Omelia (23-11-2025)
padre Ezio Lorenzo Bono
FINALMENTE A CASA

I.
Con la Solennità di Cristo Re che celebriamo questa domenica, si conclude l'anno liturgico e, quest'anno - anno C - si conclude anche il nostro cammino di tre anni insieme ai Vangeli dei cicli A, B e C. Tre anni in cui la Parola del Vangelo ci ha accompagnato, guidato, provocato, consolato.
Quanti gesti d'amore, quante parole di speranza. Ognuno di noi ha fatto il suo cammino,è cresciuto nella fede, ha incontrato fari che hanno illuminato i suoi passi.
Personalmente, tra le tante e meravigliose frasi del Vangelo, ce ne sono due che mi affascinano particolarmente. La prima la troviamo nel racconto della Trasfigurazione, quando - dopo l'apparizione di Mosè ed Elia - tutto scompare, e il Vangelo annota una frase stupenda: «Non videro più nessuno, se non Gesù solo». Ecco il punto d'arrivo di ogni cammino cristiano: dopo aver ascoltato tante parole (simboleggiate da Elia, la profezia), dopo aver cercato di vivere i comandamenti (simboleggiati da Mosè, la Legge), alla fine tutto si dissolve e rimane solo Gesù. Alla fine delle nostre traversie, dei dubbi, delle fatiche, delle domande, delle cadute, delle sofferenze, delle lotte... rimane solo Gesù. Questo è l'epilogo e il fine dell'anno - e del triennio - del cammino liturgico: arrivare a Gesù, e a Lui solo.

II.
E qual è la seconda frase evangelica che tocca le corde del mio cuore? È quella che il poeta Jorge Luis Borges, nella Poesia dei doni, definisce una delle parole più belle mai pronunciate: «...le parole che in un crepuscolo furono dette da una croce all'altra». Sono le parole che abbiamo ascoltato oggi, nella Solennità di Cristo Re: «oggi con me sarai nel paradiso». Sono tra le ultime parole di Gesù. Parole d'amore, in un dialogo sublime tra Dio e l'uomo. Quel malfattore - che la tradizione chiamerà San Disma e che rappresenta ciascuno di noi - riconosce in quel Crocifisso insultato da tutti il vero Re: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno». Ri-cordati: riportami al tuo cuore. Per gli antichi, la sede della memoria non era il cervello, ma il cuore. Ricordare significava riportare qualcuno dentro di sé, nel proprio cuore. E Gesù, nel momento in cui entrambi sono immersi nel dolore, risponde con le parole più belle che potesse dire: «Oggi sarai con me, in Paradiso».
Mi commuove vedere che il primo che Gesù porta con sé non è un santo, non è un giusto, non è un eroe... ma un malfattore pentito all'ultimo istante. Questo ci consola profondamente, perché ci dice che non siamo perduti, che non siamo i nostri sbagli, che il nostro passato non è una condanna. Gesù, negli ultimi istanti della vita terrena di quell'uomo crocifisso accanto a Lui, lo afferra, ribalta la sua storia, la riscrive con lui e gli spalanca l'eternità. Cosa possiamo volere di più?

III.
In conclusione, come si può riassumere il nostro cammino di fede appena concluso? Si riassume in una scoperta e in una promessa. La scoperta è che, dopo aver attraversato il tumulto della Legge e della Profezia, (Mosé e Elia) delle certezze e dei dubbi, dei trionfi e delle sconfitte... l'unica cosa che resta, il fondamento indistruttibile, è Lui solo. E la promessa, la più dolce di tutte, è che alla fine Lui ci afferrerà e ci porterà con Sé. Il Paradiso non è un luogo geografico. Il Paradiso è una Presenza. È l'abbraccio ineffabile del Gesù solo che ci attende a casa.
Come il buon ladrone Disma, in quell'ultimo, disperato e lucidissimo atto di fede, sussurriamo anche noi nella nostra preghiera: «Gesù, ricordati di me». Riportami al tuo cuore quando mi sento smarrito nelle mie paure, quando giudico me stesso per i miei fallimenti, quando credo di non essere più degno del tuo sguardo. Prendi Tu la mia vita, Tu che sei il nostro Re Crocifisso. Riscrivila Tu, giorno dopo giorno.
Perché, Signore, alla fine non chiedo che una cosa: udire dalla tua voce quelle parole che ogni uomo attende senza saperlo: «Oggi con me sarai nel Paradiso». E allora saremo finalmente a Casa.

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