| Omelia (16-11-2025) |
| don Lucio D'Abbraccio |
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Costruire sulla Roccia: perseverare nella fede quando tutto crolla! Quante volte ci fermiamo ad ammirare le cose? Il Vangelo di oggi si apre proprio così: gente che ammira il Tempio «ornato di belle pietre e di doni votivi». Non facciamo fatica a capirli. Lo facciamo anche noi. Magari non ammiriamo un tempio, ma ammiriamo la nostra nuova casa, la macchina appena comprata, il conto in banca che cresce, la nostra carriera che decolla. E guardando queste cose, pensiamo: "Ce l'ho fatta. Questo è solido. Questo durerà". E proprio lì, mentre siamo intenti ad ammirare le nostre sicurezze, arriva Gesù e, con una frase, fa crollare tutto: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». È un colpo duro. Gesù non è un menagramo, è un realista. Ci dice: "Attenzione, state costruendo la vostra vita su cose che, prima o poi, crollano". La salute crolla, i soldi finiscono, la fama svanisce. Su cosa stai davvero appoggiando la tua vita? Naturalmente, i discepoli fanno la domanda che facciamo anche noi quando le nostre sicurezze tremano: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando staranno per accadere?». Vogliamo sapere, vogliamo controllare. E noi? Siamo uguali. Accendiamo il telegiornale: una guerra da una parte, un terremoto dall'altra, una pandemia, una crisi economica. E subito scatta l'ansia: "Ecco, è la fine del mondo!". E magari andiamo su internet a cercare veggenti o falsi profeti - proprio come dice Gesù: «Badate di non lasciarvi ingannare» - che ci diano la data esatta, che ci calmino. Ma Gesù risponde con una sola parola: calma. «Non è subito la fine». «Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Non fatevi prendere dal panico. Queste cose - guerre, carestie, terremoti - purtroppo ci sono sempre state. Non sono il segno della fine, ma parte della storia ferita dell'uomo. Gesù sposta l'attenzione: «Prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno». Il vero problema non sono i terremoti là fuori. Il vero "terremoto" accadrà dentro la vostra vita. Oggi, per molti, la persecuzione non è la prigione (anche se per tanti cristiani nel mondo lo è ancora). La nostra persecuzione è più raffinata: è essere derisi in ufficio perché la domenica vai a Messa ("Ma ancora credi a queste cose?"); è sentirsi isolati in famiglia perché i tuoi valori non sono negoziabili; è essere traditi da persone di cui ti fidavi, solo perché hai scelto di essere onesto, di perdonare, di non partecipare a un imbroglio. È la fatica di quella mamma o di quel papà che cercano di educare i figli alla fede e si sentono dire: "Siete antiquati". E cosa dice Gesù? Di scappare? Di preparare un discorso di difesa? No. Dice due cose sconvolgenti. La prima: «Avrete allora occasione di dare testimonianza». Quel momento di difficoltà, quel tradimento, quell'essere messi all'angolo non è una sfortuna, è il tuo palcoscenico. È il microfono che Dio ti mette in mano per far vedere chi è il tuo Signore. Come diceva San Giovanni Crisostomo, "Dio permette le prove non per punirci, ma per fortificarci, come il fabbro che mette il ferro nel fuoco per renderlo più resistente". È nel momento della prova che si vede se la nostra fede è reale o è solo una bella facciata. La seconda cosa: «Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto». Ma come? Gesù ha appena detto «Uccideranno alcuni di voi». Sembra una contraddizione, ma non lo è. Gesù ci dice: "Potranno togliervi il lavoro, la reputazione, persino la vita. Ma non potranno mai toccare la vostra anima, la vostra vera vita, quella che è nascosta in Me". Il male non ha l'ultima parola. E allora, come si fa a resistere? Gesù ci dà la chiave: «Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita». La perseveranza. Parola difficile. Non è la "sopportazione" a denti stretti. La perseveranza cristiana è rimanere con Gesù quando tutto crolla. È quella nonna che continua a pregare il Rosario per quel nipote lontano, anche se per anni non vede nessun risultato. È quello studente che continua a studiare onestamente, anche se vede gli altri copiare. È quella coppia che continua a volersi bene e a perdonarsi, anche quando la vita matrimoniale è pesante e tutto sembrerebbe invitare a mollare. Come scriveva Sant'Agostino, "La perseveranza è il dono di Dio che ci fa restare in Dio". Non è uno sforzo umano, ma una grazia da chiedere ogni giorno: la fedeltà nelle piccole cose. E ancora Agostino ricorda: "Non si può dire che uno persevera, se non resta fermo fino alla fine". Ammiriamo il tempio di pietra, ma ci dimentichiamo che la pietra più fragile è il nostro cuore. Chi ci insegna questa perseveranza? Guardiamo a Maria. Lei è la Donna della perseveranza. Sotto la croce, il vero "tempio" - il corpo di suo Figlio - veniva distrutto pietra su pietra. I falsi profeti urlavano, i discepoli fuggivano. Tutto sembrava finito. E Lei? Lei rimase. Non capiva tutto, ma rimase lì, perseverando nel dolore e nella fede. Come scriveva Sant'Ambrogio, "Stabat Mater iuxta crucem" - "la Madre stava presso la croce": ferma, fedele, forte nell'amore. Chiediamo a Lei, Vergine fedele, la grazia non di non avere problemi, ma di avere un cuore perseverante, capace di rimanere con Gesù anche quando tutto sembra crollare. Così costruiremo la nostra vita non sulla sabbia delle illusioni, ma sulla roccia viva che è Cristo. Amen! |