| Omelia (23-12-2025) |
| Missionari della Via |
|
Il Vangelo di oggi che ci racconta la nascita di Giovanni Battista, rappresenta un po' il passaggio tra l'Antico e il Nuovo Testamento. I versetti precedenti ci dicono che Zaccaria, mentre si trovava al Tempio, all'annuncio dell'angelo ha dubitato, non ha creduto all'adempimento della Parola del Signore, e da quel momento ha perso la parola. Ma Dio percorre sempre strade nuove per portare avanti il suo progetto di salvezza. Il grande rischio che noi corriamo è quando vogliamo incasellare il pensiero di Dio nella nostra piccola scatola cranica, senza lasciarci destabilizzare e stupire dal suo agire. Giovanni Battista nasce nonostante l'incredulità del sacerdote Zaccaria, perché sua moglie Elisabetta, una donna avanti negli anni, è capace di accogliere e fidarsi dell'annuncio. Questo ci fa anche comprendere che il Vangelo si fa carne nelle case, nelle famiglie, sulle strade del mondo, non basta andare in chiesa se poi nella vita di ogni giorno la nostra esistenza non profuma di Vangelo. Il nuovo che avanza, ci è dato al momento di dare il nome al bambino. Molti lo volevano chiamare con il nome di suo padre, Zaccaria. Ma i figli non sono nostri, non appartengono alla famiglia, bensì alla loro vocazione, alla missione che Dio affida loro, perché «Il segreto dell'esistenza non sta soltanto nel vivere, ma nel sapere per cosa si vive» (F. Dostoevskij). Per questo Elisabetta che ha ascoltato credendo può dire: questo bambino si chiamerà Giovanni, che significa dono di Dio. Sì, Giovanni è il dono di Dio per tutta l'umanità. «E questa è anche l'identità profonda di noi tutti: il nome di ogni bambino è "dono perfetto", ogni bambino appartiene ad una storia più grande» (Ermes Ronchi). Quanto è bello ripartire da questa consapevolezza! Noi non siamo nati a caso, non siamo il semplice frutto di un incrocio di cellule biologiche; no, noi siamo amati da sempre, noi siamo il dono che Dio ha preparato perché questo mondo sia un po' più bello anche grazie alla nostra esistenza e al sì alla missione che Dio ci ha affidato! «Che sarà mai questo bambino? Grande domanda da ripetere, con venerazione, davanti al mistero di ogni culla. Cosa sarà, oltre ad essere vita che viene da altrove, oltre a un amore diventato visibile? Cosa porterà al mondo questo bambino, dono unico che Dio ci ha consegnato e che non si ripeterà mai più?» (Ermes Ronchi). |