Omelia (10-08-2025) |
don Michele Cerutti |
Vigilare Dopo aver gioito con i giovani di tutto il mondo, radunati nella grande spianata di Tor Vergata, Gesù sembra ricondurci con i piedi per terra. Abbiamo visto una folla oceanica che si stringeva intorno a Pietro e pregava. Oggi, la Parola ci dice nella sua semplicità: Non temere piccolo gregge. Stiamo attenti sembra dirci il Vangelo, il cristiano è chiamato a essere minoranza in mezzo a questo mondo. Pur piccoli siamo esortati a non aver paura. Gli incontri come quelli di Roma, come tutti gli eventi giubilari, vogliono essere una sorta di carburante per noi un poco per contarci e non sentirci soli, ma tutti in cammino. Certo bisogna poi scontrarsi con la realtà che ci circonda e ci troviamo spaesati perché nel posto di lavoro o tra gli amici rischiamo l'incomprensione e la marginalità. In questo contesto dobbiamo essere attenti e vigilanti. Luca scrive a comunità impaurite dalla persecuzione oggi si rivolge a uomini e donne frammentate in mezzo a un mondo che perde di vista Dio. Quello che è richiesto è la vigilanza. Ci viene in aiuto San Basilio quando afferma: "Che cosa è proprio del cristiano? Vigilare ogni giorno e ogni ora ed essere pronto nel compiere perfettamente ciò che è gradito a Dio, sapendo che nell'ora che non pensiamo il Signore viene". C'è un padre del deserto che afferma: «Non abbiamo bisogno di nient'altro che di uno spirito vigilante". Ma chi è il vigilante allora? È sicuramente colui che combatte per difendere la propria vita interiore e non si lascia trascinare dalle seduzioni mondane e nello stesso tempo evita di farsi travolgere dalle angosce dell'esistenza. Il vigilante è colui che aderisce alla realtà e non si rifugia nell'immaginazione, nell'idolatria, che lavora e non ozia, che entra in relazione amando e non è indifferente assumendo con responsabilità il suo impegno nel quotidiano e lo vive nell'attesa del Regno che verrà. Paolo, lo leggiamo in Avvento, ammonisce i cristiani di Tessalonica e afferma: «Non dormiamo come gli altri, ma restiamo svegli e siamo sobri». Per la Scrittura, ma anche per altre culture cadere nel sonno comporta quell'entrare nello spazio della morte. La vigilanza diventa assunzione intima e profonda della fede nella vittoria della vita sulla morte perché si basa sul Cristo risorto. Il vigilante non è solo uomo sveglio, che si oppone all'uomo addormentato, intontito, che ottunde i suoi sensi interiori, che rimane alla superficie delle cose e delle relazioni, ma è anche uomo di luce e capace di irradiare luce. Siamo illuminati con l'immersione battesimale, i cristiani sono «figli della luce» chiamati a illuminare: «Risplenda la vostra luce davanti agli uomini affinché, vedendo il vostro operare la bellezza, rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli» (Matteo 5,16). Attenzione non si tratta di una sorta esibizionismo spirituale, ma dell'effetto traboccante della luce che, irradiando un cuore vigilante, non rimane nascosta, ma sa emergere e si diffonde. In certo senso, la vigilanza è l'unica cosa assolutamente essenziale al cristiano. Questa è la matrice di ogni virtù, è il sale di tutto l'agire, la luce del suo pensare e parlare perché senza questa tutto l'agire del cristiano rischia di essere in pura perdita. Disse abba Arsenio: «Bisogna che ognuno vigili sulle proprie azioni per non faticare invano». |