| Omelia (30-10-2025) | 
| Missionari della Via | 
|  
                         I farisei si fanno portatori di una vera e propria intimidazione: sembra quasi che vogliano togliere Gesù dalla circolazione, nonostante non sia un violento, anzi tutt'altro! E allora perché hanno così paura? Perché il bene, quando si manifesta con forza e coerenza, mette in crisi il male. È una luce che svela le tenebre. Quando i semi del bene iniziano a germogliare, il potere del male vacilla! Gesù in questo brano evangelico preannuncia la sua morte, rivela che il bene per eccellenza, come seme, muore per rifiorire. Facendo ciò mostra il suo dispiacere, per tre volte nomina Gerusalemme, eppure non piange per la sua morte ma per la città che lui ama e che non gli corrisponde. Poi utilizza un'immagine molto dolce, quella della chioccia che raccoglie sotto le ali i pulcini. Questa espressione ricorda il Salmo 91,4: «Ti coprirà con le sue penne, sotto le sua ali troverai rifugio». Compare tutta la maternità di Dio che si fa accogliente e che mostra tutto il dolore del non essere accolto dai propri pulcini, da coloro che ama con tanta tenerezza e che vuole raccogliere in unità. Spesso penso che debba essere difficile vivendo con un criterio mondano capire questa dolcezza! Ci sono stati santi che hanno vissuto in convento attorniati da gente superficiale, che voleva primeggiare, che non sapeva essere umile e che creava loro sofferenza. Perché la presenza amabile, lieta, gioiosa, ferma, dolce, tenera ed esemplare di quel santo non ha sortito effetto su tutti? Ancor più, perché Gesù non ha convertito i cuori di tutti coloro che incontrava? Perché non è riuscito a vincere con la tenerezza la doppiezza e la mondanità di tanti? Perché Gesù si ritrova a dolersi per Gerusalemme che uccide i profeti e lapida coloro che gli sono stati mandati? Se mettiamo in fila le vicende della vita di Gesù, dal rifiuto dei suoi conterranei, alla gente che vuole lapidarlo, a Pietro, la roccia, che finge di non conoscerlo, fino ad arrivare al tradimento vero e proprio di Giuda, si arriva alla croce «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mt 27,46). Sì, Gesù attraversa un fallimento, anche relazionale, che crea dolore. E proprio nel momento in cui tutto sembra perduto, Gesù porta a compimento la sua vita, generando vita per tanti, vita che si moltiplica. Anche noi possiamo essere di quelli che chiudono il cuore, che intraprendono un cammino religioso non per cercare la santità, ma per colmare vuoti interiori, per sentirsi più amati, più riconosciuti. Possiamo abbracciare il sacerdozio mossi dal desiderio di essere migliori degli altri, di dimostrare qualcosa, di vincere una gara che nessuno ci ha chiesto di correre. Possiamo essere noi quelli che in famiglia creano problemi, che non pensano a dare ma vogliono continuamente ricevere attenzione e beneficio. Perciò, non meravigliamoci di Gerusalemme, non meravigliamoci della debolezza umana, siamo tutti piuttosto fragili e irriconoscenti! Dobbiamo convertirci ogni giorno, senza mai pensare di essere arrivati, senza smettere di lavorare su noi stessi. Ma, soprattutto, è fondamentale aprirci all'amore smisurato e dolcissimo che Dio desidera donarci. Solo chi ne fa esperienza profonda può imparare a vincere l'egoismo, a diventare amabile, a farsi dono. Solo chi si lascia trasformare da questo amore diventa una benedizione per gli altri, uno che cammina nel nome del Signore, portando con sé la luce della Sua presenza.  |