Omelia (21-09-2025)
Agenzia SIR
La ricchezza vera per il cuore dell'uomo

Il Vangelo della XXV domenica del Tempo Ordinario sollecita i discepoli ad una scelta di capitale importanza: essere a servizio di Dio oppure essere assoggettati a ciò che possediamo? Il valore e l'uso delle ricchezze è un tema ricorrente nel vangelo di Luca ed insistere su questo aspetto ci fa capire quanta fatica richieda il fatto di lasciare a Dio la signoria del nostro cuore.

Il brano evangelico si apre con una parabola a dir poco sconcertante. Un amministratore disonesto sta per essere licenziato dal suo padrone per giusta causa: è accusato di sperperare i beni che dovrebbe amministrare onestamente. Per non perdere la propria dignità e cadere nella miseria, l'amministratore mette in atto un piano di fuga: falsifica delle ricevute e riduce le misure di olio e grano che i debitori devono restituire al padrone, per guadagnarsi il loro favore, per avere amici e creditori che possano sostenerlo nei giorni a venire.

Gesù non giustifica la truffa, ma esalta l'astuzia di quest'uomo: sa come impiegare al meglio quel poco tempo a disposizione per sistemare il futuro incerto. È questo l'apice del racconto, al quale vuole condurci la parabola. Se l'amministratore ha saputo con sollecitudine rimediare ad una situazione di miseria, quanto più un discepolo dovrebbe dimostrare prontezza di azione per questioni di vitale importanza. L'annuncio del Vangelo sprona ad una decisione per un cammino di conversione e di discepolato; non si può indugiare né lasciarsi distrarre da ciò che è superficiale. Rimandare la propria adesione a Cristo esporrebbe al pericolo di perdere l'occasione per entrare nel Regno dei cieli.

Dai "figli della luce", ovvero da coloro che accolgono il Regno per risplendere della sua luce, ci si attende una risposta pronta e decisiva, che superi la determinatezza dei "figli di questo mondo", ossia quanti vivono solo per sé e sono esperti nel trarre vantaggi economici dai propri affari, sacrificando tutto: vita, affetti, amicizie. Per questi ultimi la ricchezza si rivela "ingiusta", dal momento che non è ritenuta un dono di Dio da condividere con i poveri, ma solo un profitto personale e un benessere egoistico: un vero e proprio idolo, che si sostituisce al Dio vero.

Alla parabola segue da parte di Gesù una serie di detti sferzanti sulla ricchezza, vista come un ostacolo per chi vuole essere discepolo del Regno, non perché i beni materiali siano un male di per sé, ma per l'uso che se ne fa, quando lasciamo che la nostra vita dipenda esclusivamente da ciò che si possiede, contrassegnata dalla logica dell'accumulo, del monopolio e dell'avidità. I beni materiali sono beni solo nella misura in cui vengono condivisi. È questo l'uso onesto della ricchezza, di cui parla il Signore, che consente di circondarci di fidati amici di Dio, i poveri, i quali ci accoglieranno, loro tra i primi, nel Regno dei cieli.

La conclusione di Gesù è lapidaria: Nessuno può servire due padroni, Dio e la ricchezza. Occorre scegliere da quale parte stare: se affidarsi a Dio ed essere liberi di amare e servire gli altri; oppure se intendiamo correre il rischio di essere asserviti alla ricchezza, che priva della libertà interiore e crea dipendenza. L'insegnamento di Gesù evidenzia l'incompatibilità tra Dio e il denaro nel cuore dell'uomo; qualsiasi compromesso o esitazione vanno debellati. La scelta è urgente e necessaria, non la si può differire. La scaltrezza del discepolo deve saper trasformare i beni materiali da oggetto di preda in mezzi utili, a beneficio dei legami di amicizia e di solidarietà fraterna tra chi soccorre e chi è soccorso. Agostino conclude una sua omelia sull'uso dei beni materiali con un appello diretto ad un suo interlocutore immaginario: "Avaro, che cosa ti basta, se Dio stesso non ti basta?" (serm. 158, 9). Se Dio non basta come unica ricchezza, quale bene potrà mai saziare il desiderio di beatitudine, di comunione, di amicizia, di eternità, che è iscritto nel cuore dell'uomo?

Commento di Padre Pasquale Cormio, rettore della Basilica di Sant'Agostino in Campo Marzio e priore della Comunità agostiniana a Roma