Omelia (09-11-2025)
don Andrea Varliero
La casa e il corpo

Oggi siamo spiritualmente pellegrini a Roma, entrando nella basilica di San Giovanni in Laterano, la più antica cattedrale al mondo, per fare festa alla casa e al corpo. È un po' vivere la liturgia della casa, riappropriarci della casa come spazio e tempo che narrano di Dio. È la casa che «riproduce ogni aspetto della vita. In cantina ci sono i nostri lati oscuri, quelli che non vogliamo affrontare, presenze ingombranti che non riusciamo mai a smaltire. In soffitta i ricordi dimenticati, quelli della famiglia allargata. La sala da pranzo è la nostra vita sociale. Il bagno il luogo in cui ci purifichiamo. La cucina è ciò che ci nutre o, al contrario, ci avvelena. La camera è il luogo dell'intimità e del riposo, in cui possiamo metterci a nudo senza paura» (Lidia Maggi). Tutto comincia tra le mura di una casa, da cui salpiamo ogni mattina; tutto termina appena chiudiamo la porta dietro di noi, porto sicuro dove approdare ogni sera. Tutto si vive dentro una casa: gioia e relazioni, incubi e oppressioni, violenza e intimità. La casa del crescere, la casa sognata, la casa svuotata, la casa memoria, la casa nostro monastero di intimità, esperienza di spiritualità.
Eppure, la casa intima non basta. Una popolazione antica, nomade, aveva un palo come punto di riferimento, un palo con cui viaggiare di oasi in oasi. Quel palo camminava con loro: lì stavano tutti gli antenati, lì tutti i valori, lì dove alzare lo sguardo nel pericolo, lì il loro centro di gravità permanente. Accadde che quel palo si spezzò: il popolo fu colto da disperazione, un'angoscia mortale. Senza quel centro non riusciva più a sostenere la vita. Abbiamo bisogno tutti quanti di un centro, di un sistema di valori, di una casa cui fare riferimento, altrimenti è solo disperazione. Al centro della città c'è sempre una cattedrale, una chiesa, un centro vitale necessario a non impazzire, soprattutto a rimanere umani.
No, non è un Tempio quello che ci accoglie la domenica, ma una casa. La Chiesa è nostra casa. È una casa di bellezza inenarrabile: quanti secoli di storia le appartengono, quanti dettagli che dicono di cura, quanta vita accolta. Qui, in questa casa, abbiamo vissuto i momenti più intensi della nostra vita: le lacrime per un addio, l'abbraccio per un figlio, la gioia di un amore, la bellezza di ritrovarci di festa in festa. Qui, in questa casa, ci sediamo attorno al tavolo di casa per ritrovare il gusto del Pane. «A Te il Regno dei Cieli, a noi la casa di Dio. Dove sei, Signore? In Cielo. Dove cercarti? Qui, in questa casa. Il tuo Cielo è troppo elevato perché noi possiamo raggiungerlo, ma possiamo incontrarti in questa casa, che è alla nostra portata. Il tuo trono celeste si erge sopra le fiamme, chi oserebbe avvicinarsi? Ma la tua Onnipotenza vive e dimora nel pane; chi vuole può accostarsi e gustarlo» (Balai, inno per la dedicazione di una nuova chiesa). È una casa che fa fiorire vita, da cui sgorga acqua viva, come un fiume da cui le radici degli alberi attingono, che fa sbocciare foglie medicina.
Pericolo sempre in agguato è confondere la casa con il mercato, una piazza affari: pericolo di ieri al Tempio, pericolo di oggi nella piazza del mondo. Fare della vita un mercato, arrivare persino a comperarsi Dio. Se mi fai questa grazia, se mi guarisci, se mi ascolti, se mi fai vincere, ti pago e ti ripago. Non l'ho mai visto così forte, non l'ho mai percepito così irato nostro Signore: per questo pericolo, di fare di Dio un mercato, una merce, sì, vale la pena ribaltare tutti i tavoli.
Oltre le mura, oltre i mattoni, c'è una casa pulsante di vita, una casa calda come un corpo umano, una casa di carne. «Parlava del tempio del suo corpo»: il nostro corpo è la casa più bella di Dio. Quante volte, invece, ci è sembrato un ingombro, un ostacolo. Quante volte lo abbiamo trattato come peccato e tentazione, più che intimità e preghiera. Una tomba dell'anima, più che esperienza di un Verbo che si fa carne in noi. C'è un corpo da ascoltare, da custodire, a cui voler bene, perché è narrativa di Dio, racconta del Dio che si fa umanità, corpo per tutti noi, narra di questo corpo capace di accogliere l'Infinito.
Abitiamo un tempo senza corpo, completamente digitale. Che questa nostra domenica sia riconciliazione con il nostro corpo, ascoltandolo. Una festa di profezia, in cui il corpo è tempio di Dio. Tutte le nostre bulimie, tutte le nostre anoressie, tutte le nostre ossessioni, tutte le nostre somatizzazioni, tutte le nostre ansie, siano abitate dalla Sua Presenza, dalla sua luce interiore, dal suo stesso corpo. Il corpo e la casa, straordinario cammino di vita spirituale, ancora tutto da vivere.