Omelia (02-11-2025)
don Michele Cerutti
In comunione con i nostri defunti

Ieri la liturgia ci invitava ad avere uno sguardo rivolto verso la Gerusalemme celeste, la Chiesa trionfante.
Oggi siamo esortati a unirci in preghiera con la Chiesa in cammino, nella realtà purgante, dove si trovano i fratelli e le sorelle che una volta lasciato questo mondo debbono proseguire il loro cammino di purificazione in attesa di congiungersi con i campioni della fede, i santi, ovvero coloro che vivono nella piena comunione con Cristo.
Qualche anno fa uno zelante parroco che voleva contraddistinguersi per modernità, se così si può dire, in una rivista parrocchiale affermava che il Purgatorio non esiste.
A me consola il fatto che nella misericordia di Dio abbiamo una strada di purificazione che riesce a coprire ciò che in vita non siamo riusciti a sanare.
Ogni anima è preziosa ed è costata il Sangue di Cristo e che Dio stesso ci offra una strada per riconciliarsi anche dopo la morte non può che riempirci di gioia e ci aiuta a comprendere come la misericordia di Dio va oltre i nostri piccoli ragionamenti.
Questo comporta per noi che pellegriniamo su questa terra la responsabilità della preghiera per i nostri cari e oggi si concretizza ancor di più questa comunione con loro.
Come suffragare i nostri defunti? (suffragare deriva dalla parola latina suffragi che significa soccorrere, sostenere aiutare).
Le vie che la Chiesa offre sono essenzialmente tre.
La prima si ha con la celebrazione di Sante Messe, mentre la seconda con i meriti che acquistiamo compiendo opere di carità ed infine con l'applicazione di indulgenze.
Non siamo soli e nel compiere queste pratiche in comunione con la Trinità produciamo frutti di bene a favore di tutti.
Mi soffermo sull'aspetto dell'indulgenza che ogni tanto genera confusione.
Partiamo da quello che il Magistero e quindi la teologia cattolica ci insegna affermando che ogni nostro peccato ha una duplice conseguenza genera una colpa e comporta una pena.
Questo è il principio. La colpa che comporta rottura dell'amicizia con Dio viene rimessa con l'assoluzione sacramentale della confessione.
La pena permane oltre l'assoluzione. Ci aiuta un esempio che può essere utile per comprendere.
Il caso di una ferita che smette di sanguinare è causa di dolore e il corpo inevitabilmente prende del tempo per ricostruire il tessuto.
Il peccato come una ferita anche dopo l'assoluzione permane come debolezza.
L'indulgenza diventa un cicatrizzante.
Non c'è vendetta di Dio ma occorre tempo per rigenerare la nostra capacità di amare Dio sopra ogni cosa.
Riscopriamo la Messa per i defunti. Mi piace pensare alla richiesta di Monica la madre di Agostino. Lei muore ad Ostia nelle mani del figlio e colpisce come lei stessa chiede ai due figli prima di spirare di ricordarla nelle Sante Messe.
Nell'Eucaristia c'è il sacrificio più alto di Cristo.
Infine, abbiamo le piccole opere di carità con somme di elemosina fatte per ricordare i defunti.
Riscopriamo il bene che possiamo fare attraverso anche azioni concrete di aiuto ai fratelli. Creiamo quella comunione in terra che facciamo respirare anche in cielo.
I nostri defunti ci riconosceranno quando toccherà a noi e quindi scopriamo la forza del loro ricordo.