| Omelia (13-12-2025) |
| Missionari della Via |
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I versetti del Vangelo di oggi seguono immediatamente l'episodio della Trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor, dove i discepoli lo avevano visto conversare con Mosè ed Elia. Il dialogo che segue, a prima vista complesso, rivela un messaggio centrale: per essere davvero dalla parte di Gesù, bisogna essere pronti ad affrontare incomprensioni e persecuzioni. Loro si aspettavano il profeta Elia che venisse nella gloria per annunciare la venuta di Gesù, ed Egli risponde che Elia è già venuto ma il popolo non lo ha riconosciuto, anzi «hanno fatto di lui quello che hanno voluto». L'evangelista commenta che i discepoli compresero che Egli parlava del Battista, morto in carcere per mano di Erode. «Tutti attendevano un profeta potente ed invece Dio manda un uomo inerme che parla con voce di tuono, un uomo che sfida il potere senza avere nessun potere, se non quello della verità» (d. Silvio Longobardi). La missione di Giovanni ci ricorda che testimoniano Dio coloro che lottano e sono disposti a morire pur di non svendere la verità, rimanendo fedeli alla propria vocazione nonostante le avversità. Il riferimento al martirio di Giovanni offre a Gesù l'occasione per ribadire che anche la sua missione si compirà nella sofferenza. Tali parole sono necessarie perché i discepoli, dopo aver assistito alla Trasfigurazione, non pensino a un Gesù che nella gloria, nella potenza e senza soffrire compia la sua missione. In fondo anche oggi è questo il nostro pensiero latente: chi sta con Gesù non deve soffrire! Noi pensiamo che solo per il fatto di essere cristiani ci debba essere preservata ogni forma di prova e di sofferenza! Quante volte ci lamentiamo con Gesù quando andiamo incontro a qualche difficile prova. Non accade anche, quando ci si trova a soffrire, che altri ci deridono dicendo che il nostro Dio non serve a nulla e che ricambia il nostro amore con la sua indifferenza? Oggi chiediamo la grazia di saper scorgere il passaggio di Dio anche in quegli eventi che noi non vorremmo vivere, consapevoli che anche dietro la sofferenza si nasconde un bene più grande. «A noi, dunque, è richiesto di rimanere vigili come sentinelle, perché non accada che, davanti alle povertà prodotte dalla cultura del benessere, lo sguardo dei cristiani si indebolisca e diventi incapace di mirare all'essenziale. Mirare all'essenziale. Cosa significa? Mirare Gesù, guardare Gesù nell'affamato, nel carcerato, nel malato, nel nudo, in quello che non ha lavoro e deve portare avanti una famiglia. Guardare Gesù in questi fratelli e sorelle nostri; guardare Gesù in quello che è solo, triste, in quello che sbaglia e ha bisogno di consiglio, in quello che ha bisogno di fare strada con Lui in silenzio perché si senta in compagnia. Queste sono le opere che Gesù chiede a noi! Guardare Gesù in loro, in questa gente. Perché? Perché così Gesù guarda me, guarda tutti noi» (Papa Francesco). |