Omelia (16-11-2025)
padre Gian Franco Scarpitta
Il Sole di oggi per il mondo di domani

Il profeta Malachia più di 400 anni prima di Cristo, mentre rimprovera il cattivo atteggiamento dei sacerdoti nel tempio, l'idolatria e il facile concubinato e divorzio, annuncia al capitolo 3 (I Lettura) che sorgerà dall'alto un "sole di giustizia" per tutti coloro che confideranno nel Signore. Il profeta non si limita alle condanne e alle riprovazioni, ma lancia un motivo di speranza con l'annuncio di un Salvatore universale che verrà a ripristinare l'ordine e la giustizia. Dopo Malachia non ci saranno più profeti per 400 anni (non a caso Malachia è l'ultimo libro dell'Antico Testamento) fino a Giovanni Battista, che annuncerà l'arrivo di Cristo "luce del mondo" che viene a diradare le tenebre". Ci troviamo ora nell'imminenza del tempo di Avvento che ci condurrà al 25 Dicembre, quando i pagani festeggiavano il Dio Sole invitto; i cristiani fecero trasposizione di questa Festa applicandola a Cristo, vero Sole che sorge dall'alto per illuminare ogni uomo ed ecco che appunto il 25 Dicembre è diventato il giorno della nascita nella carne di Cristo, luce del mondo, che entra nella storia.
Cristo sarà apportatore di pace e di giustizia e il suo Regno sarà indefinito. Tuttavia ne beneficeranno coloro che hanno perseverato nella fede in lui, che hanno vissuto radicalmente nella sua amicizia e nella sua fedeltà.
Anche per questo vi sarà un giudizio particolare immediatamente dopo la morte di ciascuno, nel quale ogni uomo dovrà rendere conto delle proprie azioni, e poi un giudizio finale definitivo, nel quale l'umanità intera dovrà rendere conto del suo percorso terreno. In questo episodio annuncia ai suoi discepoli che vi saranno guerre, rivoluzioni, persecuzioni, ma non dovranno essere considerate come preamboli della fine. Gesù rassicura che episodi di tal fatta NON contrassegnano la fine immediata, probabilmente perché il loro verificarsi non può che esortarci alla lotta contro il peccato e la perversione, esortandoci a vivere il presente in modo costruttivo sempre orientati verso l'avvenire, in modo che l'incontro con il Giudice non sia occasione di paura o di sottomissione, ma sia effettivamente un incontro, cioè un'intimità predisposta dalla vita stessa.
La speranza attende di tramutarsi in certezza, ma non trascura la presente mole di lavoro.
Gesù annuncia anche la distruzione del Tempio di Gerusalemme, il sontuoso edificio che era stato costruito impiegando la metà del popolo d'Israele perché fosse il fulcro della spiritualità d'Israele, il luogo per eccellenza in cui gli Ebrei potevano incontrare il loro Dio. Di tutte quelle meraviglie architettoniche che lo compongono "non resterà pietra su pietra" e di fatto tale profezia si realizzerà nel 70 d.C con la conquista della città di Gerusalemme ad opera di Vespasiano e la soppressione appunto del grande Tempio. Un vaticinio storico, che però sottolinea anche che tutto quello che è bello non è destinato a durare a lungo e occorre apprezzarlo e valorizzarlo fin quando possiamo fare uso. Occorre usare del mondo "come se non ne usassimo a fondo perché passa la scena di questo mondo"(1Cor 7, 31). Vivere il presente senza che il passato sia un assillo continuo e impostando il futuro con impegno e abnegazione costruendo il castello mattone dopo mattone.
Colui che è la luce del mondo ci invita quindi alla speranza, ma anche alla vigilanza e all'attesa attiva e costruttiva, non senza l'umiltà necessaria perché viviamo il presente nella prospettiva del futuro liberi da ogni timore e da ogni apprensione. Ciò che ci rende umani è la consapevolezza del limite della morte e per ciò stesso della provvisorietà perché da questa possiamo vivere come avendo la caparra dell'eternità. A vivere giorno per giorno orientanti dallo stesso Sole che viene dall'alto che dalla polvere vuole sospingerci verso l'alto, cioè verso la nostra vera patria che è nei cieli.