| Omelia (12-10-2025) |
| Agenzia SIR |
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Rendere grazie a Dio Il Vangelo della XXVIII Domenica del Tempo Ordinario si apre con un'annotazione geografica: Gesù, diretto a Gerusalemme, attraversa la Samaria e la Galilea. Entrato in un villaggio, il Maestro è avvicinato da dieci lebbrosi, che lo supplicano a voce alta: "Abbi pietà di noi!". La lebbra a quei tempi non era solo una devastante malattia della pelle, ma anche il segno di una impurità interiore, di un peccato da punire con l'emarginazione dal contesto familiare, sociale e religioso. Il libro del Levitico descrive nei dettagli la condizione del lebbroso, escluso dalla comunità civile, rivestito di stracci e costretto a manifestare davanti a tutti la propria colpevolezza: "Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: Impuro! Impuro!" (Lev 13, 45). A motivo dell'accostamento della lebbra al peccato, l'attestazione dell'avvenuta guarigione richiedeva l'intervento dei sacerdoti con un rito di purificazione (cfr. Lev 14), che accertava il reinserimento nella comunità e la partecipazione al culto divino. I lebbrosi, restando a debita distanza da Gesù, non gridano la loro impurità, come avrebbero dovuto fare secondo la Legge, ma invocano pietà, desiderano essere guariti e purificati, appropriandosi di un'invocazione ricorrente nei Salmi al fine di sollecitare l'intervento pietoso di Dio (cfr. Sal 41, 5; 51, 3; 86, 3 e simili). Sant'Agostino, commentando questo episodio del Vangelo, invita i suoi fedeli a far tesoro dell'atteggiamento dei lebbrosi: "Non disperate. Siete malati? Avvicinatevi a Cristo e sarete risanati. E voi, risanati, rendete grazie a lui" (serm. 176, 5). Avvicinarsi a Cristo Medico, invocarlo per essere guariti e rendere grazie per i benefici ottenuti sono tre tappe che descrivono un cammino di conversione, preludio alla guarigione spirituale. Gesù non compie alcun gesto sui lebbrosi, ma indirizza lo sguardo su di essi e si limita ad un comando: devono recarsi dai sacerdoti, come prescriveva la Legge mosaica, per ricevere l'attestazione di guarigione. Il miracolo non si è ancora manifestato, ma i lebbrosi sono messi alla prova sull'autenticità della loro fede nella parola del Maestro e sulla capacità di obbedienza. Il miracolo si compie a distanza, ma a partire da questo assenso fiducioso e amorevole al comando di Gesù. Il Vangelo ci invita a metterci in cammino, custodendo la speranza che il Signore abbia già accolto la supplica di chi è nella prova ed abbia già operato efficacemente per la guarigione richiesta. La fede sostiene la debolezza della natura umana, alimenta la perseveranza e la fiducia in Dio ed apre gli occhi a riconoscere la sua opera. Passiamo ora alla seconda parte del Vangelo. Dal gruppo anonimo si stacca un personaggio, per giunta samaritano, uno straniero che Gesù presenta come il credente esemplare. La sequenza delle sue azioni consente di tracciare un percorso spirituale valido per ciascuno di noi: vedendosi guarito... è il momento di chi rientra in se stesso per riconoscere che la propria storia non è solo segnata dal peccato, ma dalla grazia di Dio che sana e fa percepire la bellezza di essere figli amati dal Signore; tornò indietro... abbandonando la strada che si è intrapresa, si ritorna da Colui che non si è mai allontanato da noi, anche se con il peccato potremmo aver posto una distanza tra noi e Dio; lodando Dio a gran voce... quando il Signore tocca il cuore e lo guarisce dall'incredulità, dalla paura, dal peccato, allora si dà spazio alla lode e ci si prostra ai piedi di Gesù in adorazione, riconoscendolo non semplicemente come il Maestro, ma come l'unico Dio, nostro Salvatore, allo scopo di ringraziarlo, perché è la sola nostra parola autentica di fronte al Signore. La gratitudine nasce sempre da una guarigione spirituale; è segno di povertà, di affidamento, di riconoscenza ed esprime il giusto culto a Dio. Del resto l'Eucaristia domenicale è per noi l'espressione massima di ringraziamento a Dio, che si dona nei segni del pane e del vino. A noi spetta di vivere e testimoniare questo rendimento di grazie, che procede dalla salvezza accolta per fede. Commento di Padre Pasquale Cormio, rettore della Basilica di Sant'Agostino in Campo Marzio e priore della Comunità agostiniana a Roma |