza, noi avremo sempre la possibilità di schiacciarlo, di metterlo sotto i nostri piedi, cioè di sottometterlo a noi, perché il male è forte, sicuramente, ma il bene che viene dalla fiducia in Dio Padre lo è molto di più! E lo vediamo oggi, festeggiando il fatto che Dio smette di colpevolizzare una donna, e proprio attraverso un'altra Donna ci ridona la possibilità, ogni giorno, di ricominciare da capo.
Aver preservato Maria da queste penose vicende di umana meschinità, rendendola sin dal suo concepimento "Immacolata", ovvero libera e non sottomessa alle logiche del male, rappresenta per noi questa enorme iniezione di speranza: nonostante il nostro peccato sia "originale", cioè insito nella nostra natura umana sin dalle origini, "da sempre", questo non significa che lo debba essere "per sempre".
È sufficiente che evitiamo di nasconderci, e a Dio che continuerà a chiederci "Dove sei?", impariamo a rispondere, nonostante tutto, come ha fatto Maria: "Eccomi!".