| Omelia (19-10-2025) | 
| padre Ezio Lorenzo Bono | 
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                        IL SEME SOTTO LA NEVE (Ignazio Silone) I. "Il seme sotto la neve" è il titolo del bel romanzo di Ignazio Silone, in cui si raccontano le vicende del giovane comunista Pietro Spina. Perseguitato per le sue idee antifasciste, fuggì dal suo paese d'origine in Abruzzo e vi ritornò poi come clandestino, accolto e nascosto da sua nonna, Donna Maria Vincenza. Ella, una matrona riconosciuta e rispettata, farà di tutto per riscattare suo nipote, ricorrendo con insistenza ad avvocati e politici per ottenere giustizia. Una donna decisa a scomodare tutti, non solo gli uomini, ma perfino Dio, come racconta l'amico don Severino allo stesso Pietro, al quale, alla fine del romanzo, parlando degli ultimi desideri della nonna, riferisce: «Ella spera, mi disse, di essere accolta in Cielo, non per i suoi meriti, si capisce, ma per quelli della comune redenzione. In vista del suo soggiorno lassù mi confidò un suo piano minutamente studiato. Se te ne parlo, Pietro, è perché ti riguarda personalmente. In Cielo dunque ell'è sicura di ritrovare tua madre ch'era una buona cristiana (spera di ritrovarvi anche tuo padre, ma gli uomini, per quello che lei ha in mente, non servono) ed è anche certa di ritrovare l'altra tua nonna che non hai conosciuta. Donna Maria Vincenza m'assicurò che se il Padre Eterno non ti prende direttamente sotto la sua protezione, loro tre eleveranno tali proteste che il Paradiso si trasformerà in un vero e proprio inferno, e non la smetteranno finché non otterranno quello che vogliono. Adesso tu ridi, Pietro, ma siccome conosco tua nonna molto bene, non ho il minimo, non il più pallido dubbio che manterrà il suo proposito». II. Nella Bibbia incontriamo varie donne che hanno "incalzato" Dio fino a quando non hanno ottenuto ciò che volevano. Sembra che Dio ascolti molto più le donne che gli uomini (forse Donna Maria Vincenza questo lo sapeva, quando pensava che "gli uomini, per quello che lei ha in mente, non servono"). Le preghiere insistenti di una donna smuovono Dio, come quelle di Anna, madre di Samuele, della regina Ester, di Maria che fa "anticipare" la propria ora al Figlio Gesù. O come quelle della Cananea, alla quale Gesù disse che non poteva dare ai cani ciò che era dei figli. Lei "impartirà" una lezione a Gesù, rispondendo che al banchetto del Regno c'è posto per tutti, anche per i cani. Così pure le preghiere della vedova che abbiamo sentito nel Vangelo di questa domenica, che importuna il giudice malvagio fino a ottenere ciò che vuole. Dio sa che deve ascoltare le donne, altrimenti queste scatenano il finimondo (Anche i mariti ne sanno qualcosa: quando la moglie si fissa su una cosa, nessuno - nemmeno Dio - gliela toglie dalla testa. Basta pensare a Eva, la prima donna: non ha obbedito a Dio, figuriamoci se obbedisce al marito). Sembra che Dio si vinca per sfinimento. Come fece anche santa Monica, che ha pregato tutta la vita per la conversione del figlio Agostino. Anche Donna Maria Vincenza, del romanzo di Silone, sembra dire le stesse parole di santa Monica, come ci riporta sempre don Severino: «Quaggiù, adesso non ho proprio più nulla da fare; quindi immagino che il Signore da un momento all'altro mi richiamerà a sé». Tanti non pregano più o perdono la fede perché non ottengono risposte, desistendo rapidamente dai loro propositi. Su questo punto offre una riflessione illuminante l'arcivescovo teologo mons. Giovanni Cesare Pagazzi (bibliotecario e archivista del Vaticano), in una catechesi dal titolo "Dalla paura alla fede" (si trova su YouTube) dove dice che dalla perdita della fede, della fiducia in Dio, ne consegue solo la paura. Il serpente aveva promesso mari e monti ad Adamo ed Eva (conoscenza illimitata, essere come Dio, ecc.), e invece, quando si "affrancano" da Dio, perdendo la fiducia in Lui, si ritrovano soltanto con la paura. Prima del peccato non avevano paura di niente, e ora si nascondono per timore. Ma hanno paura di che cosa? Mons. Pagazzi invita a non fermarsi a guardare ai "peccati", che sono solo "sintomi" (come i brufoli) di un male più profondo. Invita a scavare dentro di noi per arrivare all'origine della nostra paura, che è essenzialmente la paura di rimanere soli, abbandonati, perché Dio, pur esistendo, è percepito come uno che non è "capace" di aiutarmi. Il giudice malvagio della parabola sembra riflettere l'idea che spesso abbiamo di Dio: come di Colui che, volendo, potrebbe fare qualcosa per noi, ma non lo fa, e appare lontano dalle nostre preoccupazioni, dai nostri bisogni reali. Alla fine, però, Dio interviene e salva chi ha perseverato fino alla fine, e non chi si è perso a metà del cammino ("chi crederà fino alla fine sarà salvato"). La fede è non aver paura che Dio ci abbandoni. Un padre o una madre non abbandonano mai i loro figli ("se voi che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro..."). L'uomo importunato in piena notte dall'amico che gli chiede pani per degli ospiti arrivati all'improvviso, alla fine, "sfinito" dall'insistenza dell'altro, si alzerà. Così anche il giudice malvagio, che non teme Dio, alla fine verrà convinto per sfinimento. Perché Dio non può essere meno umano degli umani; non può essere meno umano dell'uomo che ha soccorso, controvoglia, il suo amico nella notte, o del giudice malvagio che fa giustizia alla vedova insistente. III. In conclusione. Il Vangelo termina con una domanda inquietante: «Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?». È curioso vedere che Gesù, alla fine, non vuole sapere se troverà l'amore, le chiese, le strutture, i dogmi, le organizzazioni, ecc., ma se troverà la fede. Perché questa è la cosa più importante di tutte. Se si spegne la fede, si spegne anche l'amore, la speranza, ogni altra cosa. San Paolo, che aveva detto che alla fine rimangono solo tre cose - "la fede, la speranza e l'amore, e più grande di tutte è l'amore" - al termine della sua vita afferma invece: "Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede". Non dice "ho conservato l'amore", ma "ho conservato la fede". Che, in fondo, è la stessa cosa, perché la fede è amore: amare è una "voce" del verbo credere. Gesù qui non si riferisce alla fine del mondo, ma alla fine del mondo di ciascuno di noi, alla fine del nostro mondo. Quando ci troveremo davanti a Lui, vorrà sapere se quel "seme sotto la neve", che ha piantato nella terra della nostra anima, è germinato, se è diventato un forte arbusto oppure se si è atrofizzato o addirittura è scomparso. E noi speriamo che, in quel momento, accanto a Donna Maria Vincenza ci siano anche le nostre mamme, le nostre nonne, le nostre zie, pronte a scatenare il finimondo pur di non lasciarci fuori dal Paradiso. E chissà che Dio - che sa bene quanto siano insistenti certe donne di fede - forse, per sfinimento e per amore, accoglierà anche noi tra le sue braccia. _______ Ti invito a guardare (e se ti piace metti un like o scrivi un commento) il videomessaggio settimanale di 30 secondi (in italiano, portoghese, inglese, francese e spagnolo) ispirato al Vangelo della Domenica, che puoi trovare (generalmente verso il fine settimana) sul mio profilo Facebook , Instagram e TikTok, sul mio canale Youtube e sul mio canale Whatsapp. Il testo del commento al Vangelo lo puoi trovare anche sulla mia WebPage, oltre che su Qumran2 e su lachiesa. Questo invito è aperto a tutti, ma in modo particolare ai fratelli sacerdoti: se desideri condividere un pensiero, un saluto, un commento, una parola di incoraggiamento o anche una critica costruttiva - per migliorare le mie riflessioni o semplicemente per avviare un dialogo fraterno e uno scambio di esperienze - sarò felice di leggerti. 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