Omelia (05-10-2025)
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)
Commento su Ab 1,2-3;2,2-4; Sal 94; 2Tm 1,6-8.13-14; Lc 17,5-10

Le letture di questa domenica ci propongono una riflessione sulla fede, una fede che spinge a credere senza veder subito realizzato il contenuto della richiesta (prima lettura), che aiuta ad andare avanti nonostante tutto (seconda lettura), che spinge a mettersi al servizio senza pretese di ricompensa (vangelo).

La prima lettura ci propone una situazione che in qualche modo ci trova protagonisti in questi giorni, in cui siamo spettatori di vicende dove il debole e il povero sono sopraffatti da potenti che perseguono i loro interessi senza timore. Il profeta Abacuc si chiede smarrito perché il Signore resti spettatore dell'oppressione: è ancora possibile credere? Anche noi, qualche volta in questo tempo, siamo portati a porci la stessa domanda! La risposta di Dio è un invito a conservare la fede, ad avere fiducia. Dio non promette interventi risolutori, chiede piuttosto il coraggio di una mentalità nuova, che sappia anche convivere con lo scandalo del male, facendone però un'occasione di radicale conversione.

Il Salmo 94 ci ricorda che Dio è la roccia sicura su cui fondare la nostra esistenza e la nostra storia, una storia che vuole essere di giustizia, di pace, di sicurezza e di speranza. La fede esige una risposta che sia visibile nei fatti, cioè in uno stile di vita che sia chiara testimonianza di colui in cui si crede: importante è accogliere il dono della misericordia e non indurire il cuore.

Nella seconda lettura Paolo, prigioniero in catene, scrive a Timoteo per incoraggiarlo e aiutarlo ad affrontare le difficoltà e lo sollecita a non aver timore di proclamare la sua fede davanti a coloro che lo perseguitano, prendendo come insegnamento quello che ha ricevuto da lui con la fede e l'amore che sono di Cristo.

Nel Vangelo di Luca troviamo gli apostoli che chiedono al Signore di rafforzare la loro fede. Avere una fede più grande significa accettare un progetto non calcolato sulle nostre attese istintive, ma costruito sulle intenzioni di Dio, significa sentire la bellezza, la grandezza, il fascino di questo progetto e trovare il coraggio di affidarsi ad esso.

La gente non si lascia incantare dall'incoerenza di coloro che si professano credenti, vivendo però una fede evanescente, ma pretende che questa sia testimoniata non solo in chiesa, ma soprattutto nella vita di tutti i giorni. Chi accetta la logica del Vangelo (la fede) trova la forza di vivere anche in un mondo segnato dagli scandali. Egli, infatti, sa che il Signore costruisce il suo regno anche nelle situazioni più sfavorevoli, cioè nel mondo degli egoismi, dell'indifferenza e della violenza. Questa certezza è decisiva per strapparci dallo scoraggiamento e dall'inerzia.

Non si tratta di aumentare la fede, di averne tanta o poca, ma di vivere una fede autentica, genuina; allora ne basterà anche una briciola e, attraverso questo pur minimo spiraglio, si manifesterà la grandezza e la potenza di Dio. Dunque la potenza della fede è anzitutto la potenza dell'amore, quell'amore incredibile per l'uomo, per ogni uomo, che Dio ha manifestato nel suo Figlio e che rende il credente stesso capace a sua volta di amare.

C'è poi una seconda provocazione: siamo servi inutili: cioè il mondo è già salvo, non dobbiamo salvarlo noi. A noi Gesù chiede di vivere come uomini di fede e vuole farci capire che svolgendo quello che dobbiamo fare, siamo servi inutili: ognuno di noi ha il suo compito e nessuno più ritenersi più importante e superiore agli altri; se si svolge un servizio, qualsiasi esso sia, non lo si compie per cercare onore e ricompensa, ma perché l'essere cristiani ci spinge a questo. Gesù ci invita a superare quella mentalità farisaica per cui si accampano diritti e si pretendono riconoscimenti per il proprio operato nella vecchia logica del "do ut des", come se Dio fosse obbligato a ricompensare l'obbedienza ricevuta dall'uomo.

L'amore è gratuito e la gratuità ci fa liberi e simili al Signore. Questo è il primo servizio dei cristiani nel mondo, servizio che si applica anche nei rapporti interpersonali che devono essere gratuiti e senza alcun interesse di sorta, compresi quelli in famiglia tra uomo e donna, genitori e figli...

Noi siamo il nostro servizio, e non i nostri titoli e averi... servo inutile è colui che, in una società che pensa solo all'utile, scommette sulla gratuità, senza cercare il proprio vantaggio, senza vantare meriti. La fede si accresce nel servizio, nell'essere attenti alla Parola e disponibili all'azione, bisognosi di un dono che non viene da noi, ma viene dall'alto.

Chiediamo allora anche noi con gli apostoli: «Signore, accresci la nostra fede e aiutaci a diventare "servi inutili", senza pretese!»


Per la riflessione di coppia e di famiglia:

- Quando le cose nel mondo non vanno come noi vorremmo, a chi diamo la precedenza con le nostre scelte? Alla fede, oppure...?

- Esaminando i nostri comportamenti, quanto c'è di tornaconto e quanto di servizio?


Don Oreste, Anna e Carlo - CPM Torino