| Omelia (04-11-2025) |
| Missionari della Via |
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Quanto desideriamo la pace del cuore, la benedizione di Dio, la vita eterna... Quanto ammiriamo (se non altro nelle processioni o nelle feste patronali) i santi e le sante (anche se spesso non sappiamo nulla o ben poco del loro vissuto). A volte sembra tutto così alto, così inarrivabile... un po' come disse quel tale: «Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!» E invece tutto è offerto, tutto è donato, tutto è a portata di mano ma chiede il nostro coinvolgimento. Per farlo capire, Gesù racconta la parabola del banchetto, che ci presenta la vita come un invito e il regno di Dio come una festa. Ma quelli che avrebbero "le carte in regola" per partecipare e sedere a mangiare rifiutano, anteponendo all'invito altre cose: il lavoro nei campi, i buoi da provare, gli affetti... Ognuno aveva il suo interesse e questo interesse era più grande, più importante dell'invito. Sembra paradossale eppure è così frequente! Quante volte siamo così legati ai nostri interessi da perdere di vista Dio e gli altri; quante volte sacrifichiamo la vita spirituale e gli affetti per il possesso dei beni, o per i nostri piaceri; quante volte reputiamo "le cose di Dio" una perdita di tempo rispetto ai nostri divertimenti. Gli esempi, a partire dalla quotidianità, si potrebbero moltiplicare: è ora della messa? C'è casa da sistemare. Ci sarebbero delle catechesi nutrienti? C'è l'hobby da coltivare. È il momento di pregare? Ci sono le faccende di casa da completare. In fondo, le nostre scelte dicono qualcosa di noi, ci parlano delle nostre priorità, di ciò che ci sta veramente a cuore e che, talvolta, imprigiona il nostro cuore. Pertanto il Signore, nel desiderio di scuoterci, racconta questa parabola che si conclude in modo paradossale: il padrone di casa invita gli ultimi, i meno fortunati della società. Come a dire: al banchetto partecipano i poveri, gli affamati ovvero coloro che non hanno lasciato soffocare dal mondo finito l'anelito di infinito che recano nel cuore. Sì, «Il biglietto di entrata è essere ammalato, è essere povero, è essere peccatore. Proprio questo è il biglietto di entrata: essere bisognoso sia nel corpo sia nell'anima. E per bisogno si intende il bisogno di cura, di guarigione, avere bisogno di amore [...] Io mi domando: cosa sentono questi che non sono disposti a venire a questo banchetto? Si sentono sicuri, si sentono salvi a loro modo fuori dal banchetto. E hanno perso il senso della gratuità, hanno perso il senso dell'amore e hanno perso una cosa più grande e più bella ancora e questo è molto brutto: hanno perso la capacità di sentirsi amati. Quando tu perdi - non dico la capacità di amare, perché quella si recupera - la capacità di sentirti amato, non c'è speranza: hai perso tutto [...] Da parte nostra, occorre guardare invece il padrone di casa che vuole che la sua casa si riempia: è tanto amoroso che nella sua gratuità vuole riempire la casa. E così chiediamo al Signore che ci salvi dal perdere la capacità di sentirsi amati» (papa Francesco). Sì, che il Signore ci aiuti a sentirci amati, a sentirci bisognosi del suo amore, senza mai anteporgli nulla. |