Omelia (12-10-2025)
diac. Vito Calella
Tre motivi di gratitudine di fronte a tre manifestazioni di gratuità

Le varietà di "lebbra" nel contesto della nostra vita moderna
Nel passato la lebbra era una teribile malattia che condannava chi la contraesse all'inferno dell'isolamento dal resto della società e alla progressiva degenerazione degli arti e degli organi del corpo. La lebbra è sempre stata, in tutti i popoli, una delle manifestazioni più forti della miseria umana ed è stat interpretata come una conseguenza dei peccati della persona ammalata o dei suoi antenati. É come se fosse un terribile castigo divino. La sua guarigione è sempre stata considerata come uno dei segni più belli della misericordia divina e del riscatto della persona dalla sua miserabile condizione. Oggi è possibile guarire dal morbo di Hansen. Gli hanseniani (lebbrosi) possono tranquillamente convivere nella società, perché la malattia, pur mostrando sequele irreversibili, se affrontata con le cure adequate, non è più contagiosa come nel passato. La lebbra per noi, oggi, potrebbe diventare "malattia simbolica" di tutte quelle forme di dipendenze o schiavitù che affliggono la nostra società post moderna: abitudini nevrotiche, l'essere schiavi del tabacco, delle sigarette elettroniche, dell'alcool, dei vari tipi di droghe, dei giochi di azzardo e di scommesse online, del cellulare; l'essere schiavi del Dio denaro, avere la mania del culto dell'immagine di se stessi nei vari applicativi della rete internet. Molti non riescono a disintossicarsi dal legame affettivo ed effettivo di queste "lebbre" moderne e vivono disperati in un isolamento sociale, nonostante siano ben mescolati nella folla e ben conosciuti nel mondo delle relazioni virtuali. Non è più scontato che molti cristiani con certificato di Battesimo, Cresima ed Eucaristia si «ricòrdino di Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente di Davide, come è stato annunciato a loro nel Vangelo» proclamato durante la Messa domenicale e negli incontri di catechesi (cfr. 2Tm 2,8).
Tre motivi di gratitudine
Gratitudine per sperimentare l'impotenza

Vogliamo ringraziare Dio per le volte in cui abbiamo fatto esperienza di impotenza, avendo constatato l'impossibilità di vincere solo con la nostra buona volontà la dura lotta contro le più svariate forme di dipendenza e schiavitù, che sono paragonabili alla terribile lebbra del tempo passato. Immedesimiamoci nel grido dei dieci lebbrosi del Vangelo e facciamo nostra la loro preghiera di accoglienza dell'impotenza: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!» (Lc 17,13b). Nella nostra dichiarata impotenza scopriamo che Cristo, il risuscitato dai morti, continua a passare oggi attraverso il dono della sua Parola e dei Sacramenti, soprattutto l'Eucaristia e la Riconciliazione.
Gratitudine per la Parola di Dio non incatenata
Il secondo motivo della nostra gratitudine è questo: accanto alla nostra dichiarazione di impotenza scopriamo la forza liberatrice della parola di Dio. Noi possiamo ritrovarci incatenati dai nostri vizi, dalle nostre azioni nevrotiche, dalle nostre dipendenze e non riusciamo a liberarci. Invece «la parola di Dio non è incatenata!» (2Tm 2,9b).
L'incontro orante con la Parola di Dio diventa ossigeno per la nostra esistenza asfissiata dalle nostre più svariate forme di schiavitù. Tutte le volte che apriamo la Bibbia o ascoltiamo la parola di Dio proclamata in una celebrazione liturgica possiamo rivivere lo stesso incontro liberante con Gesù che sperimentarono i dieci lebbrosi e lo stesso incontro liberante di Naaman con il profeta Eliseo.
Gratitudine per l'opportunità di celebrare i sacramenti
Il terzo motivo della nostra gratitudine è dato dalla riscoperta del dono dei sacramenti per poter attivare in ciascuno di noi la potenza riscattatrice e sanatrice dello Spirito Santo, già donato e presente nelle profondità del mondo interiore della nostra coscienza.
Le parole del profeta Eliseo rivolte a Naaman lo costrinsero a procedere fino al fiume Giordano e realizzare il rito di immergersi sette volte nelle sue acque. Naaman all'inizio resistette, ma fu convinto dai suoi servi a confidare nelle parole del profeta e a procedere verso il fiume Giordano, nonostrante la "non cura immediata" della sua lebbra. Per noi cristiani quella scena ci rimanda al giorno del nostro battesimo.
Le parole di Gesù rivolte ai dieci lebbrosi li costrinsero a procedere verso il tempio di Gerusalemme, credendo alle parole del Maestro, nonostante la "non cura immediata" della loro lebbra. Furono curati prima di arrivare a Gerusalemme, prima di incontrarsi con i sacerdoti del tempio perché Gesù è l'unico sommo sacerdote servo in grado di salvare l'umanità, rappresentata dal gruppo dei lebbrosi, con la potenza dello Spirito Santo, dono pasquale del Padre unito al Figlio, riuscitato dopo il supplizio e la morte di croce. Gesù Cristo veramente presente nel santissimo sacramento dell'Eucaristia è l'unica fonte di liberazione con la forza della gratuità dell'amore divino.
Il fatto che un solo lebbroso curato, che era samaritano, tornò a ringraziare Gesù, prostrandosi dinnanzi a lui con gratitudine e la relazione interpersonale instaurata tra i due ci fa ricordade l'opportunità di poter celebrare individualmente il sacramento della Riconciliazione per sperimentare la gioia di una nuova fase della vita, non più schiava della lebbra dei nostri vizi e dipendenze.
Difronte a tre manifestazioni di gratuità
I tre motivi della nostra gratitudine sono come lo specchio delle tre manifestazioni della gratuità dell'amore divino verso ciascuno di noi.
La prima manifestazione di gratuità dell'amore di Dio verso di noi è data dal dono della fede: «Àlzati e va'; la tua fede ti ha salvato!» (Lc 17,19). La fede è prima di tutto un dono: Dio confida in ciascuno di noi e ci ama nella nostra condizione di fragilità qui ed ora. Prima dell'esperienza della guarigione dalla lebbra, in tutti e dieci i lebbrosi c'è quall'intuizione spirituale di non essere mai stati abbandonati da Dio, di non essere dei castigati o delle vittime della sua ira, ma di essere amati a partire dalla condizione di estrema fragilità e vulnerabilità. L'invocazione «abbi pietà di noi» non è un grido disperato, è sentirsi abbracciati dalla misericordia e fedeltà divina, nonostante la propria povertà.
La seconda manifestazione di gratuità dell'amore di Dio verso di noi è data dalla provvidenza divina che invia continuamente persone-angeli per aiutarci a superare le nostre più svariate forme di "lebbra moderna", cioè le nostre dipendenze e schiavitù. Il profeta Eliseo e i servi consiglieri di Naaman possono rappresentare simbolicamente il dono gratuito di amici, parenti, guide religiose, psicologi, catechisti che già ci aiutarono a direzionare la nosta esistenza verso Cristo, unico salvatore e donatore dello Spirito Santo.
La terza manifestazione di gratuità dell'amore di Dio verso di noi è data dalla presenza divina dello Spirito Santo viva e operante nel tempio della nostra corporeità vivente.
Se siamo stati guariti accettando con gratitudine la nostra radicale povertà, scoprendo con gratitudine il dono della parola di Dio e dei sacramenti, noi abbiamo permesso allo Spirito Santo di attivare tutta la sua forza sanatrice e liberatrice che ci ha salvato e ci ha fatto risalire dall'inferno del nostro isolamento e della nostra schiavitù. Grazie alla forza liberatrice dello Spirito Santo già presente in noi possiamo inneggiare alla Santissima Trinità il nostro salmo di lode: «Cantiamo al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto meraviglie. Gli ha dato vittoria la sua destra e il suo braccio santo.Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza, agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia. Egli si è ricordato del suo amore, della sua fedeltà alla casa d'Israele. Tutti i confini della terra hanno veduto la vittoria del nostro Dio. Acclami il Signore tutta la terra, gridate, esultate, cantate inni!» (Sal 97 della liturgia).