Commento su Lc 21,28
Come vivere questa Parola?
La caduta di Gerusalemme è una classica profezia: sappiamo che l'evangelista Luca scrive dopo il 70 d. C. La descrizione, in forti toni apocalittici, si richiama al linguaggio dei profeti e presenta un quadro terribile degli eventi che vedranno attuarsi il giudizio sulla città santa.
La desolazione colpirà maggiormente dove si opporrà a segni di vita; il destino di morte travalicherà gli stessi confini del popolo d'Israele per colpire le genti, finché durerà il tempo dei pagani, cioè il tempo della chiesa dei testimoni e dei martiri. Gli eventi cosmici si riflettono nell'angoscia di tutti i popoli e nel timore di ciò che sta per accadere. L'afflato universale di questo linguaggio che ingloba la creazione intera allontana la determinazione del tempo preciso in cui tutto ciò dovrà accadere e Luca può così introdurre l'evento decisivo, il cui momento non può essere conosciuto; la venuta del Figlio di Dio.
Oggi, siamo invitati a immergersi in una preghiera silenziosa e contemplativa, posso farla davanti una immagine di Gesù, o portare alla memoria quell'immagine così cara e significativa per me.
La voce di un vescovo e martire
"Non dobbiamo fare la nostra volontà, ma quella di Dio. È una grazia che il Signore ci ha insegnato a chiedere ogni giorno nella preghiera. Ma è una contraddizione pregare che si faccia la volontà di Dio, e poi, quando egli ci chiama e ci invita ad uscire da questo mondo, mostrarsi riluttanti ad obbedire al comando della sua volontà! Ci impuntiamo e ci tiriamo indietro come servitori caparbi. Siamo presi da paura e dolore al pensiero di dover comparire davanti al volto di Dio. E alla fine usciamo da questa vita non di buon grado, ma perché costretti e a forza. Pretendiamo più onori e premi da Dio dopo che lo incontriamo tanto di malavoglia!
Ma allora, domando io, perché preghiamo e chiediamo che venga il regno dei cieli, se continua a piacerci la prigionia della terra? Perché con frequenti suppliche domandiamo ed imploriamo insistentemente che si affretti a venire il tempo del regno, se poi coviamo nell'animo maggiori desideri e brame di servire quaggiù il diavolo anziché di regnare con Cristo?
Dal momento che il mondo odia il cristiano, perché ami chi ti odia e non segui piuttosto Cristo, che ti ha redento e ti ama? Giovanni in una sua lettera grida per esortarci a non amare il mondo, andando dietro ai desideri della carne. «Non amate né il mondo», ci dice, «né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui; perché tutto quello che è nel mondo, la concupiscienza della carne, la concupiscienza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo".
Dal trattato «Sulla morte» di san Cipriano, vescovo e martire
Roberto Proietti - [email protected]