| Omelia (12-10-2025) |
| Missionari della Via |
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Del Vangelo di questa domenica vogliamo cogliere tre aspetti: la compassione di Gesù, la purificazione dei lebbrosi e la gratitudine che conduce alla salvezza. Gesù è in cammino verso Gerusalemme, verso il pieno compimento del volere del Padre, ed è lungo questo cammino che il Divino Viandante va incontro alla sofferenza della gente. Dieci lebbrosi, gli esclusi, gli emarginati della società, gli vanno incontro e Gesù, "appena li vede", subito, senza aspettare un secondo di più, desidera guarirli. Gesù ha fretta di toccare la sofferenza, ha fretta di amare. Davanti al dolore dell'uomo, appaiono i tre verbi dell'agire di Cristo: vedere, fermarsi, toccare, anche solo con la parola. «Davanti al dolore scatta come un'urgenza, una fretta di bene: non devono soffrire neanche un secondo di più. E mi ricorda un verso bellissimo di Ian Twardowski: affrettiamoci ad amare, le persone se ne vanno così presto! L'amore vero ha sempre fretta. È sempre in ritardo sulla fame di abbracci o di salute» (p. Ermes Ronchi). «Andate... E mentre andavano, furono purificati». È interessante notare che i lebbrosi non guariscono quando giungono dai sacerdoti ma lungo il cammino. Ci fa capire che la guarigione è un cammino, comincia con il primo passo obbediente alla parola di Gesù. Tutti e dieci i lebbrosi sono guariti ma nove di questi guariscono e scompaiono; basta loro una semplice guarigione, non si pongono domande, non hanno nessuna forma di gratitudine, non comprendono che dietro la loro guarigione vi è molto di più, si accontentano di ridiventare persone fisicamente sane, normali. Invece un samaritano, uno straniero, si vede guarito, si ferma, torna indietro pieno di gioia. Il suo viaggio di ritorno è mosso dalla gratitudine, e Gesù al vederlo lo propone come modello di fede: «la tua fede ti ha salvato». Da questo comprendiamo che il centro di questo Vangelo è la fede che salva. Tutti e dieci i lebbrosi sono guariti, tutti e dieci hanno creduto alla Parola, si sono fidati e si sono messi in cammino ma uno solo è salvato. Uno solo è ritornato da Gesù. Questo lebbroso ha compreso che altro è essere guarito, altro è essere salvato. Davanti a tutto ciò chiediamo al Signore il dono di vedere la sofferenza, di toccarla, di accarezzarla, perché i poveri, i sofferenti, gli ultimi attraverso di noi possano contemplare un raggio dell'amore di Dio! «Si racconta che un giorno il grande Follereau, l'amico dei lebbrosi, facendo il giro dei lebbrosari del mondo, alla fine visitò l'ultima comunità. "Non ho più nulla da darvi disse Mi è rimasta solo la grande passione per ciascuno di voi, la gioia di stare con voi'" I 200 lebbrosi si consultarono e uno si fece avanti e chiese un dono: stringergli la mano. Rimase sorpreso, Follereau, per quella richiesta, per lui davvero piccola e spontanea. E così strinse le mani di tutti. Dopo una settimana ricevette una lettera dei lebbrosi che lo ringraziavano così: "Grazie, amico, il profumo della tua affettuosa condivisione è rimasto nelle nostre mani. Per questo, dal nostro incontro, non le abbiamo più lavate, per risentirlo ogni giorno". Odorare quel profumo era come sentire il profumo della vita. Follereau, che aveva fatto 66 volte il giro del mondo, tentando di coinvolgere tutti in una battaglia, che poteva e può essere vinta, così scriveva in un messaggio nel 1966: "Amare non è solo dare al povero qualcosa del nostro superfluo, ma ammetterlo nella nostra vita. Bisogna riconoscere con coraggio che con degli alberi di Natale non si risolverà la questione sociale, né il problema della fame e della lebbra. Il povero, il perseguitato, il malato, ha una sete confusa di ritrovarsi, di avere coscienza che è un uomo come gli altri e che ha il diritto di vivere e il dovere di sperare. Non accontentarsi quindi di lasciargli cadere in mano l'offerta, ma condividere la sua sofferenza, la sua ira, i suoi desideri, ed ammetterlo alla conoscenza dei nostri sentimenti: questo vuol dire amarlo.... Che il buon Dio ci dia delle noie, se queste noie ci conducono sul cammino dei nostri fratelli. Che ci faccia la grazia di essere angosciati dalla miseria universale, in modo che noi, gente terribilmente felice, possiamo chiedere scusa della nostra felicità (se l'abbiamo), imparando così ad amare». PREGHIERA Dammi, o Signore, occhi per vedere e mani per accarezzare coloro che sono nella sofferenza. |