Omelia (20-09-2025)
Missionari della Via


Con la parabola del seme e del seminatore (Lc 8, 515) Gesù ci offre un aiuto per scoprire a che punto siamo in fatto di accoglienza della Parola di Dio. Gesù parla di quattro tipi di terreno: la strada di coloro che vivono distrattamente; il terreno pietroso degli incostanti e superficiali; il terreno pieno di rovi di coloro che vivono tra preoccupazioni e piaceri della vita; e, infine, il terreno buono di coloro che ascoltano e praticano la Parola di Dio e portano frutto con la loro perseveranza. Leggendo è facile per noi definirci terreno buono (anche se sarebbe meglio che al limite lo dicano gli altri...) ma in realtà nel nostro cuore vi sono tutti i tipi di terreno di cui parla Gesù! A volte siamo distratti, a volte molto superficiali, a volte incostanti, altre volte siamo ingolfati tra preoccupazioni e piaceri della vita. Ecco, quando riconosciamo ciò stiamo diventando terreno buono quasi senza accorgercene; possiamo infatti rettificare e cooperare con Dio perché la sua Parola possa radicarsi sempre più in noi, "bonificando" la terra del cuore da tutto ciò che può soffocarla. Ci conceda il Signore di essere terreno buono senza dirlo ai quattro venti ma testimoniandolo con la carità operosa tipica di chi ha accolto il Signore nella propria vita, facendo della sua Parola vita vissuta al servizio degli altri.

«A proposito del dovere di accogliere la parola di Dio e di non lasciarne cadere nessuna nel vuoto, ascoltiamo l'esortazione che dava ai cristiani del suo tempo uno dei più grandi cultori della parola di Dio, lo scrittore Origene: "Voi che siete soliti prendere parte ai divini misteri, quando ricevete il corpo del Signore lo conservate con ogni cautela e ogni venerazione perché nemmeno una briciola cada a terra, perché nulla si perda del dono consacrato. Siete convinti, giustamente, che sia una colpa lasciarne cadere dei frammenti per trascuratezza. Se per conservare il suo corpo siete tanto cauti - ed è giusto che lo siate -, sappiate che trascurare la parola di Dio non è colpa minore che trascurare il suo corpo"» (card. Raniero Cantalamessa).