Omelia (01-11-2025)
don Alberto Brignoli
Beati, e felici, e santi.

Siamo alle solite: come ogni anno, ci ritroviamo qui, in una giornata più o meno uggiosa, camminando tra pozzanghere e tappeti di umide foglie, con l'umore altalenante di chi gioisce per un giorno infrasettimanale di vacanza (quest'anno, per altro, il calendario ce lo ha fregato un po'...) e di chi è triste pensando alla giornata di domani, nella quale riaffiorano ricordi, pensieri, sentimenti, dolore...
E come ogni anno, la Liturgia della Parola ci accoglie con un grido litanico, che in maniera incalzante ripete "Beati". Beati chi? Beati cosa? Se guardiamo al mondo in cui viviamo, queste litanie di beatitudine ci paiono quantomeno anacronistiche. C'è ben poco di cui possiamo stare sereni e dirci beati: se poi vediamo qualcuno a cui va bene tutto e se la vive serenamente, allora ci azzardiamo a definirlo "beato"... "beato lui!", "beata lei!". E così facendo, rimarchiamo ancor di più che a noi quella serenità che ci aiuta a sentirci "beati" manca veramente tanto, e diventiamo invidiosi verso quelli che invece vivono senza problemi, nella totale beatitudine.
Ecco: l'invidia verso chi sta meglio di noi. Forse potrebbe essere questa una chiave di volta per comprendere il senso delle Beatitudini del Vangelo e magari vivere questa giornata con un atteggiamento meno abitudinario, meno consueto, meno scontato. Perché il messaggio delle Beatitudini è forse il messaggio più vero, oltre che essere il primo, di tutto il Vangelo di Gesù: ovvero, ci dice che cosa il Signore vuole da noi. E fondamentalmente, vuole una sola cosa: che siamo felici.
La santità, in fondo, - quella santità che oggi, come ogni anno, celebriamo come qualcosa che non appartiene solo a chi ha collocato il proprio nome su un calendario preceduto da una "S" col punto - non è altro che vivere la vita con serenità, con felicità, nella beatitudine, certi di una cosa, quella che Gesù descrive nell'ultimo versetto del Vangelo di oggi: "Sai perché devi essere felice e beato? Perché io ho preparato per te una ricompensa grande, ho scritto il tuo nome nei cieli". E allora, perché mai devi essere invidioso nei confronti di quelli che, erroneamente, sei abituato a definire "beati" perché all'apparenza hanno più di te?
Puoi essere beato, e felice, e santo, se vivi in povertà di spirito, ovvero con quella semplicità di cuore e di mente che ti permette di vedere il bene in ogni cosa, a costo anche di sembrare ingenuo.
Puoi essere beato, e felice, e santo, se vivi in maniera mite, evitando di arrabbiarti per ogni fesseria, tant'è non cambia nulla anche se te la prendi...
Puoi essere beato, e felice, e santo, se sei capace di usare misericordia con gli altri, perché non puoi mai sapere cosa porta una persona a comportarsi in un certo modo, e quindi non puoi né giudicare né tantomeno condannare... pensa te, se Dio facesse la stessa cosa con te ogni volta che sbagli!
Puoi essere beato, e felice, e santo, se vivi con la purezza nel cuore, che in fondo altro non significa se non di evitare di essere malizioso, di vedere nero anche dove è bianco, e di pensare sempre male degli altri.
Puoi essere beato, e felice, e santo, se in tutto ciò che fai cerchi di costruire la pace, e se lo fai in maniera disinteressata, senza sbandierarlo ai quattro venti o postandolo sui social, perché la pace si costruisce così, per amore della pace, non per fare affari e nemmeno per ricevere un premio.
Vedi com'è facile essere beato, e felice, e santo? E se vuoi esserlo ancora di più, allora c'è un modo un po' più complicato, oltre a questo: ed è quello che hanno scelto di mettere in atto proprio quelle persone che oggi veneriamo come santi con la "S" maiuscola e puntata davanti al nome sul calendario.
Loro sono stati beati, e felici, e santi perché, trovandosi nel pianto, hanno avuto la pazienza e la speranza di essere consolati: e Dio li ha consolati.
Loro sono stati beati, e felici, e santi perché hanno avuto fame e sete di giustizia più che del cibo quotidiano, e si sono saziati lottando per la pace, la giustizia, l'uguaglianza e la solidarietà, spesso finendo per essere perseguitati da quella stessa giustizia che si è rivoltata contro di loro e che, divenuta ingiustizia, si è saziata del loro sangue.
Loro sono stati beati, e felici, e santi perché, insultati, hanno risposto benedicendo; perché, perseguitati, hanno risposto liberando; perché, calunniati a causa del nome di Gesù, hanno risposto con la verità e con l'amore.
E adesso, rimangono per noi un modello: irraggiungibile e inimitabile, per quasi tutti noi. Ma di certo, ci indicano la strada da percorrere. E pregano per noi, perché anche noi, come loro, possiamo raggiungere la meta.