Omelia (14-09-2025) |
don Andrea Varliero |
Gioisci, legno beatissimo Torno con la memoria a Gerusalemme, entro con il ricordo nel Santo Sepolcro. Festa grande oggi, sono quasi i tessuti e i colori della Pasqua. Mi accoglie il profumo dolce e intenso del nardo, sulla lastra dove un corpo è stato deposto. Gli occhi si allenano alla luce tenue delle lampade votive. Esco dal flusso dei pellegrini per entrare in silenzio ai piedi del Golgota, nella cappellina crociata di Adamo, dove sono visibili i segni di un terremoto, una roccia fratturata. Salgo sul Golgota, tocco quel piccolo cranio di roccia dove una croce è stata innalzata. Oltre la cappella degli armeni scendo giù, di diversi metri: lì, Elena imperatrice, ha ritrovato tutte le croci. Sono pochi metri fuori dalle mura della città antica, una cava di pietra bianca, i segni degli scalpelli ancora visibili. Lì, il 14 settembre dell'anno del Signore 327, è stata ritrovata la Santa Croce. Trascorsero trecento anni, tre secoli in cui si è tentato di seppellire tutto; tumulare per dimenticare, condannare la memoria, costruirvi sopra una nuova città, Aelia capitolina. Eppure, paradossalmente, sotto la terra tutto è rimasto intatto. Ringrazio quella donna, ringrazio quella pellegrina, quell'anima potente di Elena, per aver avuto il coraggio di dissotterrare, per aver ritrovato il legno che unisce il tempo con l'eternità, per aver scavato con le mani nude per ritrovare il legame tra il Vangelo e la Storia: la Croce. Oggi è festa grande a Gerusalemme, oggi è la festa del ritrovamento della Croce. È una festa iniziata quaranta giorni fa, con la Trasfigurazione di nostro Signore. Da monte a monte, dal monte della Trasfigurazione al monte della Croce, dal monte della bellezza al monte della sofferenza e dell'ingiustizia: è così breve il passo, sono così vicine bellezza e agonia, lacrime e gioia, ingiustizia e misericordia. Uno non può stare senza l'altro. Non c'è bellezza senza croce, non c'è croce senza bellezza; altrimenti il Bello diventa unicamente un fatto estetico, vuoto; altrimenti il dolore diventa solamente un autolesionismo, un non senso. Le croci che mi stupiscono di più sono quelle gemmate, dal cui legno si vede tendere un piccolo bocciolo: la Croce è viva, vitale, un albero a primavera per cui la vita è più forte delle immense morti di questo mondo. Le croci che contemplo di più sono quelle cosmiche, che indicano un fine e un senso all'universo intero: la Croce è il centro dell'universo. Le croci che mi confortano di più sono quelle abitate da un re, un trono di Gloria per abbassare i potenti e innalzare gli umili. Le croci che mi commuovono di più sono quelle che hanno le braccia sproporzionate rispetto al corpo: braccia lunghe, lunghissime, in cui l'abbraccio è l'ultimo gesto di un uomo che muore. Le croci che abbiamo nelle nostre vite, e sono tante, abitiamole insieme a Lui: le trasfigurerà in vita, quella piena, quella risorta. Ci sarà tempo, ci sarà un Venerdì Santo per entrare in empatia con l'uomo dei dolori, per contemplare la nuda croce, per disarmarci da ogni violenza. Oggi, invece, il cuore sia pieno di gioia, di nobiltà e di gratitudine, contemplando l'esaltazione della Santa Croce. Oggi sia festa bella per tutti noi, in cui rispolverare le nostre croci di casa, le croci dei nostri uffici, delle nostre classi, le croci poste sui letti di ospedale, le croci che portiamo sul collo. Senza di lei, la Croce, non sappiamo chi siamo; senza la Croce, non esiste né l'uomo né il Divino; senza la Croce, non comprendo il mondo; senza la Croce, tutto appare così assurdo. Oggi è festa in cui abbracciare la Croce, nostro albero di vita, nostro ormeggio nel mare in tempesta, nostra salvezza. Una croce che narra di Dio, che ha tanto amato il mondo; che narra di dono; che abbatte ogni sospetto antico. Una croce che non è venuta né a giudicare né a condannare, ma che salva. Una croce che prende su di sé tutto il veleno, e lo trasforma in medicina. Oggi, mettiamo a tacere per un attimo tutti i «se», i «ma», i «forse» e i «magari»; intoniamo un canto antico: «Rallegrati, o Croce, nave della luce; rallegrati, o Croce, tesoro di vita; rallegrati, dispensatrice dei doni dello Spirito; rallegrati, porto franco contro le tempeste del mare; rallegrati, conservazione di tutto il mondo; rallegrati, benedizione di Dio sui mortali; rallegrati, nostra mediazione con Dio; Gioisci, o legno beatissimo» (inno acatisto alla Croce). Gioisci, legno beatissimo |