Omelia (14-09-2025) |
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COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di Giuseppe Di Stefano Croce e croci Non sembra ci sia molto da esaltare in una croce con un "povero Cristo" appeso sopra, anzi non c'è proprio nulla da esaltare. Ci sarebbe solo da nasconderci per la vergogna. Come può l'uomo, così progredito e intelligente, diventare capace di applicarsi nell'inventare e costruire strumenti di morte, sempre più sofisticati, capaci di togliere arbitrariamente la vita ad un proprio simile? La croce in sé stessa ci ricorda che come uomini abbiamo fallito. Ma quel legno, puntato come un dito dritto al cielo ad indicarci una meta, ci ricorda pure da dove veniamo e verso dove siamo incamminati. È così profondamente radicato nella terra per ricordarci le nostre radici, la nostra storia, che cioè, siamo tutti mortali, fratelli in umanità. La croce è un monito per il presente, un impegno per il futuro, perché le violenze e le ingiustizie perpetrate nei confronti di un altro essere umano non abbiano più a ripetersi. E poi c'è quell'altro palo orizzontale, che, come un abbraccio esagerato ed estremo, ci ricorda chi su quel legno si è lasciato inchiodare per tutti, per la salvezza di tutti. Neppure la morte riuscì mai chiudere le braccia al Figlio di Dio, dovranno schiodarlo gli altri da quell'abbraccio, ormai cadavere. Mentre quell'asse trasversale, persino ormai privo della sua vittima, non cessa di ripeterci che le braccia di Dio non saranno mai chiuse, per nessuno. Saranno per sempre spalancate ad accogliere tutti, indistintamente. Vittime e carnefici. Crocifissi e crocifissori. Ecco il vero miracolo, ecco il motivo della nostra esaltazione: un Dio che dà la vita per chiunque, inchiodato ad un abbraccio che non avrà mai fine. Ma la croce di Cristo resta issata tra cielo e terra, anche come "arma potentissima della rivoluzione di Dio", che muore per tutti perché tutti, per lui, avessimo la vita piena, eterna, la vita senza fine. Una croce piantata sulla schiena del mondo, perché non vi fossero mai più croci. Una croce, perché fosse chiaro che è urgente schierarsi, che bisogna scegliere da che parte stare: se da quella delle vittime o dei carnefici. Perché mai più assistessimo passivamente al massacro del debole. Una croce, perché imparassimo a combattere per i crocifissi di ogni tempo e a perdonare i crocifissori. E fino a quando preferiremo trasformare la croce di Cristo in accettazione del sopruso, preferiremo dire alle vittime di "sopportare e offrire", piuttosto che alzarci in difesa degli ultimi, degli emarginati e degli oppressi, noi continueremo a profanare la croce del Signore e il suo sacrificio, facendola diventare espressione di rassegnazione e legittimazione dell'abuso da parte del più forte. Ci doni il Signore, la grazia di prendere la nostra croce e di seguirlo verso la risurrezione, perché mai più le croci diventino l'ultima parola, ma ci spronino a cambiare ciò che deve essere cambiato, a combattere per ciò che merita impegno. Perché le croci non si accettano passivamente rassegnati. Le croci si gridano, si denunciano. Dalle croci bisogna schiodare le persone, non certamente inchiodarle o limitarsi a compiangerle. Guardando alla tua croce benedetta, Signore Crocifisso e Risorto, si innalzi forte il grido "mai più!". |