Omelia (19-10-2025)
padre Gian Franco Scarpitta
Preghiera e fiducia

La preghiera e la fiducia sono alla base della pedagogia delle Letture di oggi. Sono due realtà che si implicano a vicenda poiché pregare vuol dire esternare al Signore le proprie apprensioni, i sentimenti, le impressioni e non di rado anche le richieste specifiche con la convinzione di essere comunque ascoltati e di ottenere sempre, in un modo o nell'altro, una risposta. Appunto per questo nella preghiera non si può omettere di aprirsi a Dio confidando in lui, disponendoci ad aver fiducia in lui. Il brano del Vangelo che ci viene proposto da Luca, descrive la situazione di una vedova che chiede insistentemente che un giudice ostinato nella perfidia, nel cinismo e nella refrattarietà si adoperi per renderle giustizia contro un suo avversario e la parabola è abbastanza eloquente e allusiva. Le vedove nell'Antico Testamento erano considerate infatti una categoria sociale fra le più deboli, accanto agli orfani, ai poveri e ai diseredati poiché l'assenza di un sostegno maschile impediva loro di avere rilevanza sul sociale e anche ottenere giustizia era per loro una sfida. Dio è sempre stato però dalla loro parte, le ha sempre aiutate e sostenute e ha ricompensato la loro fede e la loro carità, come dimostra l'esplicito episodio della vedova di Zarepta che accoglie Elia nella sua casa (1Re 17 - 18); anche nel caso di Rut, vedova moabita che ottiene accoglienza in Israele. Nel presente episodio la vedova viene adoperata come metafora della giustizia divina, ma soprattutto dell'efficacia della preghiera. Questa donna ottiene infatti quello che cerca da parte del giudice insolente, cioè la giustizia, perché questi si vede continuamente importunato da lei. Le sue insistenze lo hanno mosso a compassione o forse lo hanno sollecitato a liberarsi quanto prima di un fastidio, anche se questo tutore della legge avrebbe preferito non considerare le petizioni di questa donna. Ora, se un giudice spietato si è convinto ad accontentare una vedova, cioè una donna socialmente deprezzata, tanto più Dio, Padre di misericordia e amico degli ultimi e degli esclusi, ascolterà il grido delle "vedove", cioè di tutti coloro che umilmente si affideranno a lui. Anche Dio è un giudice al quale dovremo tutti rendere conto al momento opportuno, tuttavia in lui prevale la misericordia sul giudizio perché il giudizio (per gli uomini) sarà senza misericordia contro chi non ha usato misericordia (Gc 2, 13); e soprattutto Dio è un giudice amorevole che non si stanca mai di ascoltare le preghiere di coloro che, specialmente reietti e abbandonati, si aprono a lui con fiducia.
La parabola sottende alla necessità di pregare instancabilmente. Paolo esorta: "Pregate incessantemente; non spegnete lo spirito e in ogni cosa rendete grazie"(1Ts 5, 17 - 19).
Nella preghiera peraltro vi è anche la possibilità di incentivare la speranza e di non darla vinta allo scoraggiamento. La stessa vita di orazione cioè, nel suo stesso esercizio, ci infonde coraggio, forza e perseveranza in ogni cosa. La persistenza di questa vedova nelle richieste di giustizia ci ragguaglia poi del fatto che pregare vuol dire non mancare di fiducia, ma avere sempre ragioni per coltivare e accrescere la nostra fede. Anche quando sembra che nessuno ascolti la nostra orazione, anche quando siamo tentati alla resa e all'abbandono, gravati dalla tentazione di dover desistere, la preghiera ci rincuora e ci rafforza e intanto ci suggerisce di non perdere la fiducia. Pregare è altresì avere orientamento, comprendere alla luce dello Spirito quali siano le nostre vere aspirazioni e dove vogliamo veramente andare. Qual è il significato della nostra esistenza e della nostra vita? Quale il nostro destino? Dove vogliamo recarci e qual è la nostra vocazione? Seneca diceva che "Non ci sono venti favorevoli per u marinaio che non sa dove andare"; e se la riflessione razionale ci aiuta molto a comprendere il nostro orientamento, la preghiera ce ne dischiude la strada.
Pregare senza dubbio è una prerogativa personale e soggettiva. Essa certamente richiede fede, cioè apertura verso ciò che comunemente si ritiene inconcepibile e irreale e che solo il cuore può scoprire invece che davvero c'è.
Ciascuno da sempre coltiva il suo stile, la sua configurazione e soprattutto i suoi tempi e modi di pregare e tutti sono efficaci e produttivi purché li si eserciti nell'esternazione di quella fiducia indispensabile per non cedere.
La prima Lettura, che racconta di un evento spettacolare che si verifica durante un combattimento a Refidim, fra Mosè e gli Amaleciti, ci mette al corrente che nella vita spirituale non possiamo procedere sempre da soli, ma all'individualità va sempre affinata la condivisione, la compagnia e il supporto degli altri, specialmente nella lotta a mani nude contro avversità e problemi. Il fatto che Mosè è vittorioso sui suoi avversari quando alza le mani verso il cielo e soccombe ad essi quando le lascia cadere allude che la vittoria dipende tanto da come noi sappiamo perseverare nella fiducia nel Signore e come la preghiera personale sia un sostegno nell'inesorabile combattimento di ogni giorno. Che Aronne e Cur sostengano Mosè quando si stanca di tenere le mani sollevate, implica che occorre anche condividere i percorsi di vita e di lotta anche con coloro che ci stanno accanto e che il senso della comunione e della solidarietà che dovrebbe costituire la Chiesa sortiscono sempre i loro frutti alla Chiesa stessa e al singolo individuo. Martin Luther King diceva che occorre "durare in preghiera e sostenerci nelle sfide della vita"; l'aspetto individuale della nostra fede e l'assetto comunionale e comunitario in cui esso si realizza, come pure la conciliazione fra spirito individuale e vita fraterna incoraggia ulteriormente nell'affrontare e nel superare ogni sorta di prova.
In tutti i casi, occorre sempre persistere nella fiducia e nella speranza e la preghiera è un ricorso utile in tal senso, anche quando non siamo esauditi nelle petizioni specifiche o nella ricerca di vantaggi o di grazie particolari. Pregare vuol dire coltivare speranza, fiducia e perseverare nella consapevolezza di aprire il cuore a un Dio Giudice buono e giusto sempre e comunque attento all'ascolto e propenso a sostenere i percorsi della nostra vita. E che non mancherà di ricompensare la fiducia e la costanza di ciascuno.