Omelia (28-09-2025) |
don Andrea Varliero |
Dell' inferno e del Paradiso che iniziano già qui e ora Come muoiono i figli di Abramo? Quali sono le ultime parole delle tre fedi monoteiste a cui i defunti vengono affidati? Nell'Islam è un lenzuolo bianco a coprire il defunto, si intona per lui una preghiera di perdono: «Allah, perdonalo, abbi pietà di lui, sostienilo e perdona i suoi peccati. Sii generoso con lui, agevola il suo ingresso e lavalo con acqua, neve e grandine. Purificalo dalle sue trasgressioni come un tessuto bianco viene purificato dalle macchie». Nell'ebraismo è una manciata di terra gettata in memoria del morto; per lui si prega il Kaddish, la preghiera al Santo dei Santi: «Sia il Suo grande nome benedetto per tutta l'eternità. Sia lodato, glorificato, innalzato, elevato, magnificato, celebrato, encomiato, il nome del Santo Benedetto. Egli sia, al di sopra di ogni benedizione, canto, celebrazione, e consolazione che noi pronunciamo in questo mondo». Nel cristianesimo è una tavola che accoglie i nostri cari defunti, la tavola dell'Eucarestia. Dove è proibito il contatto tra il Dio della vita e la morte, dove c'è netta separazione, il cristianesimo ne ha fatto una tavola di comunione, una tavola dove vita e morte si nutrono dello stesso Pane. E resto sorpreso che le ultime parole della liturgia cattolica cristiana: «In Paradiso ti accompagnino gli angeli, al tuo arrivo ti accolgano i martiri, e ti conducano nella santa Gerusalemme. Ti accolga il coro degli angeli, e con Lazzaro povero in terra tu possa godere il riposo eterno nel cielo». Il povero Lazzaro è l'ultima parola su questa terra, il povero Lazzaro è il primo volto incontrato nel volto di Dio. La tavola del mondo è da sempre apparecchiata male, oggi come allora: c'è un ricco vestito di seta e di lino, che mangia nei migliori ristoranti stellati, la vita come uno spreco ostentato. Come si chiama quel ricco? Non ce lo ricordiamo, non ha nome, la ricchezza gli ha rubato persino l'identità; eppure, tutti noi ci ricordiamo di nome e cognome dei ricchi di questo mondo, nelle pagine dei libri di storia, nei rotocalchi, nei siti internet. Di Lazzaro, invece, ci si ricorda il nome, viene nominato; per noi, invece, sono tutti uguali: i poveri non hanno nessun nome, sempre una massa anonima senza volto. Qual è la colpa del ricco? Mica ha ucciso, mica ha umiliato, mica ha offeso; semplicemente, è stato un indifferente. Tutti i giorni ha attraversato la porta di casa entrando e uscendo, e ha girato lo sguardo altrove, indifferente; non un gesto, una briciola, una parola. Scrive un uomo che ha conosciuto i campi di concentramento: «L'opposto dell'amore non è l'odio, è l'indifferenza. L'opposto dell'arte non è il brutto, è l'indifferenza. L'opposto della fede non è l'eresia, è l'indifferenza. E l'opposto della vita non è la morte, è l'indifferenza». (Elie Wiesel). L'indifferenza per cui l'altro neppure esiste, e Lazzaro è nient'altro che un'ombra fra i cani. Che cos'è l'indifferenza? È non volere vedere, è non vedersi, è non essere visti. È come sottrarsi allo sguardo, andando sempre oltre, senza riguardo. L'indifferenza è una mancanza di novità. Sempre la stessa vita, sempre la stessa Storia, sempre la stessa ricchezza, nessuna novità a questo nostro mondo, a questa nostra politica, a questa nostra Chiesa. L'indifferenza la stiamo respirando ogni giorno di più, ogni giorno di più ci uccide. Il ricco non se ne è mai reso conto, ma è morto ben prima di morire, è morto di solitudine, di indifferenza, di sete. Una sete eterna: un desiderio che nessun abito, nessun gusto, nessuna ricchezza, sono mai riusciti a dissetare. Sì, sono convinto che il Paradiso inizi ben prima della nostra morte, che la vita eterna fiorisca ben prima dell'ultimo respiro. Che quell'abisso, che ci sembra insormontabile, sia in realtà un ponte tibetano, tenuto su da quello che abbiamo legato qui in questa terra. La vita eterna entra con una vita di fede, entra con i gesti del quotidiano amore. Sì, sono convinto che già conosciamo l'Inferno, in questa nostra indifferenza, nelle nostre guerre, l'inferno visibile ad occhi aperti. Forse, ribaltando la prospettiva, una possibilità di Paradiso può iniziare già qui e ora: mi viene offerta dal povero Lazzaro. Non lo vedi? Ha gli occhi di un bambino impaurito, ha lo sguardo di una madre in fuga, ha il volto disperato di un padre. Chiamalo per nome, forse inizia un'umanizzazione che ci rende umani, forse un po' di Paradiso fiorisce tra le macerie di questo inferno. |