Omelia (23-11-2025)
don Alberto Brignoli
Caro ladrone...

Caro ladrone (o forse dovrei chiamarti con il tuo nome, Disma, come ce lo ha tramandato la tradizione cristiana):
oggi, Solennità di Cristo Re, ho pensato di scrivere a te, che il nostro Re lo hai conosciuto di persona, forse non nel momento migliore della tua esistenza, ma certamente in uno dei più gloriosi della sua vita. Quella vita che, forse, non era stata benevola con te: di certo, la fortuna non ti ha assistito, da quando hai scelto di vivere di espedienti. Perché molti malfattori la fanno franca, per buona parte della loro vita: certo, quelli che la fanno franca non vanno in giro vestiti come te, da straccioni, e nemmeno vestiti in serie, come i maranza. Di solito, hanno camicie bianche, sono in giacca e cravatta, e anche se vengono presi, hanno accumulato talmente tante ricchezze che possono pure permettersi di non essere nemmeno rinviati a giudizio.
No, niente a che vedere con te e il tuo socio in affari: voi eravate proprio due poveracci, due disgraziati, a cui nessuno vuole certo negare le vostre responsabilità. Buoni non lo eravate affatto: il tuo amico, poi, ha portato con sé la propria cattiveria fino in fondo, e l'ha vomitata addosso al nostro Re con tutta la sua rabbia, dandogli addirittura la colpa per la vostra mancata salvezza. Tu eri diverso: buono, forse, non lo sei mai stato, ma se hai vissuto nell'infamia, quantomeno hai avuto l'opportunità di morire nella gloria. E da buon opportunista qual eri, l'hai sfruttata.
Guardando la scritta che stava sopra il capo di Gesù ("Costui è il re dei Giudei"), hai preso la palla al balzo, e hai chiesto a quel Re così strano non una salvezza immeritata, ma un gesto di carità, un'elemosina, come quelle che certamente hai chiesto molte volte nella tua vita tendendo la mano seduto su un marciapiede ogni volta che uscivi dal carcere senza il becco di un quattrino. I quattrini in quel momento non ti servivano più: per cui, hai chiesto al Re di poter essere quantomeno da lui ricordato, una volta entrato nel suo Regno, visto che quasi certamente su quel patibolo eri stato lasciato solo da tutti; dalla tua famiglia, da tuoi figli, dalle tue donne, dai tuoi falsi amici, e magari anche da gente per conto della quale avevi rubato e che però in carcere faceva finire sempre e solo te.
Certo, quella scritta "il Re dei Giudei" deve averti colpito. Ma quale re? I re, i governanti, i politici in generale parlano tanto, fino alla noia, fino all'ultimo, pur di giustificare la propria presunta innocenza. Lui, invece, non diceva mezza parola: ogni tanto un lamento o una preghiera, e poi quella frase assurda che ti è rimasta in testa: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno!". Che coraggio: perdonare quelli che lo stavano ammazzando in quel modo e, non contenti, lo deridevano, lo insultavano, lo sfidavano a scendere dalla croce. Tu hai capito subito che si trattava di un innocente, di un uomo giusto e santo, talmente umile da non essere capace di dire una sola parola a propria discolpa.
In compenso, ci pensava quell'imbecille dall'altra parte, a parlare: "Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!". Avrà ben visto sua madre e i suoi parenti ai piedi della croce disperati a piangere! Macché: una serie di insulti a Gesù perché non faceva il miracolo di salvarvi tutti! A un certo punto, non ce l'hai più fatta, e al suo ennesimo insulto, con quel filo di voce che ti era rimasto, l'hai zittito: "Piantala, una buona volta! Neppure adesso che sei arrivato alla fine e paghi per anni di crimini e rapine, sei capace di avere almeno un minimo di pudore, se non di timor di Dio? Cosa ti ha fatto, di male? Anzi, cosa ha fatto di male? Nulla!".
Proprio in quel momento, il nostro Re riesce a sollevare un attimo la testa e ti guarda, come per ringraziarti. Tanto era sfinito, riesce a dirti solo sei parole, che sono certo anche tu - come noi dopo duemila anni - non avrai più dimenticato: "Oggi con me sarai nel Paradiso". Tu in Paradiso? Tu, meschino ladruncolo da quattro soldi? No, non è possibile: Dio è buono, ma non è stupido, è un Dio giusto, molto più giusto di quello che sembra, e non è che perdona sempre tutti... non puoi passarla liscia! A ognuno il proprio regno: e il tuo è il regno degli inferi. Del resto, non credo che tu avessi chissà quale pretesa, se non quella che il nostro Re si ricordasse di te, e che magari potesse metterci una parolina buona con gli angeli del piano di sotto, per fare in modo che tu non avessi al tuo fianco, tra le fiamme eterne, quell'altro imbecille, tuo collega! Il Re ti ha sorriso: poi, con un filo di voce, ha detto ancora qualcosa a Dio, suo Padre, ed è morto.
I Vangeli, caro Disma, ci hanno detto che tu e l'altro ladrone siete sopravvissuti ancora pochi minuti, perché poi vi hanno spezzato le gambe: era la vigilia di Pasqua e tutti avevano fretta di seppellirvi per andare a festeggiare. Ma credo che anche tu abbia fatto in tempo a vedere il cielo oscurarsi, e la pioggia scendere abbondantemente sul Golgota: e avrai visto anche tu il centurione romano, pagano e miscredente, cadere in ginocchio e dire: "Veramente quest'uomo era il figlio di Dio!".
Quello che accadde quel giorno, fuori Gerusalemme, ce lo hanno tramandato i suoi discepoli. Ma quello che avvenne dopo, solo tu e Gesù lo potete sapere. A noi bastano le sue sei parole, pronunciate dalla croce per te e solo per te, un privilegio che ha riservato solo a sua madre e al suo discepolo più caro: "Oggi con me sarai nel paradiso". A me piace pensarti così: delinquente, imbroglione, opportunista, ladro fin all'ultimo istante della tua vita, quello in cui hai portato via al nostro Re il suo tesoro più prezioso: la vita eterna.
Perché tutti, qui, sappiamo - e lo sappiamo da secoli - che lui, nel suo Regno, ti ci ha portato per davvero...