Omelia (01-11-2025)
don Lucio D'Abbraccio
Chi sono i Santi? La risposta sei tu!

Oggi celebriamo una delle feste più belle, e forse più fraintese, del nostro anno liturgico: la Solennità di Tutti i Santi.
Se vi chiedessi di pensare a un santo, probabilmente vi verrebbe in mente una statua in chiesa, un volto austero in un quadro antico o una persona che ha compiuto miracoli straordinari secoli o anni fa. Pensiamo a San Francesco, a Santa Chiara, a San Pio. E facciamo bene: sono giganti della fede, fari luminosi nel cammino cristiano. Ma se ci fermassimo solo a questo, ci sfuggirebbe il cuore pulsante di questa festa.
La festa di Tutti i Santi non è solo la celebrazione dei "grandi nomi" del calendario. È la festa di quella folla immensa di cui parla l'Apocalisse: «una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua».
Chi sono queste persone? Sono i nostri nonni che ci hanno insegnato il segno della croce con le mani tremanti. Sono quella mamma che, tra mille sacrifici, ha cresciuto i suoi figli con amore e onestà. Sono quel papà che torna a casa stanco dal lavoro ma trova sempre un sorriso per la famiglia. Sono quell'infermiere che, nella notte, offre una parola di conforto a un malato solo. Sono quel ragazzo che, a scuola, sceglie di non prendere in giro un compagno più debole, anche se rischia di essere escluso dal gruppo.
Questa è la folla dei santi: persone normali, con le nostre stesse fragilità, che hanno cercato di vivere un amore grande nel quotidiano. La santità non è l'assenza di difetti, ma la presenza traboccante dell'amore di Dio nel cuore.
Ma come si diventa santi? San Giovanni, nella seconda lettura, ci dà una risposta che dovrebbe farci tremare di gioia: «vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!».
Non diventeremo figli di Dio un giorno, in Paradiso. Lo siamo adesso, qui, in questo istante. Nel Battesimo il Padre ci ha adottati e ha impresso sul nostro cuore il suo sigillo d'amore. La santità, allora, non è uno sforzo eroico per diventare qualcosa che non siamo, ma è il lento e paziente sbocciare di ciò che già siamo: figli amati del Padre.
Pensate a un bambino che impara a camminare: cade, si rialza, piange, cerca la mano del papà. Non smette di essere figlio perché cade; anzi, è proprio nella caduta che sperimenta di più l'amore del genitore che lo solleva e lo incoraggia. Così è anche il nostro cammino di fede: il santo non è chi non cade mai, ma chi si lascia rialzare da Dio con umiltà.
Come l'acqua che trova sempre un varco tra le pietre, così la grazia di Dio continua a scorrere nella nostra vita, anche quando la strada sembra bloccata. E come il sole che illumina ogni cosa, anche quando le nuvole lo nascondono, così l'amore di Dio non smette mai di splendere sul nostro cuore.
Se il Battesimo ci rende figli, le Beatitudini sono la scuola in cui impariamo a vivere da figli. Non sono un elenco di regole, ma il ritratto di Gesù e, di conseguenza, del cristiano, del santo "della porta accanto". E sono completamente controcorrente.
Beati i poveri in spirito: il mondo dice "sii ricco, accumula, sii autosufficiente". Gesù dice: beato te quando riconosci di aver bisogno di Dio e degli altri. Beato te quando non ti vergogni di dire "non ce la faccio da solo, aiutami". La povertà di spirito è quella dell'imprenditore che, pur avendo successo, affida a Dio il suo lavoro. È quella dello studente che prega prima di un esame, non per un miracolo, ma per avere la serenità di dare il meglio. È quella di chi, come un GPS spirituale, si lascia orientare dalla Parola di Dio quando ha perso la direzione.
Beati i miti: il mondo ci dice "sii aggressivo, imponiti, alza la voce". Gesù dice: beato te, quando rispondi con la gentilezza alla maleducazione. Beato quel genitore che, invece di urlare a un figlio che ha sbagliato, usa la dolcezza per correggerlo. Beato quell'automobilista che, invece di suonare il clacson all'impazzata, fa un respiro profondo e lascia passare. La mitezza non è debolezza ma è la forza di chi controlla la propria rabbia, di chi vince l'ira con la pace del cuore.
Beati i misericordiosi: il mondo ci dice "chi sbaglia paga, non perdonare". Gesù dice: beato te, quando sei capace di perdonare quel parente con cui non parli da anni per una stupida questione di eredità. Beato te, quando dai una seconda possibilità a un amico che ti ha deluso. Perché anche noi, ogni giorno, camminiamo in "valli oscure" e abbiamo bisogno infinito della misericordia del nostro Buon Pastore.
Beati gli operatori di pace: il mondo vive di conflitti. Gesù dice: beato te quando costruisci ponti dove altri alzano muri. Quando in ufficio smorzi un pettegolezzo, quando in famiglia cerchi la riconciliazione. La pace non è assenza di rumore, ma presenza d'amore, come in una casa che ritrova l'unità dopo una tempesta.
Sant'Agostino diceva che le Beatitudini sono «la perfetta descrizione della vita cristiana». Non sono un ideale irraggiungibile, ma una strada quotidiana, un sentiero che si illumina passo dopo passo al sole della grazia.
La santità non è un privilegio per pochi eletti: è la vocazione di tutti. Oggi celebriamo il nostro "onomastico spirituale", la festa del nostro destino di figli amati.
In questo cammino non siamo soli: Maria, Regina di Tutti i Santi, ci accompagna come madre e maestra. Lei ha vissuto le Beatitudini in modo perfetto: è stata povera in spirito nel suo "sì", mite nel silenzio, pura di cuore, operatrice di pace. Cammina accanto a noi come il sole che sorge dopo la notte, come acqua viva che disseta il cuore arido.
E allora scegliamo una Beatitudine e mettiamola in pratica questa settimana: perdona una persona, consola chi soffre, dona pace dove c'è tensione. Così, passo dopo passo, entreremo anche noi in quella folla immensa di amici di Dio, dove Maria e tutti i santi ci attendono nella gioia eterna. Amen!