Omelia (23-11-2025)
Missionari della Via


La solennità di Cristo Re dell'Universo conclude l'anno liturgico. Il Vangelo ci propone la sua "paradossale" regalità: il suo trono è la croce, la sua corona è un fascio di spine, i suoi gioielli sono i chiodi; non indossa abiti sontuosi ma è spogliato anche della tunica. Eppure, proprio in questo annientamento, un malfattore riesce a scorgere una signoria che non è di questo mondo, che parla di un regno "altro". Sì, proprio in Gesù, in quell'uomo che continua a pregare, a sopportare, a intercedere per i suoi uccisori, proprio in quell'uomo sfigurato risplende la bellezza di un amore più grande, la dignità di un regno che non è di questo mondo (cf Gv 18,36). «Perché la grandezza del suo regno non è la potenza secondo il mondo, ma l'amore di Dio, un amore capace di raggiungere e risanare ogni cosa. Per questo amore Cristo si è abbassato fino a noi, ha abitato la nostra miseria umana, ha provato la nostra condizione più infima: l'ingiustizia, il tradimento, l'abbandono; ha sperimentato la morte, il sepolcro, gli inferi. In questo modo il nostro Re si è spinto fino ai confini dell'universo per abbracciare e salvare ogni vivente. Non ci ha condannati, non ci ha nemmeno conquistati, non ha mai violato la nostra libertà, ma si è fatto strada con l'amore umile che tutto scusa, tutto spera, tutto sopporta (cfr 1 Cor 13,7)» (Papa Francesco).

Sarebbe però ben poco riconoscere Gesù come Re e acclamarlo come tale se non diventa il Re della nostra vita, se non gli lasciamo il primato, decidendoci a seguirlo! Proprio il cosiddetto "buon ladrone" ci offre un percorso, fatto di tre passi: riconoscere, confessare, affidarsi.

Primo: riconoscere. Mentre tutti tentano Gesù dicendogli di "salvare se stesso" e l'altro malfattore gli intima di provare che è il Cristo salvando se stesso e loro, il "buon ladrone" riconosce sia l'innocenza di Gesù sia le proprie colpe. Costui non si lascia travolgere dalle chiacchiere, non si lascia confondere dal "sentito dire" e dagli insulti, ma sa riconoscere l'innocenza di Gesù e, al contempo, sa riconoscere la propria condizione, senza cercare scuse o capri espiatori. Saper riconoscere i propri fallimenti e chiamare per nome le proprie colpe, sapersi insomma umiliare è la via perché Dio possa regnare. Non a caso la prima beatitudine è: «beati in poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3). Se il nostro "io" è troppo ingombrante, se non sappiamo ammettere ciò che non va, Dio non trova spazio...

Secondo: confessare. Questo malfattore confessa (cioè proclama) Gesù e, al contempo, confessa le proprie colpe. «Dio, appena gliene diamo la possibilità, si ricorda di noi. Egli è pronto a cancellare completamente e per sempre il peccato, perché la sua memoria non registra il male fatto e non tiene sempre conto dei torti subiti, come la nostra. Dio non ha memoria del peccato, ma di noi, di ciascuno di noi, suoi figli amati. E crede che è sempre possibile ricominciare, rialzarsi» (Papa Francesco).

Terzo: affidarsi. Quest'uomo non si è chiuso in se stesso ma si è rivolto con fiducia a Gesù. Ha chiesto a Gesù di essere ricordato e ha provato la misericordia di Dio. Gesù gli assicura che non solo si ricorderà di lui ma lo porterà con sé: «oggi con me sarai nel paradiso» (v. 43). Ecco in chi è riposta la nostra fiducia! Di cosa dovremmo temere? Lasciare che Gesù regni significa lasciargli il volante della nostra vita, significa fidarsi della sua Parola, certi che ci ha a cuore e che conduce la nostra vita verso il compimento. Sotto questa luce provvidenziale possiamo essere certi che tutto, ma proprio tutto, concorre ad un bene più grande.

Dinanzi a tutto ciò: «Chiediamo anche noi il dono di questa memoria aperta e viva. Chiediamo la grazia di non chiudere mai le porte della riconciliazione e del perdono, ma di saper andare oltre il male e le divergenze, aprendo ogni possibile via di speranza. Come Dio crede in noi stessi, infinitamente al di là dei nostri meriti, così anche noi siamo chiamati a infondere speranza e a dare opportunità agli altri» (Papa Francesco).

PREGHIERA

«Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno».