| Omelia (16-11-2025) |
| don Alberto Brignoli |
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Quel giorno... Quel "giorno che sta per venire, rovente come un fuoco" di cui ci parla il profeta Malachia nella prima lettura di oggi riporta alla mente dei meno giovani e di quelli che amano il canto liturgico - e l'arte in generale - le parole del "Dies irae", la sequenza della Messa da "Requiem" della liturgia pre-conciliare, che ben si addice sia ai giorni che abbiamo da poco celebrato (quelli dedicati alla memoria dei nostri cari defunti) sia alla conclusione dell'anno liturgico verso la quale ci stiamo avviando in maniera decisa. Si tratta, ovviamente, del giorno del Giudizio, il giorno della venuta finale del Signore nella gloria, alla fine dei tempi: un giorno che ha sempre suscitato anche fantasie e congetture, nell'immaginario umano. E quanto più il momento storico in cui si esprime l'immaginario è un momento di crisi, di gravi conflitti e di cataclismi, tanto più le espressioni letterarie su questo "giorno del giudizio finale" si fanno drammatiche e assumono tonalità forti e cupe. Malachia è considerato l'ultimo dei profeti minori, e scrive la sua opera a cavallo tra il ritorno dall'esilio di Babilonia e la ricostruzione del tempio di Gerusalemme: un'epoca di grandi attese per il popolo eletto, che tuttavia si scontra con un forte disinteresse per le cose di Dio. Il popolo d'Israele era tutto concentrato sulla magnificenza del nuovo tempio e dei suoi solennissimi riti, e aveva smarrito il senso profondo della fede in Jahvè. Molti secoli dopo, l'evangelista Luca, mentre lavora alla stesura finale del suo Vangelo (tra l'80 e il 90 dopo Cristo) ha certamente sotto gli occhi ciò che dieci anni prima era avvenuto con l'assedio di Gerusalemme e con l'ennesima e definitiva distruzione del tempio da parte dell'esercito di Roma. Il brano di Vangelo di oggi ce la presenta con una tale ricchezza di particolari che ci viene quasi da pensare che Luca fosse stato testimone oculare, quasi un "telecronista" di quel fatto. Ci racconta di quei personaggi con le manie da "Messia", che da alcuni anni circolavano per le strade della Palestina dicendo "Sono io!", alludendo appunto al Cristo ritornato in vita, e che ottennero solo il risultato di scatenare la suscettibilità dei Romani, timorosi di vedere minato il loro potere politico. E poi le distruzioni di una guerra civile che insanguina Gerusalemme, con atteggiamenti persecutori nei confronti di chi cercava di professare una fede in un Dio certamente più autentico rispetto a Cesare. A cui probabilmente si aggiunse anche la fatalità di alcuni eventi meteorologici particolari avvenuti proprio in quei giorni. Da lì a pensare che il giorno del ritorno Signore fosse vicino il passo era breve. Ma l'invito del Signore nel Vangelo di oggi è di grande realismo, e pure di grande speranza: "Non lasciatevi ingannare. Non andate dietro a loro", ci dice il Maestro riferendosi ai personaggi che si atteggiavano da Messia. In pratica, Gesù invitava i suoi discepoli, molti anni prima, a non vedere in questi "segni dei tempi" il giorno del giudizio finale. Anche perché, se questi fossero i segni che è giunto il giorno del giudizio finale, noi stessi dovremmo ammettere che questo giorno nel corso della storia è già capitato migliaia di volte! E aprendo le pagine dei quotidiani e dei social o vedendo le immagini televisive, ci accorgeremo che il "dies irae" è già qui, in mezzo a noi! Se leggiamo con attenzione le parole di Gesù, vedremmo quanta attualità in quello che disse duemila anni or sono! "Molti verranno nel mio nome dicendo "Sono io": non abbiamo forse anche noi, oggi, gente che dalle più diverse piazze, dai più svariati pulpiti e dai più variegati scranni del potere, in ogni parte del mondo, proclama al popolo suddito e becero: "Sono io la soluzione ai vostri problemi"? "Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno": non è forse ciò che regolarmente avviene, da decenni a questa parte, nelle Palestine, le Ucraine, i Sudan e le innumerevoli nazioni di questo mondo, che non fanno conoscere ai loro abitanti se non guerra e distruzione? "Vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze": quanti giorni passano senza che, da qualsiasi parte nel mondo, la terra tremi in maniera catastrofica portando dietro di sé "peste, fame et bello", senza poter mai riuscire a dire "Libera nos, Domine"? |