Omelia (24-10-2025)
Missionari della Via
Commento su Luca 12,54-59

Saper leggere la realtà, la storia e i momenti della nostra vita non è facile. Tutto può sembrarci passeggero e senza senso. Soprattutto alcuni dolori o fallimenti sembrano abbattersi all'improvviso su di noi ed essere incomprensibili. Eppure, c'è un modo di guardare che è quello spirituale, che racchiude provvidenza e speranza. Si tratta di riconoscere che Dio attraversa la storia e le vicende umane, anche gli sconvolgimenti più grandi; comunica con la nostra vita in modi talvolta imprevedibili. Possiamo stare tranquilli e andare sul sicuro: se Dio non parlasse i conventi sarebbero vuoti, i santi si sarebbero accorti della fregatura e i martiri si sarebbero ritirati di corsa. Dio che parla vuol dire che Egli abita la storia e comunica, si innesta anche nelle piaghe della realtà. Così il testo biblico racconta la vocazione di Amos: «Non ero profeta né figlio di profeta; ero un mandriano e coltivavo piante di sicomòro. Il Signore mi prese, mi chiamò mentre seguivo il gregge. Il Signore mi disse: Va', profetizza al mio popolo Israele» (Amos 7, 14-25). È un racconto semplice di un uomo chiamato ad essere profeta, che attraversa per questo anche tanto dolore; prima di allora era un mandriano e nessuno della sua famiglia era mai stato altro. La nostra primaria vocazione è alla vita, e già se vivo bene e con gratitudine sto facendo la volontà di Dio; poi ho una missione che sopraggiunge e mi trasforma e che devo intercettare nel dialogo con Dio. Come Amos che da pastore divenne profeta, anche in noi la vocazione può rivelare potenzialità che non sapevamo di avere. Saper leggere chi siamo e come spendere la nostra vita è un dono che si avvale dello sguardo sui "segni dei tempi". La storia, ciò che vivi, il tuo dialogo con Dio sono fonte di questo discernimento. Nella sincerità noi sappiamo leggere i segnali di tante cose, sappiamo capire quando arriva la pioggia, quando qualcuno sta male oppure è arrabbiato o gioioso. Gesù ci invita ulteriormente a uno sguardo profondo sulla vita, che sappia assaporare in modo contemplativo quello che ci circonda, persino la voce di certi luoghi. Alcuni luoghi parlano, raccontano, splendono di chi li ha abitati, rimandano a un di più! Alcune circostanze della vita ci parlano, ci guidano. Vivere da contemplativi significa saper leggere la realtà, senza vagare nell'irreale ma sapendo riconoscere la voce di Dio nella storia. Anche nelle nostre fragilità parla Dio. Il Vangelo ci fa l'esempio del giudice, perché la contemplazione è anche una chiamata a riconoscere che dentro di noi c'è un campo di battaglia, dove la pace va costruita, non è immediata; perciò dobbiamo essere disposti a crescere, a prenderci la responsabilità di giudicare ciò che ci abita dentro e non aver paura di metterci d'accordo, di venire incontro, di perdonare, di incamminarci. Oggi Gesù ci dice: "smettila di giudicare, guardare, esaminare gli altri, e cresci, cammina, avanza verso di me!". Avere un cuore contemplativo significa vivere riconoscendo il passaggio di Dio fuori e dentro di noi, riconoscendo che siamo stati benedetti da Dio (cf Gv 1,12-13). Questo apre alla consapevolezza che possiamo vivere da figli capaci di cogliere la presenza di Dio e leggere la storia con occhi nuovi.

«La contemplazione è uno spirito di sintesi nel guardare agli eventi, alle persone, alle cose. È la capacità di uno sguardo globale sulla realtà che permette di coglierla nelle sue giuste proporzioni [..] Anche nell'analisi della nostra personale vicenda di grazia e di peccato, se siamo contemplativi non saremo mai né bloccati da un peccato, dall'episodio di una caduta, né il ricordo dei frammenti negativi della nostra vita ci ossessionerà impedendoci di coglierne la positività che è tutta nello sguardo misericordioso di Dio sull'intera nostra esistenza. La contemplazione è uno spirito di longanimità che si nutre di pazienza nelle difficoltà e nelle sofferenze subite. È una qualità di perseveranza e di costanza che non sfocia mai nell'indurimento. Le storture, le difficoltà, le amarezze che la nostra vita e gli altri ci possono procurare, rischiano di farci indurire. [...] La contemplazione è uno spirito di distacco, la capacità di relativizzare tutto ciò che non è Dio» (Enzo Bianchi).



Preghiera di sant'Antonio Maria Claret

Io non ho conosciuto che molto tardi
le molte grazie che avete depositato in me.
Sono stato un servo inutile
che non ha negoziato come dovevo
il talento che mi avete dato.
Signore, vi prometto che mi darò da fare,
abbiate con me pazienza;
non mi ritirate il talento, lo farò fruttare.
Ma Voi datemene la grazia
con il vostro santissimo amore. Amen

(Missionari Clarettiani, Quadrimestrale religioso, XXX n. 3 settem bre/dicembre 2019)