Omelia (28-09-2025)
don Giacomo Falco Brini
STAVA ALLA SUA PORTA

Domenica scorsa abbiamo ascoltato un severo monito da parte del Signore: nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza. C'è dunque un'assoluta incompatibilità di servizio tra i due. Perché se vuoi servire la ricchezza, questa ti farà anche sentire padrone della tua e della vita altrui, salvo nasconderti l'inganno di incatenarti ad essa per tutti i tuoi anni, con perdita di libertà e padronanza della propria vita. Mentre se servi Dio, vivrai l'esperienza che non stai servendo un padrone, ma un Padre che per primo serve i suoi figli, fino alla sorpresa di scoprire cosa significa essere veramente liberi e figli di questo Padre. L'amministratore disonesto della parabola ci ha mostrato la via della conversione: guadagnare l'amicizia di Dio investendo sui debitori come lui, assicurandosi in tal modo il futuro. Perché chi vive al servizio della ricchezza non ha futuro. Infatti, il monito di Gesù, nel vangelo di oggi, si amplifica oltre l'orizzonte temporale della vita.

Prima di tutto si noterà subito che la parabola viene raccontata ai farisei, gente religiosa che amava molto la ricchezza. E poi che la grande premessa del racconto è costituita da uno status quo molto definito tra 2 personaggi: c'è un uomo molto ricco, senza nome, vestito "alla moda", che mangia lautamente. E c'è un povero di nome Lazzaro, che ha come vestito la sua pelle piagata e non mangia per niente. La sua fame è tale da portarlo a desiderare di mangiare non da uomo, ma come un cane: bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco. La cosa più curiosa è che la distanza abissale del loro status quo non coincide con la distanza fisica tra i due: Lazzaro infatti stava alla sua porta. In questo particolare c'è già la denuncia della gravissima ingiustizia in vita. Se è alla sua porta, come è possibile non soccorrere Lazzaro affamato nelle sue sofferenze? Il vangelo ci dice che purtroppo è possibile. Al punto che un uomo può tranquillamente sorvolare sull'esistenza di Lazzaro, mentre persino i cani invece se ne accorgono! Può Dio accettare una simile ingiustizia?

Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Abramo è il primo amico di Dio nella fede; se Lazzaro è portato da lui, significa che è riconosciuto come amico di Dio. Capito? Non è il papa, non è don Giacomo o altri a dire questo, è la parola di Dio che lo rivela. Il povero che soffre ingiustamente sulla terra, chiunque egli sia, è un amico di Dio. Anche il ricco muore, viene sepolto e sta nei tormenti degli inferi. Non si dice affatto che siano stati gli angeli o Dio a mandarcelo. Ma dopo la morte questo è il suo status. Quando vede Lazzaro beatificato vicino ad Abramo ha un sussulto. E cosa chiede? Invece di chiedere perdono a Lazzaro, si rivolge ad Abramo e cerca di ottenere sollievo sperando che dia ordini a Lazzaro. E così anche successivamente, dopo aver ricevuto da Abramo la notizia che non c'è più niente da fare dopo la morte. Infatti, continua a chiedere di mandare Lazzaro a fare questo o quello, ad andare lì o là. Anche dopo la morte, il ricco si vuol servire di Lazzaro. Aveva avuto il tempo di imparare a servire Lazzaro. Non ha l'ha imparato prima, non può impararlo dopo. Non si è accorto in vita che Dio gli aveva mandato Lazzaro.

Tiriamo qualche somma, sperando di cuore che nessuno dei miei lettori sia così stordito dalle ricchezze come l'uomo della parabola. Perché già nella premessa del vangelo viene espresso il pericolo spirituale n.1 in cui può incorrere l'uomo. Essere così immerso nell'abbondanza da diventare completamente indifferente ai tanti Lazzaro che stanno alla nostra porta. Per sé stessa, la ricchezza non è un male. Fa molto male alla propria anima non condividerla con chi non ne ha per vivere. Cosicché tanti sul nostro pianeta vivono malissimo perché pochissimi vivono benissimo. Se i conti non tornano sulla terra non è certo perché Dio l'ha creata così. Il Vangelo ci avverte che poi Dio i conti li farà tornare dopo la morte. Superata quella porta, andrò incontro a quello che io stesso ho fatto della mia vita, con i pochi o i tantissimi beni messi nelle mie mani. Se erano al servizio dei fratelli per rendere loro un po' di giustizia, sarò libero di volare verso il Cielo, dove si vive da fratelli. Ma se erano solo per soddisfare il mio ego, incurante di loro, saranno le catene che mi tratterranno infelice sotto terra.