Omelia (10-08-2025)
Paolo De Martino
Sii pronto

Continua il cammino di Gesù e dei discepoli verso Gerusalemme, là dove avverrà la sua morte. Il profilo del fallimento della missione si fa sempre più evidente.
È in questo contesto che Gesù pronuncia queste parole cariche di tenerezza: «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno». Gesù guarda la sua piccola comunità (una ventina di uomini e alcune donne che lo seguono), e si rivolge a loro con affetto: "Non abbiate paura anche se sembrate inadeguati a evangelizzare il mondo. Non abbiate paura, il Regno sarà vostro".
Attendere
Rileggendo l'episodio mi è venuto spontaneo pensare alle giovani donne in attesa. Guardandole negli occhi capiamo cosa vuol dire attendere. E' questione di vigilanza, di piccoli segnali che annunciano un evento che cambierà la vita. E poi, finalmente, una presenza, uno sguardo da incrociare.
E' questa l'attesa cui il vangelo richiama. Non solo quella dell'ultimo giorno ma quella di ogni giorno perché è nella quotidianità che esercitiamo l'arte dell'attesa. Solo chi vive nell'attesa, sarà pronto ad accogliere e a riconoscere l'Atteso.
E' un brano eucaristico, d'altra parte le prime comunità cristiane sono sorte attorno all'Eucaristia. Qui tutti sono al servizio di qualcuno. Il messaggio è chiaro: nella vita noi serviamo il mondo, nell'Eucaristia Dio serve noi. Il culto, nel mondo ebraico, era il servizio degli uomini a Dio, tutto era fatto per attirare la benevolenza di Dio, per guadagnarsi il Paradiso diremmo oggi. Il libro dell'Esodo è chiaro: «Nessuno venga davanti a me a mani vuote» (Es 34,20).
Amico lettore, con Gesù tutto cambia. Il culto (cioè l'Eucaristia) non è più ciò che tu fai per Lui ma ciò che Lui fa per te e il servizio non è da rendere a Dio ma all'uomo. A Madre Teresa un giorno fu posta questa domanda: «Madre, chi è Dio?». Lei rispose: «Non ho la più pallida idea di chi sia. Ma dove c'è l'amore, Lui c'è». Ci fu un tempo, in cui la santità si vedeva da quante ore una persona trascorreva in chiesa ma se ami Dio, si vede da quanto amore il tuo cuore vive.
Assenza
La parabola è scandita in tre momenti. Tutto prende avvio per l'assenza del padrone, che se ne va e affida la casa (cioè il creato) ai suoi servi (cioè a noi). Ci ha affidato il mondo, perché ne fossimo custodi. E' un Dio che gioca d'azzardo. Parte e si fida di noi. Si è ritirato (e meno male) lasciando a noi la libertà di agire, di amare, anche di distruggere.
Custodi
Nel secondo momento, i servi vegliano e attendono il padrone. Dio ama farsi desiderare, ama riempire di senso l'attesa. L'attendere è per uomini forti perché bisogna reggere il peso di una venuta senza preavviso.
Quei servi sanno d'essere i custodi, non i padroni: «Siano i vostri fianchi cinti e le lampade accese». E' una frase che indica lavoro e cammino. Quando si lavorava, si prendevano i bordi della tunica, si alzavano e si cingevano alla vita. E quando si camminava, bisognava alzare la tunica altrimenti s'impolverava. Questa espressione ricorre in Es 12,11: «Con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta». E' l'agnello pasquale che gli ebrei devono mangiare nella notte della liberazione. Solo l'uomo libero può servire gli altri. Anche l'altra espressione ("lampade accese") si trova nel libro dell'Esodo in cui c'è l'ordine di tenere sempre accese le lampade nella tenda del convegno, la tenda dove si adorava la presenza del Signore.
Insomma, Gesù chiede ai suoi un servizio libero e ricorda che il servizio all'uomo è l'unico santuario dal quale s'irradia l'amore di Dio. I cristiani servono gli altri per amore, non perché glielo dice il Papa, il Vescovo, il Parroco o per paura di finire all'inferno. Il cristiano non ubbidisce a ordini divini, perché chi ubbidisce, è un esecutore. Nei vangeli Gesù non chiederà mai di essere ubbidito dagli uomini. Il verbo ubbidire nei vangeli è usato cinque volte e mai riferito a persone: al vento, al mare (Mt 8,27; Mc 4,41; Lc 8,25), a un gelso (Lc 17,6), agli spiriti immondi (Mc 1,27).
«E voi siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze per aprirgli subito, appena arriva e bussa». Domanda: ma se lo sposo è il padrone di casa, perché bisogna aspettarlo? Avrà le chiavi di casa. Storicamente, le case di un tempo non potevano essere chiuse dall'esterno, quindi se il padrone di casa tardava, il portiere doveva attenderlo per aprirgli la porta. A me piace pensare invece che Gesù sia padrone in un altro senso. Lui non impone mai la sua presenza, si propone. Amico lettore, il cristianesimo è una possibilità, non una necessità.
Sorpresa
Ma ecco che nel terzo momento della parabola arriva la sorpresa: lui stesso «si cinge i fianchi» e serve, cioè si mette in atteggiamento di servizio verso i suoi servi. Letteralmente il testo dice che «li servirà reclinandosi e passando li servirà»: perché si reclina? Perché i signori, a tavola mangiavano sdraiati. Gesù li fa sentire "signori". Gesù si fa servo (liberamente) perché chi è considerato servo si senta signore. E' l'impensabile: Dio viene e si pone a servizio della felicità dell'uomo. L'Eucaristia, allora, non è il culto dell'uomo a Dio ma la contemplazione di ciò che Dio fa per l'uomo. Non siamo noi che offriamo i nostri sacrifici per avere Dio ma è Lui che, gratuitamente, si offre a noi. Nell'Eucaristia non ci si priva di qualcosa per darlo a Dio, ma è Lui che si fa dono per l'uomo perché, poi, si faccia dono per gli altri.
Amico lettore, l'Eucaristia è un distributore gratuito di grazia: puoi andarci ogni volta che desideri e prenderne quanta ne vuoi. E' gratis, è tutta per te. Se poi non ci vuoi andare pazienza, Lui continuerà a proporsi e ad attenderti.
Tranquilli
Siamo sinceri: a prima vista le parole del vangelo creano più ansia che gioia. «Tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo». Tranquilli, Gesù non vuole terrorizzarci ma solo ricordarci che ogni momento può essere quello giusto. Dio non avvisa, non si fa annunciare, detesta l'essere prevedibile. La conseguenza? Bandiamo tutto ciò che ci distrae dal vivere, e scegliamo l'essenziale. Sono certo che se sapessimo che questo potrebbe essere l'ultimo giorno della nostra vita, certamente valorizzeremmo le relazioni più che le cose da fare: telefoneremmo a chi amiamo, abbracceremmo gli amici, non lasceremmo silenzi sospesi con alcuni, né questioni aperte con le persone che amiamo. Insomma passeremmo in rassegna le persone amate, non le cose da fare. Gesù ci invita in fondo ad avere cura di ogni istante della vita sapendo che essa non è nostra, e che ogni momento è unico perché potrebbe essere l'ultimo.
La bella notizia di questa domenica? Dio, maltrattato e deriso, non si stanca di scommettere sull'uomo. E passerà a servirlo.

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