Omelia (27-07-2025) |
Omelie.org - autori vari |
COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di Francesco Botta Domenica scorsa abbiamo ascoltato il vangelo di Marta e Maria, in cui l'evangelista Luca racconta dell'incontro di Gesù con queste due sorelle, nella casa di Betania e la lode di Gesù a Maria che ha saputo scegliere la parte migliore. Oggi, in questa diciassettesima domenica del tempo ordinario, il tema di fondo, che le letture bibliche ci propongono, è la preghiera. Anche per noi, come per Maria domenica scorsa, pregare significa entrare in rapporto con lui e fare in modo che lui diventi la nostra scelta, la parte migliore che dà senso a tutto il resto. È una scuola che coinvolge la nostra vita; è una scuola il cui maestro è Cristo e ai piedi del quale siamo chiamati a sederci per poter scoprire la bellezza di essere da lui accompagnati e, soprattutto, amati. La necessità di mettersi alla sua scuola si fa' chiara all'inizio del brano di oggi, dove i discepoli chiedono a Gesù di insegnare loro a pregare. Chiedono di voler imparare a pregare perché lo vedono pregare. Luca è molto attento a voler raccontare momenti in cui Gesù prega. L'evangelista vuole sottolineare la preghiera di Gesù, perché la preghiera che va a insegnare, e che leggiamo nel vangelo di oggi, non è una formula, ma uno stile di vita. Pregare è una questione di vita e di cuore e questo è il motivo per cui Luca parte dal fatto che quello che va a raccontare accade quando ‹‹Gesù si trovava in un luogo a pregare››. L'evangelista non fa riferimento alla sinagoga o a un luogo di culto, ma rimane generico. La preghiera non ha a che fare con un luogo specifico, ma ha a che fare con un incontro che diventa rapporto. Alla luce della Parola di Dio vediamo tre aspetti di questa preghiera: Essere alla presenza di Dio. La prima lettura, tratta dalla Genesi, riporta il grido di Sodoma e Gomorra. Mentre si parla della partenza di quegli uomini verso Sodoma, di Abramo si dice che ‹‹stava ancora alla presenza del Signore››. Leggendo il testo biblico, si scopre che essere alla presenza del Signore, permette ad Abramo di dialogare con Dio e ottenere quanto desiderava. A volte il grido di Sodoma e Gomorra avviene dentro la nostra vita, quando il male, quello che procuriamo e quello che subiamo, sembra diventare più grande di noi. La logica che potrebbe evolversi dentro di noi è di prendere la direzione che però ci porta sempre lì, nella parte peggiore della nostra vita, in una solitudine che ci schiaccia e che ci rende sempre più aridi e vuoti. Come Abramo, anche noi possiamo scegliere di essere alla presenza del Signore. Rimanere alla sua presenza può trasformare l'evolversi della nostra esistenza e ci salva realmente. E quanto abbiamo bisogno di salvezza! Scoprire la paternità di Dio. Il primo passo dell'insegnamento di Gesù è chiamare Dio Padre e sperimentarlo come tale. Non è facile, perché proiettiamo su Dio tante immagini. Nella cultura antica il padre è colui che, oltre a generare la vita, la trasmette. Pregare significa ricevere vita da qualcuno che ce la trasmette. La paternità e la maternità sono i due amori che ci permettono di nascere, di crescere e di vivere. Sperimentare questo nel rapporto con Dio ci fa scoprire non soli, non schiavi, non vuoti, ma figli. Nell'orazione colletta propria del tempo, così come nel canto al vangelo, si chiede il dono dello Spirito che ci fa riconoscere figli di un Padre. Non basta essere alla presenza del Signore, ma occorre sperimentare di vivere un rapporto con il Padre. È quello che Gesù vive nella sua preghiera ed è quello che non può fare a meno di insegnare e trasmettere ai suoi discepoli. Mangiare. Il terzo aspetto della preghiera ha a che fare con il mangiare. Abbiamo una fame che non riguarda solo il pane. Il pane quotidiano che Gesù ci insegna a chiedere è un pane che letteralmente viene descritto come "supersostanziale": un pane che supera la natura di quel pane che siamo abituati a mangiare. Il pane di cui abbiamo realmente bisogno è un pane diverso. Siamo abituati a nutrirci dei soliti cibi e delle solite faccende, ma in fondo abbiamo bisogno di un pane di una sostanza diversa: abbiamo fame di Dio, abbiamo fame di Cristo. È lui quel pane che può nutrirci nel profondo del nostro essere. La preghiera è parte del nostro essere; riscoprirla e viverla è ritrovare il Padre e ritrovare noi stessi. |