| Omelia (16-11-2025) |
| padre Antonio Rungi |
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In attesa del regno dei cieli Il Vangelo della trentatreesima domenica del tempo ordinario è quello della penultima domenica dell'anno liturgico C, che abbiamo celebrato e che sta per concludersi. Si tratta di un testo definito apocalittico, in quanto parla di quello che potrebbe succedere alla fine del mondo. È Gesù stesso che introduce l'argomento della fine dei tempi, attraverso il suo racconto di ciò che accadrà. Quando sentirete parlare di terremoti, pestilenze, guerre, carestie, catastrofi e altre cose del genere non vi impressionate. Cose che rientrano nella normalità. Pertanto non pensate che è subito la fine del mondo. In altre parole, non è la fine di quello che noi pensiamo e che ha attinenza con la fine di tutto. Da sempre ci sono state guerre, divisioni, catastrofi, terremoti, alluvioni, perché la storia di questa terra è segnata da tali eventi naturali anche se drammatici ed angoscianti. Ci troviamo di fronte alla oggettività della vita, che è un tempo unico di attesa dell'eternità. Siamo in cammino verso l'eternità, perciò proprio perché non viene subito la fine e noi siamo in attesa della rivelazione definitiva del regno di Dio in questo mondo, dobbiamo comportarci di conseguenza. Chi ha tempo non aspetti tempo a convertirsi al bene e a farlo continuamente. In attesa del secondo e definitivo avvento del Signore tra noi, dobbiamo essere pronti e vigilanti, cercando di evitare tutto ciò che potrebbe accelerare questa fine, questa conclusione nostra e altrui. L'uomo può, infatti, contribuire anche attraverso il suo operato a quello che è la distruzione del mondo o alla distruzione della vita propria e altrui. E sappiamo in che modo lo possiamo fare. Agendo da iniqui e non rispettosi della legge naturale e divina noi operiamo volontariamente o inconsapevolmente per distruggere e non costruire. L'altro tema che viene affrontato nel Vangelo di questa domenica da Gesù stesso è quello della perseveranza nella fede e nella risposta all'amore di Dio. Dobbiamo in qualche modo essere costanti nella nostra vita spirituale impegnandoci a vivere le virtù teologali partendo propria dalla fede che è il fondamento dell'agire, cristiano, che spinge nella direzione della carità e della speranza. Se manca la fede, la nostra vita è priva di prospettiva eterna. La perseveranza a livello cristiano si attua attraverso la partecipazione assidua alle celebrazioni liturgiche, con l'ascolto della parola di Dio e la messa in opera e attuazione di ciò che ci suggerisce. Dobbiamo avere il coraggio di mantenere saldi certi principi morali, tutti i comportamentali cristiani, che abbiamo scelto di seguire ricevendo il battesimo e confermando la fede con la cresima. Di fronte ad una cultura che coltiva il materialismo e il temporale in termini assoluti noi dobbiamo elevare la nostra mente e il nostro cuore al cielo pur camminando con dignità e carità su questa terra. Gesù stesso ci rassicura che il credere non è vano, lo sperare non è insignificante, l'amare non è inutile, ma tutto concorrere alla salvezza delle anime nostre e degli altri. Con la perseveranza salveremo le nostre anime. È quanto da sempre portiamo nel cuore e consideriamo essenziale in vista di essa. Il Signore ci sostenga in questo nostro desiderio di salvezza eterna, prendendoci per mano, come fa sempre, e illuminando il nostro oscuro cammino tra tante tenebre della terra verso la patria celeste che attende tutti per la gioia o la condanna senza appelli. Operiamo per il bene fino a quando siamo in tempo, senza trascurarci interiore e spiritualmente. |