| Omelia (02-11-2025) |
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COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di don Marco Simeone Ieri con tutta la chiesa universale abbiamo festeggiato i santi, cioè l'opera che Dio ha fatto in loro e con loro; oggi, invece, festeggiamo i "nostri" santi. Sì, perché sono le persone che il Signore ci ha messo vicine (è vero che oggi si intercede per tutti i defunti, ma ovviamente questo concetto universale per noi passa attraverso il nostro particolare), con loro abbiamo iniziato a scoprire il mondo, l'amore che è la nostra vocazione essenziale lo abbiamo iniziato ad imparare da loro. È anche vero che abbiamo imparato sia dalle loro scelte azzeccate che dai loro errori: è un processo lungo, a volte potremmo ancora essere arrabbiati o feriti, a volte vorremmo avere ancora un pochino di tempo per potergli dire grazie o per chiedere scusa... Tanti sentimenti e tanti pensieri. Quando si entra in questa parte del cuore c'è proprio tanta roba da dover sistemare, da dargli un posto, da dover discernere cosa trattenere e cosa buttare via. È un lavoro così difficile che poi alla fine chiudiamo l'acceso a questa zona e facciamo finta di non pensarci. Oggi non solo ci entriamo dentro, ma con una torcia capace di illuminare ogni buio entriamo e andiamo a mettere a posto le cose: lo schema per farlo ce lo presta la liturgia. La nostra luce è la Resurrezione: il cuore della nostra fede è credere che Gesù è morto in croce per me, per salvarmi dai peccati e dalla morte, ed è risorto per me, capolavoro dell'amore fedele del Padre. 1° lettura: Io so che il mio Redentore (Goel) è vivo: il Goel era il parente ricco e forte che salvava, riscattava o vendicava il parente più fragile. Quando Giobbe pronuncia queste parole è arrabbiato con Dio, quasi che invocasse un altro redentore a far valere la sua innocenza davanti al Signore, dopo l'incontro col Signore si è accorto che quelle parole erano vere ma non nel senso che gli aveva dato prima. Il mio Redentore è vivo e mi farà giustizia: si prenderà cura di me. 2° lettura: lo Spirito Santo apre il mio cuore a riconoscere l'evidenza dell'amore del Padre: quando eravamo peccatori (significa prima del Battesimo) e nessuno poteva dirsi giusto o invocare un perdono, quando nessuno poteva meritare la clemenza, proprio allora il Padre manda il Figlio: questa frase la capisce fino in fondo solo un genitore. Voi chi mandereste a fare un compito rischioso per salvare gente che non se lo merita, voi stessi o il vostro figlio, l'unico, quello che amate? Questo è il manifesto dell'amore della SS.ma Trinità: il Padre manda il Figlio, il Figlio che accoglie e compie la missione di salvarci nel Suo Sangue e ci rende capaci di accogliere e di custodire lo Spirito Santo che, a Sua volta, incessantemente ci sospinge verso il Padre. Vangelo: la volontà del Padre è la salvezza donata, a chi si rivolge, cioè si affida, al Figlio. Credere in Gesù vuol dire "appoggiarsi" a Lui Via, Verità e Vita; come Gesù fidarsi del Padre fino a consegnarci totalmente a Lui che è capace di difenderci dalla morte, è Colui che ci fa fare la nostra Pasqua, definitiva, totale, eterna. Questa è la fede nella Resurrezione: e noi crediamo che i nostri cari abbiano vissuto la loro Pasqua, ora sono nell'abbraccio del Padre. Stanno a posto. Sono arrivati. Ora sono con chi li conosce e li ama dall'eternità. Stanno a casa. Questa è la nostra forza e la nostra pace, allora possiamo stappare il cuore, lasciare che questa luce disinfetti e guarisca i dolori che, più o meno profondamente, ci portiamo dentro. A questo punto 2 sono le cose da fare: la memoria grata e la riconciliazione. La memoria grata è imparare a dire "grazie" a chi si è preso cura di noi e ci ha voluto bene: ogni atto di bene va riconosciuto come tale, dire grazie significa aver capito. Ogni tanto vorremmo avere ancora un pochino di tempo per ringraziare: impariamo a dirlo ora, a chi ci sta vicino, anche a costo di sembrare inopportuni; ma a dirlo anche a loro attraverso la preghiera e a dire grazie anche al Signore che ce li ha donati. Allo stesso tempo è possibile che con qualcuno dei nostri ci dobbiamo ancora riconciliare: possiamo perdonare e lasciare andare quello che viene dalla pochezza della condizione umana e tenere solo il buono, guardare alle intenzioni più che ai risultati, comprendere e amare (la carità tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta ). L'intercessione è questo: consegnare i nostri cari defunti al Signore che porti a compimento l'opera che ha iniziato in loro, che la Pasqua illumini e guarisca tutto di loro. L'intercessione è chiedere al Signore il loro bene: in fondo voler bene è questo, desiderare che l'altro possa raggiungere il suo bene sommo, cioè l'abbraccio col Padre. Per noi allora resta la pace e uno sguardo rinnovato sul nostro tempo: noi siamo in attesa del cielo dove tanti santi, famosi e non, ci aspettano per accompagnarci; è questa speranza che ci dona la pace, che mette tutto nella giusta prospettiva, che ci fa capire quanto questo sia solo un frammento di tempo ma che, allo stesso tempo, è il frammento che viviamo, da non sprecare. Se poi ci dovesse passare per la testa un piccolo dubbio, basta ripetersi le parole della 2° lettura: "Se infatti, quand'eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita" e trovare la pace. |