Omelia (31-10-2025)
Missionari della Via


Gesù è al banchetto ma non è particolarmente attento al padrone di casa e non ammira neanche le vivande che sicuramente erano allettanti, ma ha lo sguardo rivolto a chi passa da lì e ha bisogno. L'uomo guarito diventa il pretesto per un insegnamento sul valore delle regole. Sì, le regole ci parlano di umanità, non sono uno scoglio sul quale far schiantare chi ne resta fuori. Le regole e le opere che compiamo, quando sono prive di amore, diventano distruttive. Gesù per farlo capire tocca i suoi ascoltatori negli affetti più profondi: chi di voi, se ha un figlio, ma anche un animale che gli cade nel pozzo, non lo tira su perché è sabato? E cosa potevano rispondere davanti a quelle parole! Chi avrebbe detto: "faccio morire mio figlio perché la regola dice che il sabato non posso fare azioni troppo laboriose!". Dobbiamo pensare che questa regola era rispettata rigorosamente: il sabato per gli ebrei è lo Shabbat, la festa del riposo. In questo giorno, agli ebrei è prescritto di astenersi da ogni tipo di melachah, cioè attività creativa o produttiva. Eppure, Gesù fa capire loro che questa regola non può superare la carità, che le regole e i limiti possono e devono diventare possibilità di aprirsi all'amore, e sono per l'amore. Per capirci, se nella parrocchia o in convento o in famiglia ho da fare un servizio che mi compete, e lo faccio da tanto tempo, questo non mi autorizza a mancare di carità, di accoglienza, a non curare la mia vita spirituale. Mi capita di incontrare in giro persone che si dicono responsabili di questo e quell'altro che fanno rispettare regole comuni, insegnano cose ma non si confessano, non curano la loro vita spirituale. Come fanno a essere accolte altre persone in chiesa, cioè alla fede, se alcuni di noi si parcheggiano come un TIR in autostrada? Immaginate un TIR che in tutta la sua maestosità e grandezza si parcheggia in un luogo trafficato: non camminerebbe e non farebbe camminare neanche gli altri. Ecco in un certo senso le parole di Gesù ai farisei: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare» (cf Mt 23,13). Anche noi possiamo essere persone che non portano avanti la comunità, la famiglia, le cose belle, la fraternità perché avendo un ruolo vivono di regolette da rispettare senza accorgersi che perdono di vista la misericordia e la giustizia, e non amano più. Le regole e i ruoli trovano senso nell'amore. Anche noi possiamo essere soggiogati e inariditi da una fede che acclama Dio e uccide l'uomo, assorbiti da un Dio della legge, distaccato dall'amore. Non perdiamo occhi misericordiosi e mani accoglienti, non perdiamo il paradiso!

«Con grande abilità l'evangelista presenta due situazioni opposte: Gesù cura l'invalido liberandolo dalla sua infermità, ma questo di fatto rende infermi scribi e farisei che diventano folli. L'adesione e la permanenza volontaria in certi ambienti religiosi, fortemente inquadrati in rigide strutture che separano e isolano dagli altri, rende incapaci di dialogare, di confrontarsi con altre realtà, entrando in un circuito negativo dove si teme, rifiutandola, ogni proposta alternativa. Questo deliberato isolamento per difesa, per paura, diventa la propria volontaria prigione dalla quale è impossibile uscire. E la libertà viene vista come un pericolo. Per gli scribi e i farisei conta solo il fatto che Gesù abbia trasgredito pubblicamente il precetto del sabato. A loro non interessa la guarigione dell'uomo ma solo colpire l'artefice di essa. È per questo che confabulano tra loro su cosa fare a Gesù. Non si tratta di decidere se eliminarlo o meno, ma come e quando sia conveniente farlo» (p. Alberto Maggi).