Omelia (05-10-2025)
don Lucio D'Abbraccio
La fede che sposta le montagne: servi inutili ma necessari!

«Accresci in noi la fede!». È la richiesta degli apostoli a Gesù. Quante volte anche noi, nelle difficoltà della vita, abbiamo gridato nel nostro cuore questa stessa supplica? Quando il figlio adolescente ci sfida, quando il lavoro diventa precario, quando la malattia bussa alla porta, quando le relazioni si spezzano!
Ma la risposta di Gesù ci spiazza: non ci offre una formula magica, non propone una palestra spirituale dove allenarci per aumentare la "quantità" di fede. Ci dice invece: «Se aveste fede quanto un granello di senape...». Un granello di senape! Il più piccolo dei semi conosciuti dai contadini della Palestina, quasi invisibile tra le dita, eppure capace di crescere in un arbusto rigoglioso.
Sant'Agostino ci aiuta a capire che Gesù non parla di «quantità», ma di «qualità». Significa che non serve accumulare devozioni o pratiche religiose se poi manca l'essenziale: la fiducia autentica in Dio.
Pensate a una mamma che deve dare una medicina al suo bambino malato. Non ha bisogno di essere un medico. Le basta fidarsi del pediatra e somministrare quel farmaco con amore. Quella è fede: fidarsi e affidarsi.
San Giovanni Crisostomo aggiunge che «la fede non si misura col metro, ma si riconosce dai frutti». E quale frutto produce la vera fede? Gesù ce lo mostra con un'immagine potente: «Sradicati e vai a piantarti nel mare». Un gelso, albero dalle radici profondissime, che si sposta nell'acqua salata. Impossibile! Eppure, se la fede è autentica, rende possibile ciò che pare impensabile.
Poi Gesù racconta una parabola che scuote le coscienze. Parla di un servo che torna dai campi dopo una giornata di fatica. Ha arato, ha pascolato, è stanco. Il padrone gli dice forse: «Vieni subito e mettiti a tavola?». No! Il padrone gli dice: «Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu». E conclude con parole che sembrano dure e che ci disorientano: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare».
Gesù non dice che non valiamo nulla, ma smonta la nostra logica dello scambio: io faccio qualcosa per Dio, e Lui mi deve ricompensare. Come se la fede fosse un contratto o una trattativa. Quante volte rischiamo di pensare così! «Prego tanto, ma Dio non mi ascolta». «Vado a Messa, ma non vedo risultati». «Faccio il bene, ma non ricevo nulla in cambio».
Dio non è un distributore automatico di grazie: inserisci la preghiera, ricevi la benedizione. È un Padre, e con Lui il rapporto è fatto di fiducia e gratuità.
Pensate a un marito che torna a casa e dice alla moglie: "Ho portato fuori la spazzatura, ho fatto la spesa, ora mi devi un applauso!". Suona ridicolo, vero?. Quelle cose fanno parte dell'amore, della vita insieme. Non sono meriti, ma gesti naturali. Oppure pensate a una nonna che ogni giorno prepara il pranzo per la famiglia, stira, mette ordine. Non lo fa per ricevere applausi, ma per amore. E se qualcuno le dicesse: "Nonna, sei inutile", si sentirebbe ferita. «Inutile» nel linguaggio di Gesù non vuol dire "senza valore", ma "senza calcolo", senza aspettarsi un tornaconto.
Santa Teresa di Lisieux lo capì profondamente: faceva le cose più semplici nel convento - lavare i panni, spazzare i corridoi, sopportare le consorelle difficili - "per puro amore". Non cercava di essere vista, ma di amare Dio in ogni piccolo gesto.
Madre Teresa di Calcutta, allo stesso modo, ha vissuto la fede dei piccoli gesti quotidiani: chinarsi su un moribondo, lavare una ferita, accarezzare chi non aveva più nessuno. Diceva spesso: «Non tutti possiamo fare grandi cose, ma possiamo fare piccole cose con grande amore».
E aggiungeva con umiltà disarmante: «Io sono solo una piccola matita nelle mani di Dio».
Una matita che lascia che sia Dio a scrivere attraverso di lei parole di misericordia, di tenerezza e di speranza.
Ecco la fede del granello di senape: una fede che non si mette in mostra, ma che, docile nelle mani del Signore, diventa strumento di miracoli silenziosi.
San Francesco d'Assisi, quando lodava Dio per frate sole e sorella luna, non chiedeva nulla in cambio. Amava e lodava gratuitamente. E quando serviva i lebbrosi, non contava le opere buone accumulate: serviva per puro amore.
San Pio da Pietrelcina passava ore nel confessionale, portando il peso delle anime. Non cercava onori o riconoscimenti, non faceva calcoli. Si definiva semplicemente "un povero frate che prega". Servo inutile, ma quanto necessario per tante persone. Quante anime ha sollevato con la sua umiltà!
La nostra società calcola tutto, misura tutto, paga tutto. Ma l'amore non si misura, non si compra.
La fede vera non contratta con Dio, non dice: «Io faccio, tu mi ricompensi».
È fiducia pura, gratuita, silenziosa.
E questa è la chiave: «servi inutili ma necessari». Inutili secondo la logica del guadagno, necessari secondo la logica dell'amore. Come un figlio che abbraccia il padre anziano e malato: quell'abbraccio non guarisce, ma è indispensabile perché quell'abbraccio sta a significare l'amore del figlio verso il padre. O come un papà che, stanco morto, dopo una giornata di duro lavoro, ascolta il figlio: quell'ascoltare, anche se si è stanchi, significa amore puro del padre verso il figlio.
E allora Gesù ci invita a ritrovare la libertà di servire senza vantarsi.
Nella vita di ogni giorno, questa logica evangelica prende volto in gesti semplici e nascosti.
Pensiamo a quelle mamme che si alzano di notte per il figlio che piange. Quel volontario che serve in silenzio alla mensa dei poveri. Quel catechista che prepara incontri anche quando i ragazzi sembrano distratti. Quell'anziano che offre la sua sofferenza in silenzio. Tutti "servi inutili", ma strumenti preziosi nelle mani di Dio.
E guardiamo infine a Maria, la Madre di Gesù, modello perfetto di questa umiltà. Quando l'angelo le annuncia che diventerà la Madre di Dio, non dice: "E io cosa ci guadagno?". Dice semplicemente: "Eccomi, sono la serva del Signore." Serva! Ma quale servizio più grande del suo? Ha dato al mondo il Salvatore, e non si è mai vantata. A Cana, non cerca applausi: dice solo "Fate quello che vi dirà." Sotto la croce, non urla al mondo la sua sofferenza, ma resta in piedi, silenziosa, fedele. Serva inutile per il mondo, ma necessaria nel disegno di Dio.
Chiediamo alla Madonna la grazia di una fede semplice, piccola come un granello di senape ma autentica. La grazia di servire senza calcoli, di amare senza pretese, di donarci senza aspettarci nulla. Perché la vera gioia non sta nel ricevere la medaglia del "bravo cristiano", ma nel sentire, un giorno, la voce del Signore che ci dirà: «Bene, servo buono e fedele, entra nella gioia del tuo Signore». E quella gioia nessuno ce la potrà mai togliere. Amen!