Omelia (23-11-2025)
padre Antonio Rungi
Un Re speciale che ha servito e non comandato

Nell'ultima domenica dell'anno liturgico celebriamo la solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'universo. Si chiude così un cammino di spiritualità che ha accompagnato l'itinerario dell'anno giubilare, aiutando quella crescita interiore, umana, spirituale e sociale di tutti noi. Nella chiesa italiana e nel mondo intero questa solennità è importante, perché si celebra Cristo stesso. Egli si è dichiarato re di fronte a Ponzio Pilato che gli aveva chiesto se fosse il re. Gesù risponde senza esitazione di sì. lo sono Re. Tant'è vero che l'iscrizione che Pilato fa fissare sulla testa di Gesù indicando la motivazione della condanna: Gesù Nazareno Re dei Giudei (INRI). A Gesù quindi viene riconosciuta la regalità. Una regalità fissata nella condanna a morte. Ma la regalità che Gesù si attribuisce non era e non è di tipo mondano, ma spirituale, morale e religiosa. Il regno di Cristo ha dimensioni particolari, aspetti specifici, che non si equiparano ad altri regni di questa terra. Il suo regno. Infatti non è di quaggiù, ma di lassù. Il suo regno è una ricerca continua di pace, di giustizia e di verità di Giustizia. Non è un regno di ordine militare, politico, economico, non è un potere temporale quello di Cristo che schiaccia la libertà altrui, ma anzi libera la libertà degli oppressi e dà il pane agli affamati, dà la sicurezza a coloro che sono insicuri. Il suo regno ha una direzione precisa in quella prospettiva di vita eterna che deve stare nel cuore di ogni credente e uomo di buona volontà. Ci aiuta a comprendere ulteriormente questa speciale regalità di Gesù Crocifisso,
Il Vangelo di questa solennità che porta il brano di Luca di Gesù morente sulla croce con i vari spettatori ai piedi del suo patibolo. Chi osserva semplicemente e chi deride il Signore. Ci ricorda l'evangelista medico e mariano che "[dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto». Altra categoria che prendono in giro Gesù sono i soldati, i quali nella loro cattiveria e arroganza gli si accostavano per porgergli dell'aceto e provocandolo con queste parole: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Da un lato, un Re e Dio deriso dai senza fede e dagli atei nei pensieri e nei fatti con uno dei malfattori che era appeso alla croce a lato sinistro di Gesù e lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». Ad una scena diversa si assiste e che registra Luca parlando del buon ladrone che invece rimproverava il collega ladruncolo, dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E qui scatta nella mente, nel cuore e sulle labbra di questo condannato a morte con queste tenerissime parole: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Si rivela qui il Dio misericordioso e un Re che si dona e sacrifica per ka salvezza degli altri. Gesù gli rispose con una straordinaria promessa che si realizzerà subito: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso». Un Re che non promette posti, soldi, terreni, carriera e successo, ma assicura il paradiso. Solo Gesù Figlio di Dio promettere e mantenere la parola perché è un Dio fedele e coerente nel il tempo e per l'eternità.