Omelia (28-09-2025) |
don Michele Cerutti |
Presbiopia spirituale Una pagina impegnativa la liturgia ci offre come occasione per richiamare ancora una volta, come ormai da settimane Luca ci abitua, a gestire le ricchezze, doni del Signore, con responsabilità. Rivolgendosi ai farisei Gesù utilizza, nella parabola, categorie familiari a questi e parla di Padre Abramo, per ricordare a loro che la Legge antica invita ad attenzionarsi al fratello nella condizione di povertà. Occasione per aiutarli a vivere la fede proprio nell'attenzione a chi è vicino. La ricchezza non è dannazione, lo diventa se ci rende ciechi e incapaci di condividere in maniera responsabile. Gesù vuole richiamare i suoi uditori e noi tutti a una fede che sia incarnata nel mondo. Quando la si vive in maniera disincarnata i rischi sono quelli di cui ci parla la parabola. Il ricco si rivolge con molta deferenza al Padre Abramo, ma ha per Lazzaro quella supponenza che rende l'epulone antipatico. C'è quella sorta di rispetto per Dio, ma senza avere quell'attenzione per il fratello, creato come dice Genesi, per ogni uomo o donna, a immagine e somiglianza del Creatore. L'epulone vede il povero con superiorità e quindi chiamato ad obbedire a un suo cenno e non si accorge che alla fine vuole comandare anche Padre Abramo dicendogli cosa deve fare. L'evangelista Luca ha, infatti, quella capacità di suscitare nel lettore quei sentimenti contrastanti di rabbia iniziale per l'arroganza del dannato che poi cede il passo al dispiacere per questo uomo e per la sua condizione. Il ricco è vittima dei suoi errori commessi in vita e non riesce a uscirne mostrando anche con Padre Abramo una sorta di goffaggine. Da quel luogo infernale vuole che Lazzaro si muova con celerità per attutire la secchezza della sua lingua oppure per andare dai parenti e avvisarli della situazione che potrebbe incombere loro nel vivere una vita dissoluta. Di cosa è affetto il ricco? La parabola è un chiaro avvertimento a noi tutti per invitarci a essere attenti nella nostra vita a evitare una malattia che potremmo definire di presbiopia spirituale. La presbiopia malattia degli occhi che non mette a fuoco oggetti vicini. Mutuato nell'ambito spirituale è quella incapacità di accorgersi di quello che viviamo vicino a noi. Il ricco, di cui non conosciamo il nome perché potremmo essere tutti noi, è colui che ha perso tantissime occasioni nella sua vita, non per affrontare la povertà in Africa o in un altro continente o paese povero della terra, ma per aiutare colui che si trovava fuori dall'uscio di casa sua. Banchettava e si divertiva nella completa spensieratezza mentre Lazzaro viveva nella più assoluta povertà e probabilmente per mettersi a posto la coscienza il ricco passava a questo povero qualche avanzo. Il rischio delle nostre elemosine fatte per mettere in pace la nostra coscienza, ma mai per affrontare veramente la povertà che ci interpella. Il ricco vive con una buona vista da lontano, tanto che riesce a intravvedere Lazzaro con il Padre Abramo. Molte volte siamo dotati di una buona visuale per ciò che è distante da noi per evitare anche in tutti i modi che i pericoli non si avvicinino troppo o per provare invidia nei confronti di chi sta meglio di noi. Guardiamo alle realtà del mondo con la paura che queste possono un domani bussare alle nostre porte. A noi che siamo discepoli di Cristo del XXI secolo cosa dice in profondità questa pagina? L'attenzione per i poveri si esprime nella capacità di accostarsi a essi con uno sguardo contemplativo, non considerandoli semplicemente un caso sociale, una preoccupazione o un problema da risolvere. I poveri ci chiedono anzitutto che si renda onore alla loro persona, che li si chiami per nome, che ci si accosti con rispetto al mistero della loro soggettività, riconoscendovi l'opera divina del Creatore e Redentore. I poveri sono, come tutti i viventi, i fratelli del Signore. Quanto viene fatto a loro è fatto a lui. Occorre guardarsi dall'orgoglio della carità perniciosa ovvero da quel senso di superiorità verso gli indigenti che spesso sorge istintivo. I discepoli debbono accostarsi ai poveri nel nome del Signore purificandosi dal fascino costante del denaro e dalla seduzione dei beni. Bisogna partire da una prospettiva spirituale, che chiama in causa il mistero stesso di Dio e quindi l'esperienza globale della fede. |