Omelia (23-11-2025)
padre Gian Franco Scarpitta
Regno del Dio Amore

Fra un Anno liturgico che si chiude e un altro che comincia, alla fine del mese di Novembre si staglia una Festa che ci ricorda come Gesù Cristo, del quale nel corso dei mesi si celebra la Nascita, la procurata umiliazione da uomo fra gli uomini, la povertà, l'umiltà, il servizio e i vari moniti e insegnamenti parabolici, entra sempre nella nostra vita, partecipa delle nostre apprensioni, ci accompagna senza pretendere di rinunciare a noi stessi e anzi accettandoci ciascuno nella propria identità. E in tutto questo non cessa di essere Re dell'Universo, al centro del cosmo e della creazione. Paolo nella lettera ai Colossesi ci descrive Cristo come "primogenito di tutta la creazione... è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono. Ogni cosa è stata creata in lui e per mezzo di lui"(Col 1, 12 - 18). Gesù Cristo è re di tutto il cosmo perché è Dio accanto al Padre e al Figlio, perché egli stesso aveva creato ogni cosa assieme agli altri due, essendo egli eterno come Dio (Gv 1, 1) e il suo predominio sulla realtà e sulla vita di ciascuno resta indiscusso.
E' sorprendente però l'esercizio del potere che egli manifesta sulla creazione e in particolare sull'uomo. Esso è ben lontano dall'impostazione di regalità a cui siamo abituati e prende le distanze dalla stessa sovranità terrena. Anzi, in una certa circostanza, Gesù fugge anche a coloro che vorrebbero proprio nominarlo re (Gv 6, 15) perché non accetta di ricoprire una carica politica o di soddisfare la sola volontà di chi vorrebbe che, da regnante, provvedesse a sfamare tutti o ad affermarsi per mezzo di miracoli o di coercizioni esteriori. Gesù sa di essere già re sin dalle origini del mondo e d'altra parte lo dirà espressamente a Pilato: "Tu lo dici, io sono re"( Gv 18, 37). Ma per l'appunto la sua regalità non appartiene ai canoni di questa terra, non si identifica con un sistema politico, tantomeno con un regime di preponderanza. E' un regno che "non è di questo mondo" ma di quel mondo che solo Dio poteva recare nella nostra storia, riguardante l'amore per l'umanità, che lascia coincidere il potere con l'amore, anzi che rinuncia alle prerogative di potenza e di predominio in nome dell'amore. La redenzione dell'uomo e la salvezza sono sempre state l'unico vero obiettivo di Dio la storia della salvezza testimonia ripetuti interventi di provvidenza e di alleanza con i quali Dio ha voluto recuperare l'uomo alla comunione con sé. Nella stessa legge divina, nei Comandamenti, nel ruolo dei profeti, nell'opera dei patriarchi si è sempre resa manifesta la Parola divina che si esprime e che allo stesso tempo opera, realizza (dabar); si è sempre evinta la sollecitudine di Dio nei riguardi dell'uomo e nella misura in cui questi si è sempre ostinato a smarrire se stesso, Dio ha sempre voluto recuperarlo alla salvezza e alla vita. In Cristo, vero Dio e vero uomo, Creatore dell'universo e quindi Dominatore, la Parola si è fatta carne per venire ad abitare i mezzo a noi, per essere uno di noi, percorrere la nostra storia confondendosi fra gli abitanti comuni di questa terra. Il suo regno quindi è stato caratterizzato dal servizio, dall'abnegazione nei confronti di tutti, specialmente dei poveri e dei sofferenti, dalla concretezza delle opere di misericordia che rivelano il vero Dio amore. Le opere stesse anzi sono anzi esplicative del vero Regno, che è quello della giustizia, della pace e dell'amore. Dirà infatti Paolo che "il regno di Dio non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace, gioia nello Spirito Santo. Non si basa su aspetti esteriori o su ambiti di interesse, ma sull'accettazione di tutti quei valori che davvero colmano le lacune dell'uomo, gli stessi di cui Gesù è stato testimone nei suoi insegnamenti e nelle sue continua opere di amore e di misericordia. Gesù regna perché presenzia nella nostra vita, ci accompagna, ci indirizza senza tuttavia imporsi né sconvolgere le nostre aspettative. Lo incontriamo negli ambiti di esperienza che la vita ci riserva, ne avvertiamo la presenza e apprendiamo dalla sua Parola; unica condizione è la fiducia in lui libera e disinvolta della fede e della speranza. Il suo regno è la gioia stessa della sua vicinanza.
Se ogni sovrano dispone di uno stemma che ne rappresenta il potere, lo stemma simbolico del regno di Cristo è quello della corona di spine. Essa è il simbolo più eloquente dell'amore per cui ha vissuto la sottomissione, l'umiliazione, l'asservimento e tutto ciò che marcia in senso opposto all'imperiosità e all'egemonia e che ci si potrebbe aspettare da un monarca del suo tempo. In altre parole, la regalità di Cristo si esterna nell'amore estremo che inizia con l'umiltà e il cui acme è quello dell'umiliazione. E' l'amore la vera caratteristica del regnare. Amare vuol dire donare se stessi in ogni attitudine e in ogni opera, servire gli altri con disinteresse senza retorica, considerando nel prossimo un "altro me stesso"; amare vuol dire sacrificarsi, rinnegare perfino se stessi per il bene dell'altro, rinunciare per realizzare. Il potere di Gesù è l'amore di autodonazione.
Carl Jung da qualche parte scriveva che: "Dove l'amore regna non c'è volontà di potere, e dove il potere predomina, l'amore manca. L'uno è l'ombra dell'altro." Quando ogni cosa si fa con l'obiettivo di amare, si regna sempre inequivocabilmente, anche da miseri e da pezzenti.
Siamo infatti chiamati a regnare con Cristo in tutti i percorsi del nuovo Anno Liturgico che ci attende.