Omelia (21-10-2025)
Missionari della Via


La nostra vita, in fondo, è una chiamata al servizio: siamo invitati a diventare dono per il mondo. Per questo, nelle nostre famiglie è importante coltivare ogni giorno la prospettiva del dono, del vivere per gli altri. Quando ci ritroviamo attorno alla tavola o viviamo momenti insieme, non limitiamoci a parlare di stipendi, di successi o di benessere materiale. Cogliamo invece l'occasione per riflettere su come vivere una vita piena, libera, gioiosa, una vita che sappia servire, amare, generare ricordi felici e autentici. Come cristiani, possiamo essere luce solo se restiamo spiritualmente svegli: cioè, se viviamo alla presenza di Dio, vigilanti nel cuore, attenti alle sue ispirazioni. Anche nel mondo del lavoro, dove spesso prevalgono logiche di potere, competizione e carriera, possiamo testimoniare che la vera gioia nasce dal dono, non dall'accaparramento. Allo stesso modo, con i più piccoli possiamo trasmettere la bellezza del vivere: non come corsa al successo ma come cammino condiviso, fatto di relazioni, di stupore, di scelte che generano vita. Ricordo una notte in particolare. Rientravo a casa dopo un lungo viaggio: erano le 1:30. Alzando lo sguardo, vidi la luce accesa di una finestra. Da dentro, si sentiva il suono di un videogioco: un adolescente stava giocando, immerso nel suo mondo virtuale. Nei giorni successivi, notai che i videogame erano il suo principale impegno, e mi colpì profondamente. La vita non va sprecata! Il gioco è bello, fa parte dell'esistenza, così come il riposo è una benedizione; ma quando la vita si chiude nel poltrire o nello spreco è un grande dolore. Quando smettiamo di chiederci qual è il nostro posto nel mondo, tutto perde senso e ci avvolge la tristezza. Ancor più da cristiani, il Signore ci invita ad essere pronti, persone che sono in relazione con il Signore. Un'educazione vocazionale alla vita ci aiuterebbe ad accorgerci che l'essere pronti tocca una parte ancora più profonda del fare, cioè la nostra interiorità, il nostro posto nel mondo, la nostra possibilità concreta di amare. Beati tutti coloro che Dio trova felici a vivere il dono della vita, a servire gli altri, a pregare, a lavorare, a corrispondere nella loro vocazione a un Amore grande, sovrastante e fonte della vera letizia.

«In un tempo come il nostro, in cui le passioni collettive sopravvissute al Novecento sono quelle tristi della paura e dell'insicurezza e dove regnano sempre più incontrastate le passioni dell'individuo, la cultura prodotta e veicolata dalle imprese globali è lo strumento perfetto per incarnare e potenziare lo spirito del tempo. Niente, infatti, come l'azienda capitalistica è capace di esaltare i valori dell'individuo e delle sue passioni. Ecco allora che le parole del ‘businness' e le sue virtù stanno diventando le buone parole e le virtù dell'intera vita sociale: nella politica, nella sanità, nella scuola. Merito, efficienza, competizione, leadership, innovazione sono ormai le uniche parole buone di tutta la vita comune [...] C'è una grande responsabilità oggettiva della società civile che non riesce più a creare sufficienti luoghi extraeconomici capaci di generare nei giovani e nelle persone virtù diverse da quelle economiche (...) Ieri, oggi, sempre ci sono virtù essenziali alla buona formazione del carattere delle persone, che vengono prima delle virtù economiche e di quelle dell'impresa. La mitezza, la lealtà, l'umiltà, la misericordia, l'ospitalità sono virtù preeconomiche, che quando sono presenti consentono anche alle virtù economiche di funzionare. Si può vivere senza essere efficienti e particolarmente competitivi, ma si vive molto male, e spesso si muore, senza generosità, senza speranza, senza mansuetudine» (Luigino Bruni).