Omelia (19-10-2025)
don Roberto Seregni
Senza stancarsi mai (Riflessione e testimonianza missionaria)

La domanda finale del brano di Vangelo di questa settimana ci porta nuovamente a riflettere sulla fede. La mia, prima di tutto.
Se il Figlio dell'uomo venisse adesso, se proprio ora bussasse alla porta di casa mia, troverebbe fede nella mia vita? Troverebbe tracce della piccolezza e della vitalità del seme di senape? Potrebbe scovare qualche gelso sradicato e trapiantato nel mare? Potrebbe rintracciare cammini samaritani di gratitudine?
La Parola ci chiama a fare un bilancio della nostra vita di fede. È tempo di potare, rinnovare e rinvigorire il nostro cammino.
Ripenso alla domanda a bruciapelo del Maestro, e mentre cerco di fare un bilancio personale di questi ultimi mesi, mi viene spontaneo ringraziare.
Da più di dieci anni vivo nell'estrema periferia di Lima, in Perú. Mi hanno affidato una parrocchia enorme, con ottantamila abitanti: una distesa di sassi e sabbia, condomini e baracche, spazzatura e traffico. Ringrazio perché i poveri, gli invisibili, quelli che agli occhi del mondo non valgono nulla, mi hanno insegnato che la fede è l'arte della fiducia e dell'abbandono. È facile credere quando stai bene, hai una casa, un lavoro, il frigorifero pieno e un letto tutto per te... Diverso è quando non hai nulla, e l'unica sicurezza del domani è che Dio non ti lascerà solo.
Non so se il Figlio dell'uomo troverà fede nel mio cuore arrugginito, ma sono certo che la troverà in tanti fratelli e sorelle che ho incontrato in questi anni di missione. Uomini e donne che, come la vedova della parabola, non hanno smesso di bussare alla porta del Padre del cielo, che non hanno perso la speranza e la pazienza, che si sono rimboccati le maniche per dare dignità alla loro vita.
Mentre scrivo queste righe, mi passano davanti agli occhi i volti, i sorrisi e le lacrime di tanti fratelli e sorelle che mi hanno insegnato cosa vuol dire credere e fidarsi di Dio, che mi hanno insegnato l'umiltà e la perseveranza della preghiera. Ringrazio il buon Dio per avermi dato maestri straordinari.
Dieci anni fa sono partito per la missione pensando di venire ad annunciare Gesù. Adesso mi accorgo che sono venuto in Perú perché Lui mi stava aspettando. Negli occhi neri della piccola María, che rovista nella spazzatura per riciclare la plastica e guadagnare qualche spicciolo per comprare le medicine per sua mamma. Nel sorriso a due denti di Rosita, che mi abbraccia forte ringraziando Dio per aver salvato sua figlia dopo un incidente stradale. Nelle lacrime di Milagros, che lascia un lavoro sicuro per aiutare i più poveri e mettersi alla prova. E potrei continuare per pagine intere...
In questa domenica missionaria, ho pensato di condividere con tutti voi la gratitudine, la bellezza e la fatica della missione. Mi affido alla vostra preghiera.

Grazie,
Don Roberto Seregni