| Omelia (13-09-2025) |
| Missionari della Via |
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Ascoltare la Parola e metterla in pratica o ascoltare la Parola e non metterla in pratica. Il Signore attraverso il Vangelo di oggi ci pone davanti ad un bivio. È un bivio che dice sapienza o stoltezza in base alla nostra scelta. È stolto chi ascolta e non mette in pratica, è sapiente chi ascolta e mette in pratica. Il problema è che noi ascoltiamo e leggiamo tante cose, ma spesso leggiamo e ascoltiamo poco la Parola del Signore. Purtroppo la preghiera fatta mediante la Parola di Dio è molto rara. Si prega tanto con la preghiera del cuore, con canti, attraverso le devozioni, tutte cose buone ma quanto è presente la Parola di Dio? Papa Francesco ci esortava a tenere un piccolo Vangelo nella borsetta e a leggerlo spesso. Questo è già un primo passo, perché se neanche conosciamo la Scrittura come possiamo conoscere Cristo che proprio attraverso le Scritture si rivela e ci parla? Come possiamo sapere come orientarci di fronte a una decisione da prendere se non sappiamo come ha agito Gesù? La risposta alle domande più profonde non la troviamo nelle semplici emozioni, nelle verità personali o nei consigli di buoni amici che parlano per affetto ma spesso disordinato. Nessuna voce umana raggiunge l'uomo nella profondità in cui lo raggiunge la parola di Dio. Essa infatti «penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore» (Eb 4, 12). La risposta alle nostre domande di senso (da dove veniamo, cosa siamo venuti a fare su questa terra, dove andiamo) ci viene da Cristo Gesù che ci ha lasciato la sua Parola, lettera d'amore per ognuno di noi, che contiene tutto ciò che riguarda la nostra salvezza e pienezza di vita! Lasciamoci dunque scrutare dalla Parola del Signore e cerchiamo di metterla in pratica perché questa è la cosa che più sta a cuore a Gesù: «Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 8, 21). Diversamente non conosceremo il Signore, Egli non ci conoscerà e sarà tutto un'illusione, un costruire sulla sabbia. Per questo «non si può incontrare Gesù per conoscerlo, amarlo, imitarlo, senza un ricorso concreto, costante e ostinato al Vangelo; senza che questo ricorso faccia intimamente parte della nostra vita» (Madeleine Delbrel). «Ho sentito una persona rendere questa testimonianza in un programma televisivo al quale prendevo parte anch'io. Era un alcolizzato all'ultimo stadio; non resisteva più di due ore senza bere; la famiglia era sull'orlo della disperazione. Lo invitarono con la moglie a un incontro sulla parola di Dio. Lì qualcuno lesse un brano della Scrittura. Una frase lo attraversò come una fiammata di fuoco e gli diede la certezza di essere guarito. In seguito ogni volta che era tentato di bere, correva a riaprire la Bibbia in quel punto e solo al rileggere le parole sentiva la forza ritornare in lui, finché ora era del tutto guarito. Quando volle dire quale era quella famosa frase, la voce gli si ruppe dalla commozione. Era la parola del Cantico dei Cantici: "Le tue tenerezze sono più dolci del vino" (Ct 1, 2). Gli studiosi avrebbero arricciato il naso di fronte a questa applicazione, ma quell'uomo poteva dire: "Io ero morto e ora sono tornato in vita", come il cieco nato diceva ai suoi critici: "Io ero cieco e ora ci vedo" (cf. Gv 9, 10 ss.)» (card. R. Cantalamessa). |