Omelia (08-12-2025)
padre Gian Franco Scarpitta
In Avvento, Immacolata donna di speranza

Nel periodo di Avvento siamo invitati alla speranza, cioè alla fiduciosa attesa di eventi piacevoli che vertano a nostro vantaggio. Sperare vuol dire aspettare con fiducia, non anticipare i tempi sopresi dall'ansia e dall'apprensione, non darla vinta allo sconforto e alla disperazione, ma saper aspettare la realizzazione dei propri desiderata, confidando nel futuro e perseverando nelle lotte e nelle fatiche. La fede in Dio è il punto di partenza della speranza: essa ci motiva e ci slancia verso l'avvenire facendoci attendere (appunto sperare) l'intervento risolutore del Signore nella nostra vita, la presenza di Dio e il suo agire a nostro favore. Dio sarà artefice di ogni beneficio per noi e muterà le cose a nostro vantaggio. Sperare è anche aspirare alla vita eterna e attendere la venuta del Regno di Dio in mezzo a noi. L'Avvento è il tempo dell'attesa fiduciosa e speranzosa perché ci dischiude l'incontro con Dio che viene, rendendosi per noi Bambino, per colmare le nostre lacune e realizzare le nostre attese di giustizia e di pace.
Oggi ci si presenta la concretezza della speranza umana e della perseveranza nella lotta e nella prova nella persona di Maria, che veneriamo nella sua Immacolata Concezione.
Nella conversazione con l'angelo Gabriele che le rivela il piano divino su di lei, Maria apprende di essere la "Benedetta fra tutte le donne" e di "avere trovato grazia presso Dio. C'è un termine adoperato dall'angelo, kekaritomene, che sottende a come la Vergine sia "piena di grazia", ossia rivestita di favori divini del tutto speciali e fuori dal comune. Maria non ha ricevuto semplicemente le comuni grazie destinate a tutti gli uomini fedeli al Signore, ma lo speciale dono divino che viene concesso in virtù della sua elezione ad essere Madre del Verbo che verrà chiamato Gesù. Dio ha fatto in modo che fosse concepita con la totalità delle grazie, quindi con la perfezione e l'integrità atta a favorire la nascita del Verbo nella carne. Di conseguenza Maria non poteva che nascere "preservata dal peccato" originale che tutti ci caratterizza, nonché purificata da ogni lacuna e imperfezione. Ciò per il semplice motivo che lo stesso Dio, somma Perfezione, doveva prendere la carne dal suo grembo. Non poteva essere contaminato da una forma di peccato, sia pur lieve, il corpo della Madre del vero Dio e vero Uomo Gesù Cristo.
Anche in ragione di questo, i Padri della Chieda definiscono Maria "la nuova Eva", sull'onda di Gesù che è il nuovo Adamo (Rm 5, 11- 21); l'uno e l'altra sono l'antitesi della disobbedienza del primo uomo e della prima donna dalla quale è scaturita la perversione umana. Gesù in primo luogo e anche Maria con la sua umiltà e con la sua obbedienza, vi pongono rimedio con un'attitudine di deferenza, umiltà e sottomissione.
Nella sua stessa immacolatezza Maria ci viene incontro come donna di speranza e nella speranza ci invita a rafforzare la nostra stessa fede. L'essere stata privata di ogni forma di peccato la rende il primo soggetto umano, dopo Gesù suo Figlio, esempio lampante di perfezione e di santità e questo ci suggerisce che è possibile sperare nel bene anche quando esso non è ancora evidente. Il suo atteggiamento umile e dimesso di fronte all'angelo ha consentito che credesse nella parola del messo celeste e che coltivasse questa nell'immensità del suo animo speranzoso e denso di fiducia. Maria ha creduto e ha atteso con pazienza, determinazione e costanza la realizzazione delle promesse a lei annunciatele dall'angelo, che di fatto si sono verificate poi nella difficile gestazione a Betlemme. Sperare significa attendere, ma anche lottare e perseverare senza soccombere alla negativa; tenere duro mantenendo alta la fiducia in Colui che ci ha amati sin dal principio. La speranza fiduciosa di Maria ha affrontato ogni sorta di prova, persecuzione, dolore e apprensione che comportava quella maternità così compromessa e perseguitata. Ha saputo attendere senza cedere allo sconforto e alla resa il compimento di quanto sapeva essere oggetto del suo sperare: poter avere fra le mani quel Figlio divino e poterlo accudire e accompagnare man mano che si formava alla vita umana.
La seconda lettura, tratta da Paolo agli Efesini, ci ragguaglia che siamo tutti chiamati ad essere santi e irreprensibili e pertanto ad esternare la stessa fiducia di Maria nelle avversità e nelle persecuzioni che la cristiana stessa comporta. Maria ci sollecita a vivere radicati nella nostra scelta di appartenenza a Cristo e ci invita alla speranza costante e decisa in un vortice mondano che tende invece a farci deperire e disperare.